giovedì 12 febbraio 2009

Perché ho il diritto di scegliere la mia morte

BENCHE' il problema mi turbasse molto, e forse proprio per questo, ho cercato negli ultimi mesi di non pronunciare alcun giudizio o opinione sul caso Englaro, per molte e sensate ragioni, ma anzitutto perché non volevo partecipare alla canea di chi stava sfruttando per ragioni ideologiche, da una parte e dall'altra, la vicenda di una sventurata ragazza e della sua famiglia.

Quando il presidente del Consiglio ha preso pretesto dal caso per tentare uno dei suoi ormai reiterati attacchi alla Costituzione, sono intervenuto con Libertà e Giustizia, in piazza, e mi sono unito agli appelli alla vigilanza. Ma nelle poche interviste che non ho potuto evitare ho sempre detto che le poche centinaia di persone che erano con me davanti a palazzo di Giustizia a Milano non erano lì a manifestare sul caso Englaro, perché ero pronto a scommettere che se si fosse fatta la conta si sarebbe visto che metà la pensavano in un modo e metà nell'altro, ma per protestare contro l'attacco al presidente della Repubblica, attentato bonapartista (ringrazio Ezio Mauro per aver rievocato questo precedente) su cui tutti erano d'accordo.

Adesso, sfogliando le gazzette, mi rendo conto come sia difficile dividere questi due problemi e quanta sottigliezza politologica, giuridica e (permettetemi) morale ci voglia a capire quanto i due problemi siano diversi. Ma cosa si può pretendere da chi, come accadeva secoli fa con Terenzio e gli orsi, ha preferito il Grande Fratello alla discussione su questi casi?
Così mi sono trovato citato tra coloro che sul caso Englaro avevano idee chiare e decise. Intervengo per dire che non le avevo, altrimenti le avrei espresse. Solo che, ora che la ragazza è morta, forse si può parlare di questi problemi senza temere di far sciacallaggio su un corpo in sofferenza.

In effetti non intendo parlare della morte di Eluana Englaro. Voglio piuttosto parlare della mia morte, e ammetterete che in questo caso ho qualche diritto all'esternazione.

Dovendo parlare della morte mia, e non di quella altrui, non posso non citare alcuni aspetti della mia vita, tra cui il fatto che qualche anno fa ho scritto un romanzo intitolato La misteriosa fiamma della regina Loana, dove il protagonista, dopo un primo incidente cerebrale per cui perdeva la memoria, cadeva nuovamente in coma.

Non so se scrivendo volessi affermare qualcosa di scientificamente valido o cercassi solo un pretesto narrativo, ma fatto sta che ho impiegato più di cento pagine a far monologare il mio personaggio ormai in coma (non avevo allora calcolato se ridotto a vegetale, imputato di morte cerebrale o in coma eventualmente reversibile - segno che non avevo precise preoccupazioni scientifiche).

In ogni caso il personaggio, in quello stato che chiamerò di "vita sospesa", pensava, ricordava, desiderava, si commuoveva. Sapeva benissimo che probabilmente i suoi cari lo credevano ridotto allo stato di una rapa, o al massimo di un cagnolino dormiente, ma si accorgeva che i medici sanno pochissimo di quanto succede nel nostro funzionamento mentale, e che forse dove essi vedono un encefalogramma piatto noi continuiamo a pensare, che so, coi rognoni, col cuore, coi reni, col pancreas...

Questa era la mia finzione letteraria (per calmare coloro che dall'eccezionale si attendono tutto, dirò che alla fine il mio personaggio sprofondava nel buio) ma devo dire che se l'avevo pensata era perché un poco ci credevo. Non sono sicuro che là dove gli strumenti scientifici di oggi vedono solo una terra piatta, e una assenza di anima, ci sia del tutto assenza di pensiero - e lo dico con sereno materialismo, non perché ritenga che un'anima sopravviva alla morte delle nostre cellule ma perché non mi sento di escludere che - morte e definitivamente alcune cellule - altre non sopravvivano e prendano il controllo della situazione, testimoniando di una straordinaria plasticità non del nostro cervello (questo ormai lo sanno tutti) ma del nostro corpo.

Insomma, siccome sospetto che quando si è sani si pensi anche con l'alluce, allora perché no quando il cervello non dà segni di vita?

Non farei una comunicazione in merito a un congresso scientifico, ma in qualche modo ci credo. Visto che c'è gente che crede al cornetto rosso lasciatemi credere a questo.

