martedì 20 febbraio 2007

Coriandoli diessini

La battaglia senza esclusione di colpi in atto all’interno dei Democratici di sinistra del Trentino è la prova provata che le leggi elettorali e le regole interne ai partiti non sono affatto un problema secondario della vita politica. Mentre si discute apparentemente attraverso le tre mozioni Fassino, Mussi e Angius della futura collocazione della sinistra nello scenario politico nazionale, l’attenzione è qui da noi tutta concentrata a studiare la miglior tattica per ben posizionarsi in vista delle elezioni regionali che si terranno nell’autunno del 2008. E’ già stato evidenziato nei commenti giornalistici che l’unico modo per aggirare la regola del tetto massimo delle due legislature è quello di assicurarsi con il prossimo congresso diessino un direttivo favorevole a concedere la deroga per il segretario e la vicepresidente della giunta provinciale uscenti, e che la rielezione di Remo Andreolli e Margherita Cogo per il meccanismo delle tre preferenze previste dalla legge elettorale provinciale può facilmente essere raggiunta nel Trentino occidentale attraverso un ferreo patto di alleanza con Luigi Olivieri, gran portatore di voti, desideroso di rientrare in scena dopo il forzato digiuno parlamentare dell’ultimo anno. Non si può affermare che in questa strategia non vi sia del realismo politico; in un contesto dove la sinistra è storicamente minoritaria, organicamente debole nelle valli ed affetta da litigiosità interna esasperata nei centri urbani maggiori, solo una logica blindata che faccia leva su corposi interessi di vallata e su ambizioni personali può fare breccia, permettendo alla sinistra (o per meglio dire a quella componente di sinistra che aspira ad entrare a far parte del futuro partito democratico autonomista trentino) di portare a casa con il voto del novembre 2008 qualcosa di più del misero 7% per cui i DS sono attualmente accreditati nei sondaggi. Detto questo nasce spontanea una domanda: ma ad elezione avvenuta, che peso avranno i tre consiglieri eletti nello scenario politico futuro, quello del terzo statuto di autonomia? Non avranno più dietro un partito, ridotto a comitato elettorale di valle, verranno ancor meno tenuti in conto, dalla futura maggioranza politica provinciale, di quanto non avvenga attualmente, con assessori di sinistra dimezzati, sotto tutela, costretti ad accapigliarsi fra di loro per spartirsi il magro pasto che il Principe dall’alto benevolmente loro concederà. Noi elettori che abbiamo sostenuto con il voto le forze di sinistra dell’attuale coalizione provinciale siamo amareggiati: la grande occasione di portare con idee e programmi innovativi lo schieramento di governo provinciale su un terreno più avanzato rispetto alla lunga stagione democristiana rischia di fallire miseramente. Non vi è stata concertazione in questi anni tra le forze della sinistra e la Margherita su punti programmatici importanti (lavoro, ricerca, istruzione, tutela del territorio), la regia del Presidente Dellai è andata via via perdendo di smalto, fino al punto di vedersi egli stesso messo in minoranza all’interno del partito. Non tutto è comunque perduto, se nel prossimo congresso dei DS del Trentino si riprenderà a ragionare di politica nel senso pieno del termine. Di una sinistra trentina autorevole c’è bisogno come dell’aria per respirare, è una necessità assoluta anche per i nostri alleati margheritini; senza una voce ferma della sinistra le forze di centro sono destinate ad andare alla deriva, suggestionati da sirene neotemporaliste (cosa inedita per il Trentino) e da arroccamenti da piccola patria alpina, chiusi all’Italia, all’Europa e al Mondo. Stare a sinistra oggi vuol dire farsi carico di quest’ordine di problemi, e ben vengano le critiche anche serrate degli operatori dell’informazione al fine di risvegliare i dormienti.
