«Il problema della politica è che spesso esprime posizioni prima di ascoltare i tecnici, i medici. E invece dovrebbe fare il contrario: studiare, discutere e poi prendere decisioni». Eduard Verhagen è al Meyer per il convegno dei neonatologi. Lo studioso olandese che ha realizzato la carta di Groningen, dove si illustra l'assistenza di fine vita per i neonati e in caso di certe malattie si ammette l'eutanasia, non ha l´aria da "dottor morte", come lo ha definito qualcuno. E´ un serio e un po' timido studioso che premette di non voler imporre il suo pensiero. «La Chiesa? Rispetto le sue idee ma a volte vorrei che spiegassero come arrivano a certe prese di posizione. Le occasioni di confronto che ho avuto con suoi esponenti sono saltate all´ultimo momento».
Verhagen, la cui presenza ha scatenato polemiche e pure interrogazioni al presidente del consiglio, ha tenuto la sua relazione senza mai accennare all'eutanasia. Era previsto che non lo facesse, e infatti ha illustrato come vengono trattati in vari paesi i prematuri con problemi che non danno scampo, quando vengono comunque rianimati e quando si decide di staccare le macchine. Poi, a margine il medico olandese, che ha detto di essere di religione protestante, ha risposto ad alcune domande.
Il suo arrivo a Firenze è stato preceduto da molte polemiche, che idea si è fatto?
«Partecipo ad una decina di convegni ogni anno, alcuni anche in Italia ma non mi era mai capitata una cosa del genere. Mi spiace che l´attenzione caschi su di me a scapito di questo incontro scientifico, dove è importante la discussione tra chi lavora in questo paese. Io porto le mie conoscenze e racconto quello che facciamo in Olanda ma non ho nessuna intenzione di dire agli italiani quello che devono fare. Le nostre culture sono molto diverse».
Qual è il messaggio del suo intervento?
«E´ necessario che si discuta del momento in cui si interrompono le cure. Noi medici tendiamo a parlare dei miglioramenti della tecnica, che ci permettono di curare persone per cui un tempo non c´era speranza. Nelle neonatologie si presta giustamente attenzione a come intervenire sui bambini per guarirli. Ebbene lo stesso tipo di sensibilità va adottata anche per decidere che non c´è più niente da fare, e che quindi il trattamento sanitario va limitato o addirittura interrotto. I medici devono essere in grado di spiegare alla società cosa succede in quei momenti, come mai vanno prese certe decisioni. E fare sempre tutto d´accordo con i genitori».
E perché si arriva a decidere l'eutanasia?
«Il percorso che ha portato il mio paese a legalizzare questa pratica è stato lungo. Si applica solo a bambini che soffrono tremendamente per una malattia che non dà scampo. Abbiamo creato un protocollo per fare chiarezza su come comportarsi in questi casi, sempre rispettando la volontà dei genitori. Dal 2007, poi, in Olanda non ci sono stati più casi di eutanasia su bambini perché abbiamo esteso la diagnosi prenatale».
Conosce il caso di Eluana Englaro?
«In Olanda abbiamo avuto un caso simile 25 anni fa che dimostra come due paesi possono affrontare in modo molto diverso gli stessi problemi. A quel tempo ci fu un ricorso ad un tribunale da cui arrivò la decisione che l´alimentazione artificiale è un atto medico. Dunque poteva essere sospeso perché viste le condizioni della persona non serviva a nulla. Non si tratta di omicidio, non si tratta di eutanasia. Da allora non abbiamo più avuto casi del genere. Sono contendo che in Italia si discuta di un caso come quello di Eluana e mi auguro che alla fine il risultato sia positivo per la ragazza, per la famiglia e per tutta la società italiana».
di Michele Bocci da la Repubblica del 31 ottobre 2008
Nessun commento:
Posta un commento