Ora che cosa vorrei, se se mi trovassi in una situazione del genere?

A cercare proprio col lanternino tutte le possibilità credo proprio che esse si riducano a tre. Prima possibilità, sopravviverei come una rapa, senza coscienza, senza poter dire "io", reagendo al massimo a qualche modificazione dell'umidità atmosferica, come se fossi una colonnina di mercurio. In effetti a queste condizioni non sarei più "io", ma appunto una rapa e non vedo perché dovrei preoccuparmi di me.

La seconda possibilità è che in quello stato si riviva tutto il proprio passato, si torni all'infanzia, si abbiano visioni e si realizzino quelli che in vita erano stati i nostri desideri, insomma si viva una sorta di sogno paradisiaco. È un poco quel che accade al personaggio del mio romanzo, ma poi purtroppo anche lui cala nelle tenebre.

La terza ipotesi è la più angosciante, è che in quella vita sospesa ci si interroghi su cosa faranno e penseranno di noi i nostri cari, si riviva col cuore in gola gli ultimi momenti di coscienza, si tema per l'orrido futuro che ci attende, o addirittura ci si consumi come ha fatto mia madre negli ultimi dieci anni che è sopravvissuta a mio padre, raccontando a noi figli, ogni volta che poteva, come era stata orribile la notte in cui mio padre era stato colto da infarto, e se non fosse stata colpa sua che aveva preparato una cena forse troppo pesante. Questo sarebbe l'inferno - e ho accolto quasi con sollievo la morte di mia madre perché sapevo che stava uscendo da quell'inferno.

Adesso facciamo una botta di conti alla Pascal. Di tre possibilità solo una è gradevole, le altre due sono negative. In termini di roulette (e sui grandi numeri, tipo diciassette anni di vita sospesa) si è già perso in partenza. Ma il problema non è questo. Io sono pronto a dichiarare che, nel caso incorra nell'incidente della vita sospesa, desidero che non si protraggano le cure (anche se potrei perdere alcuni istanti o millenni di paradiso) per evitare tensioni, disperazione, false speranze, traumi e (permettetemi) spese insostenibili ai miei cari. Ma chi sono io per distruggere la vita a una, due, tre o più persone per la remota possibilità di avere qualche istante o qualche anno di paradiso virtuale?

Io ho il diritto di scegliere la mia morte per il bene degli altri. Guarda caso, è quello che mi ha sempre insegnato la morale, e non solo quella laica, ma anche quella delle religioni, è quello che mi hanno insegnato da piccolo, che Pietro Micca ha fatto bene a dare fuoco alle polveri per salvare tutti i torinesi, che Salvo D'Acquisto ha fatto bene ad accusarsi di un crimine non commesso, andando incontro alla fucilazione, per salvare un intero paese, che è eroe chi si strappa la lingua e accetta la morte sicura per non tradire e mandare a morte i compagni, che è santo chi accetta l'inevitabile lebbra per baciare le piaghe al lebbroso.
E dopo che mi avete insegnato tutto questo non volete che io sottoscriva alla sospensione di una vita sospesa per amore delle persone che amo? Ma dove è finita la morale - e quella eroica, e quella che mi avete insegnato, che caratterizza la santità?

Ecco perché, turbato a manifestare la sia pur minima idea sulla morte di Eluana (non sono, maledizione, fatti miei, ma dei genitori che l'hanno amata più di quanto l'abbia amata Berlusconi, che ha sinistramente fantasmato sulle sue mestruazioni) non ho esitazioni a pronunciare la mia opinione circa la mia morte. E all'amore che una morte può incarnare. "Laudato s' mi Signore, per sora nostra Morte corporale, - da la quale nullu homo vivente po' skappare: - guai a quelli ke morrano ne le peccata mortali; - beati quelli ke trovarà ne le Tue sanctissime voluntati, - ka la morte secunda no 'l farrà male".