La conseguenza di un cedimento della sinistra sul fronte programmatico riconsegnerebbe quindi alla prossima legislatura provinciale, ancor più aggravati, i difetti della coalizione emersi in questa legislatura. Perché questa , di una delega in bianco al partito del governatore, è la realtà che ci sta di fronte, realtà che ben difficilmente potrà venir modificata, stante la quasi certa impossibilità di giungere, in tempi così stretti, mediante referendum provinciale, ad una nuova legge elettorale che passi almeno per le primarie (brucia ancora la presa in giro delle ultime finte primarie dei DS) più rispettosa delle volontà degli elettori della coalizione vincente. In questo quadro partitocratrico immobile, se solo si pensa alle politiche della scuola, della ricerca, dell’edilizia popolare, della viabilità, della partecipazione democratica al governo e alla tutela dei territori, viene da sé l’assoluta esigenza di porre in essere patti chiari fra sinistra e centro prima delle elezioni, magari rafforzata da una mozione congressuale che impegni i futuri eletti nei DS. Ben venga quindi un’ampia discussione sulle tesi nazionali del congresso DS, con l’avvertenza però di avere ben presenti le urgenze che impongono ai partiti, a un anno dalla campagna elettorale per le provinciali, di dire parole chiare sul futuro del Trentino. Dopo avere sprecato da parte della coalizione l’autentico tesoro rappresentato dalle oltre trentamila adesioni alle primarie per Prodi, vanificando la diffusa speranza di una svolta nei contenuti (e nello stile di governo), che era auspicabile con un governo di centro sinistra, solo riprendendo una severa politica di salvaguardia ambientale, di centralità della dignità del lavoro, di riconoscimento pieno dei diritti di cittadinanza, il congresso dei DS potrà propiziare il miracolo “affinché i ciechi vedano, i sordi odano e gli storpi camminino”. La strada che porta al partito democratico si presenta alquanto accidentata; per renderla meno lunga e faticosa, o non vederla miseramente fallire, è bene mettere tutte le carte in tavola ed evitare manovre sottobanco. E’ nostro dovere non nascondere agli elettori i problemi che, anche qui in Trentino, il rinnovamento della politica pone davanti ai nostri occhi.
Va ribadito con forza che in un quadro regionale la scrittura del terzo statuto di autonomia, a mezzo secolo dalla conclusione del trattato di pace che ha riconfermato il confine al Brennero, esige da parte della sinistra trentina uno sforzo di elaborazione progettuale che faccia sì che la convivenza fra trentini sudtirolesi e italiani di Bolzano nella terra di Alexander Langer non si riduca a quella di separati in casa, ma riprenda invece il principio ispiratore che fu di Luigi Battisti , custode nel dopoguerra della tradizione socialista: quello di più case sotto lo stesso tetto, dove sia scongiurata una commistione indistinta fra tedeschi italiani ladini e nuovi cittadini immigrati che neghi le tradizioni e le storie che fanno ricca e plurale la nostra variegata comunità, e si faccia invece forza di questa pluralità per essere modello di convivenza a livello europeo. E’ per altro nello spirito che ha caratterizzato l’Unione delle forze del centrosinistra autonomista e ambientalista e dell’Intesa regionale, quello della pari dignità politica delle forze aderenti, che si deve ancora ricercare la chiave per aprire, nella consigliatura che si aprirà con l’autunno del 2008, la strada dei governi locali a quelle forze (che non abbiamo paura di definire progressiste) uniche in grado di far fronte alle nuove sfide europee. Di tutto ciò deve farsi carico il partito dei DS nel proprio congresso provinciale, anche attraverso una specifica mozione che, ottenendo il più largo consenso possibile, vincoli la segreteria che uscirà eletta dal congresso per gli anni a venire. Perché, tornando alla questione iniziale, quella della personalizzazione della politica, essa non può suscitare gran scandalo se unita a spinta ideale e coerente impegno programmatico: diventa esiziale, puro e semplice personalismo, se le legittime aspirazioni personali non si coniugano ad un reale, concreto, verificato impegno per la cosa pubblica.


