giovedì 14 maggio 2009

I CERVELLONI DI HARWARD I cervelloni di Harward: " Punire è inutile, lo fanno solo i perdenti "

NELLA SIMULAZIONE GUADAGNAVA PUNTI CHI COLLABORAVA CON GLI AVVERSARI.
"Il castigo non aiuta a ottenere risultati. Serve solo a ribadire una rigida gerarchia".

L'avessero detto agli aguzzini di Abu Ghraib, forse si sarebbero trattenuti un po'. Punire non serve a niente, è un comportamento da perdenti. La verità psicologica e sociologica , che prigionieri e sottoposti di tutto il mondo avevano già intuito, è ora certificata da uno studio dell'Università di Harward, condotto da Martin Nowak E pubblicato su Nature. I ricercatori hanno riunito un gruppo di volontari e li hanno vagliati con una serie di giochi di ruolo (non torture) per capire quali erano i comportamenti più efficienti in un gruppo o in una catena gerarchica.
L'esperimento chiave è stato il " Dilemma del prigioniero ", un modello già studiato in economia e sociologia.
Nella versione del gioco utilizzata nell'esperimento, i volontari avevano diverse opzioni di vincita o perdita, collegate alle mosse degli altri. Ciascun giocatore poteva decidere di " cooperare " con gli avversari (perdendo una moneta , ma facendone vincere due agli avversari), di pensare solo ai propri interessi e quindi vincere facendo perdere il suo avversario, di punire l'avversario, autotassandosi di una moneta e facendo perdere al " nemico " quattro monete.
Alla fine i cinque giocatori meglio piazzati erano quelli che avevano scelto di non punire mai. All'estremo opposto si sono piazzati quelli che avevano uato la punizione frequentemente.
Il castigo insomma NON SERVE A PROMUOVERE LA COOPERAZIONE, MA CORRISPONDE AD ALTRE ESIGENZE, COME QUELLA DI RINFORZARE UNA GERARCHIA DI COMANDO O DIFENDERE UNA PROPRIETA'.
"I vincenti non puniscono", ha sintetizzato David G. Rand, uno dei ricercatori dell'Università di Harward.
Non lo fanno perché il castigo genera una spirale di vendetta, che può avere conseguenze distruttive. "In una società competitiva come quella di oggi - conclude -, chi sceglie di punire, perde, vittima della sua stessa arma".

Studio pubblicato su "Nature"

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