di UMBERTO ECO da la Repubblica del 12 febraio 2009

Legiferare di morte dimenticando la vita

Legiferare di morte dimenticando la vita Il commento Governo e Chiesa dettano norme e comportamenti anziché favorire diritti e tutele. Così si finisce per varare leggi mostruose ed inapplicabili. Il naturale e l'umano sono usati in nome della supremazia contingente di Vaticano e maggioranza politica pro tempore. La quale legifera di morte e dimentica l'esistere. Come quello dei migranti, il cui diritto alla salute è compromesso dal nuovo ddl sicurezza
Come è giusto che sia, ora il dibattito parlamentare ripartirà dal testo della Commissione sanità del Senato sul Testamento biologico. Esso però rischia ulteriori sopraffazioni rispetto alle esigenze e alle volontà delle persone. Con efficacia, Claudio Magris ci ha ricordato che "La qualità della vita può essere valutata solo dall'interessato, l'unico autorizzato a poter decidere della propria vita e della propria morte".
E' opportuno quindi rileggersi per intero l'art. 32 della Costituzione, composto di due paragrafi. Il primo afferma che "La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti". Non meno significativo il secondo, proprio alla luce delle recenti vicende: "Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana".
Sono principi fondati sulla libertà personale e sulla responsabilità dei medici e della scienza, beni che lo Stato mette a disposizione dei suoi cittadini per garantire loro il diritto alla salute.
E qui sta il grande valore della laicità e della inalienabile distinzione tra fede e legge. Il governo e il centrodestra hanno abbracciato con piglio decisionista la posizione del Vaticano e delle gerarchie cattoliche, sostituendosi in un solo colpo alle volontà della povera Eluana e della sua famiglia, alle attenzioni dei medici chiamati al suo capezzale, alle sentenze della magistratura fino ai rilievi costituzionali del Capo dello Stato.
Ieri sulla procreazione assistita, oggi sul testamento biologico, Governo e Chiesa irrompono nelle vite delle persone dettando norme, stabilendo obblighi, prescrivendo comportamenti, anziché favorire diritti e assicurare tutele. Con il risultato che, in nome del principio secondo cui la disponibilità della vita appartiene alla volontà di Dio anziché agli individui, è lo Stato a determinare come si viene al mondo e come si lascia questa terra.
Così si finisce per fare leggi tanto mostruose quanto inapplicate ed inapplicabili (i voli della speranza per le cliniche spagnole dove coppie sterili cercano di avere figli sono aumentati del 300% dopo l'approvazione della legge 40). Oppure, da una parte si condanna l'accanimento terapeutico e gli eccessi di certi abusi tecnologici e poi li si impone per decreto legge.
Il naturale e l'umano vengono usati, fino ad essere vilipesi, in nome della supremazia contingente, sia essa della Chiesa, sempre più incline a espressioni teocratiche, che della maggioranza politica pro tempore. La quale legifera di morte e dimentica la vita.
Come quella legata alla salute dei migranti, da segnalare alle forze dell'ordine se osano usufruire del nostro sistema sanitario. La Chiesa stessa, come ogni buon medico e ogni buon infermiere, ha denunciato i devastanti effetti di questa norma. E alcune regioni (la Puglia, la Toscana, il Lazio) hanno già deciso di non applicarla, mentre governo e centrodestra sembrano intenzionati a non tenere in alcuna considerazione i rilievi etico-sanitari avanzati, davanti a tanta inumanità, da quanti sono mossi dalla consapevolezza che le malattie epidemiche nascoste dalla legge, finirebbero per riversarsi sulla salute di tutta la popolazione. La rivolta di tanti medici, cattolici e non cattolici, indica come si può stare dalla parte della vita battendosi contro il furore ideologico di taluni atti legislativi.
Le crociate integraliste basate sull'affermazione dei valori cristiani sembrano prevalere sulla libertà di coscienza (e di cure) dei medici e dei cittadini. Contro ogni autodeterminazione delle persone, il governo ha scelto il terreno che più terremota le coscienze e abbatte le barriere di partito: il dolore. Trasformando una complessa e straziante vicenda nell'ennesimo scontro tra dove finisca la vita e dove inizi la morte.

di Giovanni Berlinguer

giovedì 5 febbraio 2009

Stefano Rodotà: «Governo recidivo, violata ancora la legalità costituzionale»