VINCENZO CALI' – esponente della sinistra democratica

giovedì 15 febbraio 2007

Congresso diessino

L’avvio a livello nazionale della battaglia politica intorno al nascituro Partito Democratico non sta particolarmente scaldando i cuori del popolo di sinistra del Trentino dell’aspro dibattito sul futuro partito (collocazione internazionale, politiche sociali, diritti della persona, laicità della politica) giunge qui un’eco soffocata, come se quelle fossero questioni che, poco toccano la realtà del nostro “piccolo Stato”, che vengono viste come l’ennesimo atto dell’italica. eterna commedia di guelfi contro ghibellini. In cuor nostro sappiamo che non è così; il Trentino, raggiunta la sua piena, matura autonomia, si trova come il resto delle contrade italiane, a dover fare i conti con un mondo in rapidissimo cambiamento, con vincoli europei sempre più stringenti, con uno scenario in cui il programma del maggior partito della coalizione di centrosinistra che guida il paese non è cosa di secondaria importanza. In sede locale , da parte della Margherita, il partito di maggioranza relativa, si tende addirittura a ritenere che il dibattito interno ai DS poco li riguardi, stante la decisione presa all’ultimo loro congresso, quella di procedere diritti per la strada dell’autosufficienza, con l’unico obbiettivo di stravincere le elezioni provinciali. Dopodiché, rinsaldati dal successo al centro dello schieramento politico, i margheritini potranno dettare i tempi e i modi della costituzione del futuro Partito democratico trentino, autonomista e/o federato con la casa madre romana, secondo il “Bindi pensiero”. Il leader della Margherita, Lorenzo Dellai, che aveva tentato al congresso di spostare l’asse del partito, pericolosamente autocentrato e autoreferenziale , senza però riuscirvi, è rimasto prigioniero della gabbia da lui stesso creata e quindi non potrà venire in soccorso a quanti nella sinistra si battono per una convergenza organica con gli eredi della vecchia sinistra DC ( a proposito di congressi “in contemporanea” una domanda a Lunelli che bacchetta sempre la sinistra e dà lezioni a noi di buona politica: a quando il congresso margheritino che deve portare alla “convergenza “con i DS? ). La gestione stessa del progetto della sinistra democratica autonomista in Provincia negli ultimi cinque anni e di “Rovereto insieme” e “Trento democratica” nelle due città ha mostrato i limiti della capacità progettuale della sinistra , non supportata da un impianto ideale e programmatico tale da poter tenere testa all’altro progetto, mai esplicitato ma ben presente nella materialità dell’azione politica, di un partito territoriale secondo il modello della CSU bavarese, fortemente conservatore e basato sul voto di scambio: fedeltà maggioritaria al leader valle per valle contro distribuzione a pioggia delle risorse finanziarie dell’autonomia. Da qui l’urgenza di definire, in sede di dibattito congressuale diessino, una specifica piattaforma politica per la sinistra trentina in cui si possano riconoscere quanti non intendono accettare la subalternità ad un progetto neoconservatore, raccogliendo quanto di buono può scaturire dal dibattito nazionale fra le tre mozioni congressuali:espresse dai tre candidati alla segreteria nazionale dei DS Fassino, Mussi e Angius, dando per scontato che la prima - che trova nel Trentino un largo consenso nella segreteria Andreolli e in quanti ricoprono cariche istituzionali assessorili e parlamentari è la più debole per quanto riguarda i risultai raggiunti nell’azione di governo in Provincia e nei comuni ( complice la scarsa compattezza dei gruppi consigliari ) ma ha la forza dei numeri che sempre premiano la segreteria in carica, la seconda e la terza, i cui appelli agli iscritti hanno molti punti in comune e che meglio si attagliano alla collocazione strategica della sinistra nella realtà trentina , soffrono, qui più che altrove nel resto d’Italia, di un deficit di rappresentatività fra