L’avvio a livello nazionale della battaglia politica intorno al nascituro Partito Democratico non sta particolarmente scaldando i cuori del popolo di sinistra del Trentino dell’aspro dibattito sul futuro partito (collocazione internazionale, politiche sociali, diritti della persona, laicità della politica) giunge qui un’eco soffocata, come se quelle fossero questioni che, poco toccano la realtà del nostro “piccolo Stato”, che vengono viste come l’ennesimo atto dell’italica. eterna commedia di guelfi contro ghibellini. In cuor nostro sappiamo che non è così; il Trentino, raggiunta la sua piena, matura autonomia, si trova come il resto delle contrade italiane, a dover fare i conti con un mondo in rapidissimo cambiamento, con vincoli europei sempre più stringenti, con uno scenario in cui il programma del maggior partito della coalizione di centrosinistra che guida il paese non è cosa di secondaria importanza. In sede locale , da parte della Margherita, il partito di maggioranza relativa, si tende addirittura a ritenere che il dibattito interno ai DS poco li riguardi, stante la decisione presa all’ultimo loro congresso, quella di procedere diritti per la strada dell’autosufficienza, con l’unico obbiettivo di stravincere le elezioni provinciali. Dopodiché, rinsaldati dal successo al centro dello schieramento politico, i margheritini potranno dettare i tempi e i modi della costituzione del futuro Partito democratico trentino, autonomista e/o federato con la casa madre romana, secondo il “Bindi pensiero”. Il leader della Margherita, Lorenzo Dellai, che aveva tentato al congresso di spostare l’asse del partito, pericolosamente autocentrato e autoreferenziale , senza però riuscirvi, è rimasto prigioniero della gabbia da lui stesso creata e quindi non potrà venire in soccorso a quanti nella sinistra si battono per una convergenza organica con gli eredi della vecchia sinistra DC ( a proposito di congressi “in contemporanea” una domanda a Lunelli che bacchetta sempre la sinistra e dà lezioni a noi di buona politica: a quando il congresso margheritino che deve portare alla “convergenza “con i DS? ). La gestione stessa del progetto della sinistra democratica autonomista in Provincia negli ultimi cinque anni e di “Rovereto insieme” e “Trento democratica” nelle due città ha mostrato i limiti della capacità progettuale della sinistra , non supportata da un impianto ideale e programmatico tale da poter tenere testa all’altro progetto, mai esplicitato ma ben presente nella materialità dell’azione politica, di un partito territoriale secondo il modello della CSU bavarese, fortemente conservatore e basato sul voto di scambio: fedeltà maggioritaria al leader valle per valle contro distribuzione a pioggia delle risorse finanziarie dell’autonomia. Da qui l’urgenza di definire, in sede di dibattito congressuale diessino, una specifica piattaforma politica per la sinistra trentina in cui si possano riconoscere quanti non intendono accettare la subalternità ad un progetto neoconservatore, raccogliendo quanto di buono può scaturire dal dibattito nazionale fra le tre mozioni congressuali:espresse dai tre candidati alla segreteria nazionale dei DS Fassino, Mussi e Angius, dando per scontato che la prima - che trova nel Trentino un largo consenso nella segreteria Andreolli e in quanti ricoprono cariche istituzionali assessorili e parlamentari è la più debole per quanto riguarda i risultai raggiunti nell’azione di governo in Provincia e nei comuni ( complice la scarsa compattezza dei gruppi consigliari ) ma ha la forza dei numeri che sempre premiano la segreteria in carica, la seconda e la terza, i cui appelli agli iscritti hanno molti punti in comune e che meglio si attagliano alla collocazione strategica della sinistra nella realtà trentina , soffrono, qui più che altrove nel resto d’Italia, di un deficit di rappresentatività fra i quadri del partito. L’opzione principe, oggi come ieri, è qui da noi quella della piena applicazione dello statuto dei DS, che pone per la specialità autonomistica locale l’opzione del patto federativo fra la sinistra trentina e il partito nazionale, con tanto di preambolo storico-politico e statuto frutto dell’approvazione consensuale fra Trento e Roma. Ciò rientra nelle sensibilità espresse più dalle due mozioni nazionali minoritarie che da quella fassiniana : il principio ispiratore generale di quest’ultima, che si nutre dell’impostazione dalemiana dell’associazione “ Italiani europei”è poco in sintonia con la tradizione storica della sinistra trentina, che si richiama, rovesciando il concetto, allo spirito di europei italiani , che trae origine dal manifesto antifascista steso da Altiero Spinelli ed Ernesto Rossi, che ricercava in una comune matrice politica europea il denominatore per una politica democratica da contrapporre alle dittature che avevano trionfato negli anni quaranta del secolo scorso. Ancor oggi, dal punto di osservazione delle Alpi italiane, l’orizzonte unico e imprescindibile per una politica autenticamente democratica e non violenta deve trovare ancoraggio nel socialismo europeo: come sostenevano Spinelli e Rossi, senza partiti europei non nascerà una solida unione europea. Il fallimento della Costituzione europea ci deve spingere ancor più a ricercare una forte integrazione fra le forze politiche di ispirazione socialista e democratica del Continente, come sostiene con forza Valdo Spini che dell’aggancio al socialismo europeo fa la conditio sine qua non per la nascita del futuro partito democratico in Italia. Oltre che per l’aggancio al socialismo europeo, anche per la ricerca di alleanze strategiche il realismo presente nella mozione Angius ( giungere ad un patto federativo fra sinistra e centro cattolico ) ben si attaglia alla nostra situazione locale: come diversamente si potrebbe pensare, al di fuori di una logica patrizia, di trovare un accordo organico con la Margherita trentina guidata da Giorgio Lunelli? Senza un tale ancoraggio blindato da un patto federativo, la sinistra si troverebbe di fronte alla politica delle “mani libere” del suo maggior alleato , con la conseguenza di vedere ancor più aggravati per la prossima legislatura provinciale i difetti emersi in questa legislatura. Perché questa , di una delega in bianco al partito del governatore, è la realtà che ci sta di fronte, realtà che ben difficilmente potrà venir modificata, stante la quasi certa impossibilità di giungere, in tempi così stretti, mediante referendum provinciale, ad una nuova legge elettorale che passi almeno per le primarie (brucia ancora la presa in giro delle ultime finte primarie dei DS) , più rispettosa delle volontà degli elettori della coalizione vincente. In questo quadro partitocratico immobile , se solo si pensa ai contenuti della politica vale a dire al lavoro, scuola, welfare, ricerca, edilizia popolare, viabilità, partecipazione democratica al governo e alla tutela dei territori , viene da sé l’assoluta esigenza di porre in essere patti chiari fra sinistra e centro prima delle elezioni, magari rafforzata da una mozione congressuale che impegni i futuri eletti nei DS. .Ben venga quindi un’ampia discussione sulle tesi nazionali del congresso DS ,con l’avvertenza di avere ben presenti le urgenze che impongono ai partiti, a un anno dalla campagna elettorale per le provinciali, di dire parole chiare sul futuro del Trentino. La strada che porta al partito democratico si presenta alquanto accidentata ; per renderla meno lunga e faticosa è bene mettere tutte le carte in tavola ed evitare manovre sottobanco. E’ quanto ci hanno chiesto i più di quattro milioni di cittadini che hanno partecipato alle primarie due anni fa., ai quali è nostro dovere non nascondere i problemi che il rinnovamento della politica pone davanti ai nostri occhi.
VINCENZO CALI' – esponente della sinistra democratica
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