Il ministro Sacconi che minaccia interventi formali del governo per fermare la mano dei medici che dovrebbero interrompere l'alimentazione artificiale che tiene in vita Eluana; il cardinale Barragan, presidente del Pontificio consiglio per gli operatori sanitari, che chiede di fermare «la mano assassina». Mentre la vicenda della giovane in coma vegetativo da 17 anni sembra volgere al termine, c'è chi non si rassegna e tenta in tutti i modi di ignorare le diverse sentenze della magistratura che hanno detto sì alla volontà espressa dai genitori di Eluana e dalla stessa ragazza. Abbiamo chiesto a Stefano Rodotà, giurista autorevole, attento ai temi della laicità e dei diritti della persona, un parere su questo scenario. «E' in atto non da oggi - dice l'ex garante della protezione dei dati personali - un gravissimo e pericoloso conflitto sul tema della legalità e il rispetto dei diritti. Queste invocazioni, questi tentativi di impedire che si dia esecuzione ad una sentenza passata in giudicato non vengono da soggetti che fanno appello a dei criteri morali. In tal senso figuriamoci se sono d'accordo sul contenuto e ancor meno sulle parole del cardinale Barragan».
Ma almeno agisce senza avere un ruolo istituzionale. Ma quando dichiarazioni di questo genere e annunci di comportamenti vengono da responsabili politici investiti da ruoli particolarmente rilevanti come un ministro qui si apre un conflitto».

Che certamente non è nuovo, vero professore?
Sì, si tratta di un conflitto aperto da molto tempo. Gli atti precedenti, dichiarati assolutamente illegittimi, si sono esplicitati con tre tentativi di bloccare attraverso strade più o meno corrette dal punto di vista legale l'attuazione della sentenza: primo tentativo, il Parlamento che ha sollevato appunto un conflitto tra magistratura e Parlamento stesso dicendo che non spettava ai giudici dare indicazioni in materia. La Corte Costituzionale ha liquidato molto rapidamente questo come un atteggiamento non corretto e ha valutato che la magistratura si è mossa nell'ambito dei propri poteri e delle proprie competenze.
Secondo tentativo, Formigoni, governatore della Lombardia, che dice "non in casa mia". Questo atto è stato impugnato davanti al Tribunale amministrativo della Lombardia, che ha annullato il provvedimento del presidente. Terzo, il cosiddetto atto di indirizzo di Sacconi, che più passa il tempo, più è stato studiato da chi ha conoscenza di grammatica giuridica, più si è rivelato un provvedimento legalmente improponibile. Tant'è che lo stesso governatore del Friuli Venezia Giulia, che come sappiamo è una regione amministrata dal centro-destra, non ha ritenuto vincolante qull'atto di invito. Quindi noi siamo di fronte ad un conflitto che ci viene riproposto di nuovo dopo che in tutte le sedi istituzionali questi tentativi della maggioranza di governo o del governo in quanto tale sono stati ritenuti assolutamente illegittimi.

Un grave strappo istituzionale...
E una gravissima violazione della legalità costituzionale perché sono in gioco contemporaneamente i poteri dello Stato e i diritti individuali e fondamentali delle persone. Questo come valutazione d'insieme. Sicché trovo stravagante per non usare altre parole, la richiesta di Buttiglione di organizzare una riunione immediata del Consiglio dei ministri perché sia approvata una legge che dovrebbe avere come obiettivo quello evidentemente di bloccare l'attuazione di una sentenza. Ne ho viste di tutti i colori in questo paese ma dire che con un decreto legge si possa impedire che una sentenza possa avere attuazione viola la stessa logica della politica costituzionale.

Professore, non siamo di fronte anche ad una grave violazione della sfera personale?
Non userei in questo caso la parola privacy . Qui c'è la fine del rispetto della dignità delle persone. Un principio che deve guidarci in ogni momento. Qui la dignità del morire non può essere evidentemente considerata qualcosa sulla quale ci si accanisce con una certa violenza. Anche da questo punto di vista in altri tempi si sarebbe detto che c'è una spaventosa mancanza di carità cristiana. Oggi dobbiamo dire laicamente, anche se quell'espressione della carità cristiana continua a piacermi, che il principio di dignità, che è uno dei principii fondativi di uno stato democratico, è violentamente aggredito. E non si dica che la dignità è quella di chi deve vedere la propria sopravvivenza resa obbligatoria ma di chi invece deve essere rispettato nelle sue decisioni e nel suo essere persona.

