La battaglia senza esclusione di colpi in atto all’interno dei Democratici di sinistra del Trentino è la prova provata che le leggi elettorali e le regole interne ai partiti non sono affatto un problema secondario della vita politica. Mentre si discute apparentemente attraverso le tre mozioni Fassino, Mussi e Angius della futura collocazione della sinistra nello scenario politico nazionale, l’attenzione è qui da noi tutta concentrata a studiare la miglior tattica per ben posizionarsi in vista delle elezioni regionali che si terranno nell’autunno del 2008. E’ già stato evidenziato nei commenti giornalistici che l’unico modo per aggirare la regola del tetto massimo delle due legislature è quello di assicurarsi con il prossimo congresso diessino un direttivo favorevole a concedere la deroga per il segretario e la vicepresidente della giunta provinciale uscenti, e che la rielezione di Remo Andreolli e Margherita Cogo per il meccanismo delle tre preferenze previste dalla legge elettorale provinciale può facilmente essere raggiunta nel Trentino occidentale attraverso un ferreo patto di alleanza con Luigi Olivieri, gran portatore di voti, desideroso di rientrare in scena dopo il forzato digiuno parlamentare dell’ultimo anno. Non si può affermare che in questa strategia non vi sia del realismo politico; in un contesto dove la sinistra è storicamente minoritaria, organicamente debole nelle valli ed affetta da litigiosità interna esasperata nei centri urbani maggiori, solo una logica blindata che faccia leva su corposi interessi di vallata e su ambizioni personali può fare breccia, permettendo alla sinistra (o per meglio dire a quella componente di sinistra che aspira ad entrare a far parte del futuro partito democratico autonomista trentino) di portare a casa con il voto del novembre 2008 qualcosa di più del misero 7% per cui i DS sono attualmente accreditati nei sondaggi. Detto questo nasce spontanea una domanda: ma ad elezione avvenuta, che peso avranno i tre consiglieri eletti nello scenario politico futuro, quello del terzo statuto di autonomia? Non avranno più dietro un partito, ridotto a comitato elettorale di valle, verranno ancor meno tenuti in conto, dalla futura maggioranza politica provinciale, di quanto non avvenga attualmente, con assessori di sinistra dimezzati, sotto tutela, costretti ad accapigliarsi fra di loro per spartirsi il magro pasto che il Principe dall’alto benevolmente loro concederà. Noi elettori che abbiamo sostenuto con il voto le forze di sinistra dell’attuale coalizione provinciale siamo amareggiati: la grande occasione di portare con idee e programmi innovativi lo schieramento di governo provinciale su un terreno più avanzato rispetto alla lunga stagione democristiana rischia di fallire miseramente. Non vi è stata concertazione in questi anni tra le forze della sinistra e la Margherita su punti programmatici importanti (lavoro, ricerca, istruzione, tutela del territorio), la regia del Presidente Dellai è andata via via perdendo di smalto, fino al punto di vedersi egli stesso messo in minoranza all’interno del partito. Non tutto è comunque perduto, se nel prossimo congresso dei DS del Trentino si riprenderà a ragionare di politica nel senso pieno del termine. Di una sinistra trentina autorevole c’è bisogno come dell’aria per respirare, è una necessità assoluta anche per i nostri alleati margheritini; senza una voce ferma della sinistra le forze di centro sono destinate ad andare alla deriva, suggestionati da sirene neotemporaliste (cosa inedita per il Trentino) e da arroccamenti da piccola patria alpina, chiusi all’Italia, all’Europa e al Mondo. Stare a sinistra oggi vuol dire farsi carico di quest’ordine di problemi, e ben vengano le critiche anche serrate degli operatori dell’informazione al fine di risvegliare i dormienti.
