Il ministro Sacconi che minaccia interventi formali del governo per fermare la mano dei medici che dovrebbero interrompere l'alimentazione artificiale che tiene in vita Eluana; il cardinale Barragan, presidente del Pontificio consiglio per gli operatori sanitari, che chiede di fermare «la mano assassina». Mentre la vicenda della giovane in coma vegetativo da 17 anni sembra volgere al termine, c'è chi non si rassegna e tenta in tutti i modi di ignorare le diverse sentenze della magistratura che hanno detto sì alla volontà espressa dai genitori di Eluana e dalla stessa ragazza. Abbiamo chiesto a Stefano Rodotà, giurista autorevole, attento ai temi della laicità e dei diritti della persona, un parere su questo scenario. «E' in atto non da oggi - dice l'ex garante della protezione dei dati personali - un gravissimo e pericoloso conflitto sul tema della legalità e il rispetto dei diritti. Queste invocazioni, questi tentativi di impedire che si dia esecuzione ad una sentenza passata in giudicato non vengono da soggetti che fanno appello a dei criteri morali. In tal senso figuriamoci se sono d'accordo sul contenuto e ancor meno sulle parole del cardinale Barragan».
Ma almeno agisce senza avere un ruolo istituzionale. Ma quando dichiarazioni di questo genere e annunci di comportamenti vengono da responsabili politici investiti da ruoli particolarmente rilevanti come un ministro qui si apre un conflitto».
Che certamente non è nuovo, vero professore?
Sì, si tratta di un conflitto aperto da molto tempo. Gli atti precedenti, dichiarati assolutamente illegittimi, si sono esplicitati con tre tentativi di bloccare attraverso strade più o meno corrette dal punto di vista legale l'attuazione della sentenza: primo tentativo, il Parlamento che ha sollevato appunto un conflitto tra magistratura e Parlamento stesso dicendo che non spettava ai giudici dare indicazioni in materia. La Corte Costituzionale ha liquidato molto rapidamente questo come un atteggiamento non corretto e ha valutato che la magistratura si è mossa nell'ambito dei propri poteri e delle proprie competenze.
Secondo tentativo, Formigoni, governatore della Lombardia, che dice "non in casa mia". Questo atto è stato impugnato davanti al Tribunale amministrativo della Lombardia, che ha annullato il provvedimento del presidente. Terzo, il cosiddetto atto di indirizzo di Sacconi, che più passa il tempo, più è stato studiato da chi ha conoscenza di grammatica giuridica, più si è rivelato un provvedimento legalmente improponibile. Tant'è che lo stesso governatore del Friuli Venezia Giulia, che come sappiamo è una regione amministrata dal centro-destra, non ha ritenuto vincolante qull'atto di invito. Quindi noi siamo di fronte ad un conflitto che ci viene riproposto di nuovo dopo che in tutte le sedi istituzionali questi tentativi della maggioranza di governo o del governo in quanto tale sono stati ritenuti assolutamente illegittimi.
Un grave strappo istituzionale...
E una gravissima violazione della legalità costituzionale perché sono in gioco contemporaneamente i poteri dello Stato e i diritti individuali e fondamentali delle persone. Questo come valutazione d'insieme. Sicché trovo stravagante per non usare altre parole, la richiesta di Buttiglione di organizzare una riunione immediata del Consiglio dei ministri perché sia approvata una legge che dovrebbe avere come obiettivo quello evidentemente di bloccare l'attuazione di una sentenza. Ne ho viste di tutti i colori in questo paese ma dire che con un decreto legge si possa impedire che una sentenza possa avere attuazione viola la stessa logica della politica costituzionale.
Professore, non siamo di fronte anche ad una grave violazione della sfera personale?
Non userei in questo caso la parola privacy . Qui c'è la fine del rispetto della dignità delle persone. Un principio che deve guidarci in ogni momento. Qui la dignità del morire non può essere evidentemente considerata qualcosa sulla quale ci si accanisce con una certa violenza. Anche da questo punto di vista in altri tempi si sarebbe detto che c'è una spaventosa mancanza di carità cristiana. Oggi dobbiamo dire laicamente, anche se quell'espressione della carità cristiana continua a piacermi, che il principio di dignità, che è uno dei principii fondativi di uno stato democratico, è violentamente aggredito. E non si dica che la dignità è quella di chi deve vedere la propria sopravvivenza resa obbligatoria ma di chi invece deve essere rispettato nelle sue decisioni e nel suo essere persona.
Quando si affrontano questi temi si parla sempre di vuoto legislativo. Ma non si rischia, visto lo scenario che offre il Parlamento, di "colmare" questo vuoto peggiorando la situazione?
Anzitutto non enfatizzerei il profilo "vuoto legislativo". Non c'è infatti questo vuoto tant'è che i giudici, con alcune decisioni, in particolare con la sentenza cardine di tutta questa vicenda, quella della Corte di Cassazione dell'ottobre 2007, hanno potuto ricostruire con molto rigore il sistema giuridico italiano mettendo in evidenza tutti gli elementi che già oggi, senza bisogno di una legge, consentono di arrivare alla conclusione che si è delineata, e cioè il diritto di rifiutare le cure e di morire con dignità. Quindi io uso con prudenza, e anzi tendo a non accettare l'argomento del vuoto legislativo perchè significa che qualcuno lo ha riempito più o meno illegittimamente. Quello che hanno fatto i giudici è assolutamente legittimo, conforme ai principi del nostro sistema e della nostra Costituzione, perché hanno letto tutta una serie di norme, come ci è stato insegnato dalla stessa Corte Costituzionale, secondo un'interpretazione costituzionalmente orientata. Oggi dunque non c'è un vuoto. Ci possono essere degli aspetti operativi che hanno bisogno di una disciplina più puntuale. Per esempio la forma del testamento biologico o la possibilità di nominare un fiduciario di un amministratore di sostegno per evitare che ci siano ancora dei dubbi. Ma il mio timore è che si voglia usare l'argomento "dobbiamo fare una legge" sul testamento biologico o sulla tutela della vita fino alla sua fine "naturale", per una vera e propria restaurazione e per tornare indietro rispetto a ciò che già oggi è possibile per i cittadini italiani, ovvero poter rifiutare le cure in diverse forme.
di Vittorio Bonanni da Liberazione del 4 febbraio 2009
Ma almeno agisce senza avere un ruolo istituzionale. Ma quando dichiarazioni di questo genere e annunci di comportamenti vengono da responsabili politici investiti da ruoli particolarmente rilevanti come un ministro qui si apre un conflitto».