i quadri del partito. L’opzione principe, oggi come ieri, è qui da noi quella della piena applicazione dello statuto dei DS, che pone per la specialità autonomistica locale l’opzione del patto federativo fra la sinistra trentina e il partito nazionale, con tanto di preambolo storico-politico e statuto frutto dell’approvazione consensuale fra Trento e Roma. Ciò rientra nelle sensibilità espresse più dalle due mozioni nazionali minoritarie che da quella fassiniana : il principio ispiratore generale di quest’ultima, che si nutre dell’impostazione dalemiana dell’associazione “ Italiani europei”è poco in sintonia con la tradizione storica della sinistra trentina, che si richiama, rovesciando il concetto, allo spirito di europei italiani , che trae origine dal manifesto antifascista steso da Altiero Spinelli ed Ernesto Rossi, che ricercava in una comune matrice politica europea il denominatore per una politica democratica da contrapporre alle dittature che avevano trionfato negli anni quaranta del secolo scorso. Ancor oggi, dal punto di osservazione delle Alpi italiane, l’orizzonte unico e imprescindibile per una politica autenticamente democratica e non violenta deve trovare ancoraggio nel socialismo europeo: come sostenevano Spinelli e Rossi, senza partiti europei non nascerà una solida unione europea. Il fallimento della Costituzione europea ci deve spingere ancor più a ricercare una forte integrazione fra le forze politiche di ispirazione socialista e democratica del Continente, come sostiene con forza Valdo Spini che dell’aggancio al socialismo europeo fa la conditio sine qua non per la nascita del futuro partito democratico in Italia. Oltre che per l’aggancio al socialismo europeo, anche per la ricerca di alleanze strategiche il realismo presente nella mozione Angius ( giungere ad un patto federativo fra sinistra e centro cattolico ) ben si attaglia alla nostra situazione locale: come diversamente si potrebbe pensare, al di fuori di una logica patrizia, di trovare un accordo organico con la Margherita trentina guidata da Giorgio Lunelli? Senza un tale ancoraggio blindato da un patto federativo, la sinistra si troverebbe di fronte alla politica delle “mani libere” del suo maggior alleato , con la conseguenza di vedere ancor più aggravati per la prossima legislatura provinciale i difetti emersi in questa legislatura. Perché questa , di una delega in bianco al partito del governatore, è la realtà che ci sta di fronte, realtà che ben difficilmente potrà venir modificata, stante la quasi certa impossibilità di giungere, in tempi così stretti, mediante referendum provinciale, ad una nuova legge elettorale che passi almeno per le primarie (brucia ancora la presa in giro delle ultime finte primarie dei DS) , più rispettosa delle volontà degli elettori della coalizione vincente. In questo quadro partitocratico immobile , se solo si pensa ai contenuti della politica vale a dire al lavoro, scuola, welfare, ricerca, edilizia popolare, viabilità, partecipazione democratica al governo e alla tutela dei territori , viene da sé l’assoluta esigenza di porre in essere patti chiari fra sinistra e centro prima delle elezioni, magari rafforzata da una mozione congressuale che impegni i futuri eletti nei DS. .Ben venga quindi un’ampia discussione sulle tesi nazionali del congresso DS ,con l’avvertenza di avere ben presenti le urgenze che impongono ai partiti, a un anno dalla campagna elettorale per le provinciali, di dire parole chiare sul futuro del Trentino. La strada che porta al partito democratico si presenta alquanto accidentata ; per renderla meno lunga e faticosa è bene mettere tutte le carte in tavola ed evitare manovre sottobanco. E’ quanto ci hanno chiesto i più di quattro milioni di cittadini che hanno partecipato alle primarie due anni fa., ai quali è nostro dovere non nascondere i problemi che il rinnovamento della politica pone davanti ai nostri occhi.

VINCENZO CALI' – esponente della sinistra democratica