lunedì 5 novembre 2007

Salvi: «il testo va cambiato ma deciderà il nostro Parlamento»

ROMA — «Certo, se si risparmiasse sui festival cinematografici e si investisse davvero sulla lotta al degrado urbano, i nostri sindaci farebbero qualcosa di positivo: alcuni lo fanno, altri danno l'allarme per sfuggire a queste responsabilità che qui a Roma abbiamo visto nella baraccopoli di Tor di Quinto». Cesare Salvi, leader della Sinistra democratica, non è tenero con il governo che accogliendo la richiesta del sindaco Walter Veltroni ha varato il decreto legge sulle espulsioni. Il presidente della commissione Giustizia del Senato non condivide alcuni punti del testo e quindi avverte: «Al Senato, non solo la sinistra ma, spero, anche radicali, socialisti e quel settore del Pd che fa riferimento ad Arturo Parisi tenteranno di modificare il decreto. Spetterà al Pd fare la scelta: se segue certe pulsioni, Veltroni si farà superare dalla destra che su propaganda e populismo vince e chiede sempre di più».

Secondo lei, dunque, ora bisogna esaminare le misure con maggior freddezza.
«Chiedo anche di verificare il rischio razzismo. Non ho apprezzato l'uscita di Veltroni che ha puntato il dito contro una nazione intera. E, in genere, non condivido queste statistiche che indicano i più pericolosi nei cittadini romeni. Le statistiche sono l'anticamera del razzismo: l'antisemitismo perbenista degli inizi del Novecento si basava sulle statistiche secondo le quali c'erano troppi ebrei a svolgere determinate attività e, poi, gli ebrei furono accomunati agli zingari nella categoria dei sottouomini. Anche ora la statistica, ammesso che sia fondata, aprirebbe la strada al pregiudizio ».

Ma lei è disposto a ragionare sulle 3 condizioni poste da Gianfranco Fini?
«A parte la questione di aumentare i fondi per le forze di polizia, che è giusta, sulle altre non c'è margine di interlocuzione: non ci può essere per l'accompagnamento coatto alla frontiera di chi si ritiene non abbia i mezzi di sostentamento per vivere in Italia. Così verrebbero aggravati i profili di un decreto che invece vanno esaminati con attenzione perché riguardano un quesito costituzionale rilevante: il Parlamento deve verificare se vengono rispettati i diritti che la Costituzione riconosce ai cittadini italiani e a quelli di altre nazionalità».

Lei davvero ritiene che il giro di vite nasconda profili di incostituzionalità?
«Fortunatamente i costituenti, venendo dall'esperienza tragica del nazifascismo, furono molto attenti: per questo è pericoloso il sentiero che porterebbe all'espulsione dal Paese solo perché non si hanno adeguati mezzi di sostentamento. E lo stesso ministro dell'Interno ha evidenziando i limiti di efficacia del meccanismo anche se poi vedo che Amato fa aperture alla destra».

Qual è l'anello debole del decreto?
«Esiste una sentenza della Consulta che ha dichiarato l'illegittimità della norma della Bossi-Fini che prevedeva l'espulsione degli extracomunitari senza adeguate garanzie giurisdizionali».

Il presidente della Romania ha bocciato con parole durissime il decreto.
«La conversione del decreto è una prerogativa del Parlamento italiano. E', invece, una prerogativa del presidente rumeno protestare se i suoi concittadini vengono etichettati tutti come delinquenti».

Non avete il timore di rimanere isolati nel fortino della sinistra buonista?
«Ho apprezzato molto l'editoriale di Sergio Romano e le cose che hanno scritto e detto Barbara Spinelli, Michele Ainis, Stefano Rodotà, Arturo Parisi e molti altri. Questo dei diritti non è un tema della sinistra buonista. Fortunatamente suscita reazioni positive anche in altri settori».

di Dino Martirano dal Corriere della Sera del 5 novembre 2007

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