Che certamente non è nuovo, vero professore?
Sì, si tratta di un conflitto aperto da molto tempo. Gli atti precedenti, dichiarati assolutamente illegittimi, si sono esplicitati con tre tentativi di bloccare attraverso strade più o meno corrette dal punto di vista legale l'attuazione della sentenza: primo tentativo, il Parlamento che ha sollevato appunto un conflitto tra magistratura e Parlamento stesso dicendo che non spettava ai giudici dare indicazioni in materia. La Corte Costituzionale ha liquidato molto rapidamente questo come un atteggiamento non corretto e ha valutato che la magistratura si è mossa nell'ambito dei propri poteri e delle proprie competenze.
Secondo tentativo, Formigoni, governatore della Lombardia, che dice "non in casa mia". Questo atto è stato impugnato davanti al Tribunale amministrativo della Lombardia, che ha annullato il provvedimento del presidente. Terzo, il cosiddetto atto di indirizzo di Sacconi, che più passa il tempo, più è stato studiato da chi ha conoscenza di grammatica giuridica, più si è rivelato un provvedimento legalmente improponibile. Tant'è che lo stesso governatore del Friuli Venezia Giulia, che come sappiamo è una regione amministrata dal centro-destra, non ha ritenuto vincolante qull'atto di invito. Quindi noi siamo di fronte ad un conflitto che ci viene riproposto di nuovo dopo che in tutte le sedi istituzionali questi tentativi della maggioranza di governo o del governo in quanto tale sono stati ritenuti assolutamente illegittimi.
Un grave strappo istituzionale...
E una gravissima violazione della legalità costituzionale perché sono in gioco contemporaneamente i poteri dello Stato e i diritti individuali e fondamentali delle persone. Questo come valutazione d'insieme. Sicché trovo stravagante per non usare altre parole, la richiesta di Buttiglione di organizzare una riunione immediata del Consiglio dei ministri perché sia approvata una legge che dovrebbe avere come obiettivo quello evidentemente di bloccare l'attuazione di una sentenza. Ne ho viste di tutti i colori in questo paese ma dire che con un decreto legge si possa impedire che una sentenza possa avere attuazione viola la stessa logica della politica costituzionale.
Professore, non siamo di fronte anche ad una grave violazione della sfera personale?
Non userei in questo caso la parola privacy . Qui c'è la fine del rispetto della dignità delle persone. Un principio che deve guidarci in ogni momento. Qui la dignità del morire non può essere evidentemente considerata qualcosa sulla quale ci si accanisce con una certa violenza. Anche da questo punto di vista in altri tempi si sarebbe detto che c'è una spaventosa mancanza di carità cristiana. Oggi dobbiamo dire laicamente, anche se quell'espressione della carità cristiana continua a piacermi, che il principio di dignità, che è uno dei principii fondativi di uno stato democratico, è violentamente aggredito. E non si dica che la dignità è quella di chi deve vedere la propria sopravvivenza resa obbligatoria ma di chi invece deve essere rispettato nelle sue decisioni e nel suo essere persona.
Quando si affrontano questi temi si parla sempre di vuoto legislativo. Ma non si rischia, visto lo scenario che offre il Parlamento, di "colmare" questo vuoto peggiorando la situazione?
Anzitutto non enfatizzerei il profilo "vuoto legislativo". Non c'è infatti questo vuoto tant'è che i giudici, con alcune decisioni, in particolare con la sentenza cardine di tutta questa vicenda, quella della Corte di Cassazione dell'ottobre 2007, hanno potuto ricostruire con molto rigore il sistema giuridico italiano mettendo in evidenza tutti gli elementi che già oggi, senza bisogno di una legge, consentono di arrivare alla conclusione che si è delineata, e cioè il diritto di rifiutare le cure e di morire con dignità. Quindi io uso con prudenza, e anzi tendo a non accettare l'argomento del vuoto legislativo perchè significa che qualcuno lo ha riempito più o meno illegittimamente. Quello che hanno fatto i giudici è assolutamente legittimo, conforme ai principi del nostro sistema e della nostra Costituzione, perché hanno letto tutta una serie di norme, come ci è stato insegnato dalla stessa Corte Costituzionale, secondo un'interpretazione costituzionalmente orientata. Oggi dunque non c'è un vuoto. Ci possono essere degli aspetti operativi che hanno bisogno di una disciplina più puntuale. Per esempio la forma del testamento biologico o la possibilità di nominare un fiduciario di un amministratore di sostegno per evitare che ci siano ancora dei dubbi. Ma il mio timore è che si voglia usare l'argomento "dobbiamo fare una legge" sul testamento biologico o sulla tutela della vita fino alla sua fine "naturale", per una vera e propria restaurazione e per tornare indietro rispetto a ciò che già oggi è possibile per i cittadini italiani, ovvero poter rifiutare le cure in diverse forme.
di Vittorio Bonanni da Liberazione del 4 febbraio 2009
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