Quando si affrontano questi temi si parla sempre di vuoto legislativo. Ma non si rischia, visto lo scenario che offre il Parlamento, di "colmare" questo vuoto peggiorando la situazione?
Anzitutto non enfatizzerei il profilo "vuoto legislativo". Non c'è infatti questo vuoto tant'è che i giudici, con alcune decisioni, in particolare con la sentenza cardine di tutta questa vicenda, quella della Corte di Cassazione dell'ottobre 2007, hanno potuto ricostruire con molto rigore il sistema giuridico italiano mettendo in evidenza tutti gli elementi che già oggi, senza bisogno di una legge, consentono di arrivare alla conclusione che si è delineata, e cioè il diritto di rifiutare le cure e di morire con dignità. Quindi io uso con prudenza, e anzi tendo a non accettare l'argomento del vuoto legislativo perchè significa che qualcuno lo ha riempito più o meno illegittimamente. Quello che hanno fatto i giudici è assolutamente legittimo, conforme ai principi del nostro sistema e della nostra Costituzione, perché hanno letto tutta una serie di norme, come ci è stato insegnato dalla stessa Corte Costituzionale, secondo un'interpretazione costituzionalmente orientata. Oggi dunque non c'è un vuoto. Ci possono essere degli aspetti operativi che hanno bisogno di una disciplina più puntuale. Per esempio la forma del testamento biologico o la possibilità di nominare un fiduciario di un amministratore di sostegno per evitare che ci siano ancora dei dubbi. Ma il mio timore è che si voglia usare l'argomento "dobbiamo fare una legge" sul testamento biologico o sulla tutela della vita fino alla sua fine "naturale", per una vera e propria restaurazione e per tornare indietro rispetto a ciò che già oggi è possibile per i cittadini italiani, ovvero poter rifiutare le cure in diverse forme.

di Vittorio Bonanni da Liberazione del 4 febbraio 2009

mercoledì 4 febbraio 2009

Margherita Hack: «Questo centrodestra è formato da un branco di arroganti e ignoranti»

Non parla soltanto come scienziata, parla come cittadina di un paese che fatica a riconoscere. E non fa sconti, Margherita Hack.

Non si spengono i riflettori su Eluana Englaro, si annunciano marce su Udine. Che ne pensa?
«Intanto vorrei dire che apprezzo molto l’atteggiamento del presidente del Friuli Renzo Tondo, un uomo del Pdl che ha assunto una posizione laica e di grande rispetto».

Ha visto il video choc, le persone che gridavano a Eluana sull’ambulanza: «Ti vogliono uccidere»?
«È una vergogna. Se non ci fossero stati i progressi della medicina Eluana sarebbe morta 17 anni fa, questa è la verità».

C’è chi accusa di omicidio i medici che sospenderanno i trattamenti artificiali. La Chiesa parla di eutanasia.
«Qui non siamo di fronte alla difesa della vita, siamo di fronte a posizioni ideologiche. C’è qualcuno che vuole far vincere le proprie idee senza considerare Eluana. Eluana è già morta, di fatto. È un corpo tenuto in vita da macchine, non in grado di soffrire o di capire cosa le sta accadendo intorno. È come fosse sotto anestesia da 17 anni».

Forse la Chiesa e i cattolici hanno paura che si crei un precedente con l’applicazione di questa sentenza, in vista della legge sul testamento biologico?
«Ma una legge sul testamento biologico è indispensabile e deve tutelare le volontà del paziente».

È questo il punto. C’è chi sostiene che idratazione e alimentazione artificiale non siano cure mediche e quindi nessuno può sospenderle.
«Sarebbe innaturale imporre una cosa del genere: stiamo parlando di trattamenti medici. Qui non c’è più alcun sentimento cristiano verso chi soffre, c’è soltanto la volontà di imporre il proprio punto di vista. Se vogliono fare una legge del genere è meglio che lascino stare, significherebbe togliere diritti alle persone sulla propria vita e il proprio corpo. È inammissibile».

Davanti al caso di Eluana come ci si dovrebbe muovere?
«Con il massimo del rispetto. L’ingerenza della Chiesa e la debolezza della politica sono due cose veramente insopportabili. La politica solo una cosa deve fare: una legge per il testamento, che poi deve essere eseguito secondo le volontà di chi lo ha sottoscritto».

Secondo lei c’era un altro modo di raccontare il caso Englaro?
«Credo che finora tutto si sia mosso con una grande irrazionalità, con grande voglia di prevaricare la volontà degli individui. È incivile».

Nel centrodestra c’è chi ha chiesto un decreto d’urgenza per bloccare tutto.
«Questo centrodestra è formato da un branco di politici arroganti e ignoranti che pretende di bloccare una decisione della magistratura. Ma il Pd dovrebbe essere più coraggioso».

di Maria Zegarelli da l'Unità del 4 febbraio 2009