La conseguenza di un cedimento della sinistra sul fronte programmatico riconsegnerebbe quindi alla prossima legislatura provinciale, ancor più aggravati, i difetti della coalizione emersi in questa legislatura. Perché questa , di una delega in bianco al partito del governatore, è la realtà che ci sta di fronte, realtà che ben difficilmente potrà venir modificata, stante la quasi certa impossibilità di giungere, in tempi così stretti, mediante referendum provinciale, ad una nuova legge elettorale che passi almeno per le primarie (brucia ancora la presa in giro delle ultime finte primarie dei DS) più rispettosa delle volontà degli elettori della coalizione vincente. In questo quadro partitocratrico immobile, se solo si pensa alle politiche della scuola, della ricerca, dell’edilizia popolare, della viabilità, della partecipazione democratica al governo e alla tutela dei territori, viene da sé l’assoluta esigenza di porre in essere patti chiari fra sinistra e centro prima delle elezioni, magari rafforzata da una mozione congressuale che impegni i futuri eletti nei DS. Ben venga quindi un’ampia discussione sulle tesi nazionali del congresso DS, con l’avvertenza però di avere ben presenti le urgenze che impongono ai partiti, a un anno dalla campagna elettorale per le provinciali, di dire parole chiare sul futuro del Trentino. Dopo avere sprecato da parte della coalizione l’autentico tesoro rappresentato dalle oltre trentamila adesioni alle primarie per Prodi, vanificando la diffusa speranza di una svolta nei contenuti (e nello stile di governo), che era auspicabile con un governo di centro sinistra, solo riprendendo una severa politica di salvaguardia ambientale, di centralità della dignità del lavoro, di riconoscimento pieno dei diritti di cittadinanza, il congresso dei DS potrà propiziare il miracolo “affinché i ciechi vedano, i sordi odano e gli storpi camminino”. La strada che porta al partito democratico si presenta alquanto accidentata; per renderla meno lunga e faticosa, o non vederla miseramente fallire, è bene mettere tutte le carte in tavola ed evitare manovre sottobanco. E’ nostro dovere non nascondere agli elettori i problemi che, anche qui in Trentino, il rinnovamento della politica pone davanti ai nostri occhi.
Va ribadito con forza che in un quadro regionale la scrittura del terzo statuto di autonomia, a mezzo secolo dalla conclusione del trattato di pace che ha riconfermato il confine al Brennero, esige da parte della sinistra trentina uno sforzo di elaborazione progettuale che faccia sì che la convivenza fra trentini sudtirolesi e italiani di Bolzano nella terra di Alexander Langer non si riduca a quella di separati in casa, ma riprenda invece il principio ispiratore che fu di Luigi Battisti , custode nel dopoguerra della tradizione socialista: quello di più case sotto lo stesso tetto, dove sia scongiurata una commistione indistinta fra tedeschi italiani ladini e nuovi cittadini immigrati che neghi le tradizioni e le storie che fanno ricca e plurale la nostra variegata comunità, e si faccia invece forza di questa pluralità per essere modello di convivenza a livello europeo. E’ per altro nello spirito che ha caratterizzato l’Unione delle forze del centrosinistra autonomista e ambientalista e dell’Intesa regionale, quello della pari dignità politica delle forze aderenti, che si deve ancora ricercare la chiave per aprire, nella consigliatura che si aprirà con l’autunno del 2008, la strada dei governi locali a quelle forze (che non abbiamo paura di definire progressiste) uniche in grado di far fronte alle nuove sfide europee. Di tutto ciò deve farsi carico il partito dei DS nel proprio congresso provinciale, anche attraverso una specifica mozione che, ottenendo il più largo consenso possibile, vincoli la segreteria che uscirà eletta dal congresso per gli anni a venire. Perché, tornando alla questione iniziale, quella della personalizzazione della politica, essa non può suscitare gran scandalo se unita a spinta ideale e coerente impegno programmatico: diventa esiziale, puro e semplice personalismo, se le legittime aspirazioni personali non si coniugano ad un reale, concreto, verificato impegno per la cosa pubblica.
VINCENZO CALI' – esponente della sinistra democratica
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