La sinistra deve vivere. Un'autonoma sinistra democratica di ispirazione socialista - aperta alle nuove idee di un mondo che cambia rapidamente - serve all'Italia. Serve ad un'Italia protagonista del progetto dell'Europa, politica e sociale, unita. Dunque pienamente integrata nelle fondamentali correnti di cultura e pensiero politico che la storia ci consegna, e che sono sfidate dalle grandi questioni - della pace, della giustizia, della libertà, del lavoro, del sapere, dell'ambiente - che il futuro prossimo dell'umanità ci mette davanti.
Noi sentiamo una responsabilità, e vediamo il rischio che scelte strategiche sbagliate portino al tempo stesso ad una abdicazione della sinistra e il nostro Paese in un vicolo cieco. Si stanno assumendo decisioni che avranno effetti duraturi per tutti gli anni che verranno.
Il nostro impegno perché il Governo Prodi, sostenuto dalla maggioranza di centro sinistra, abbia successo in questa legislatura, è assoluto. Il passaggio più difficile, il voto al Senato sul rifinanziamento delle missioni militari, è stato superato brillantemente. La maggioranza c'è. L'opposizione - Forza Italia, Alleanza Nazionale, Lega, da una parte, UDC dall'altra - ha preso strade divergenti. Il blocco della "Casa delle Libertà", sotto il comando di un padre-padrone, non c'è più.
Truppe italiane in Iraq, non ce ne sono più. Questo è molto importante. Sull'Iraq avevamo visto bene dall'inizio, anche se abbiamo faticato ad imporre l'uso di quella parola: "ritiro". La parola è stata pronunciata in questi giorni anche dalla Camera e dal Senato americano, che hanno fissato la richiesta di ritiro al marzo 2008. Anche i democratici americani si sono mossi. I neoconservatori non hanno schiuso - come era nei loro sogni - un "new american century", ma hanno liberato lo spirito della guerra. Ora il mondo deve potersi aspettare che gli Usa cambino strada, finito Bush, e siano in grado di annunciare a tutta l'umanità qualche buona novella, di tornare ad aprire qualche "nuova frontiera".
La situazione economica italiana va migliorando. I conti pubblici, dopo pochi mesi, sono in ordine. Il gettito fiscale continua a crescere. C'è ora bisogno di recuperare, e rapidamente, un rapporto di fiducia con rilevanti parti dell'opinione pubblica, di sinistra e di centro sinistra, che si sono mostrate deluse da questo inizio di legislatura. E che si aspettano un'azione forte e incisiva di riforme.
In questo Paese sono esplose le diseguaglianze e le ingiustizie. Bisogna riprendere il filo del programma dell'Unione: valore del lavoro, etica delle professioni, responsabilità dell'impresa, libertà delle persone, laicità dello Stato, primato del sapere, innovazione tecnologica, sostenibilità dello sviluppo, principi morali nuovi nella politica e nell'esercizio del potere.
Ci sono enormi possibilità di fare, e la necessità di restituire senso e forza ad un progetto di governo. Lo spazio politico entro il quale il progetto può realizzarsi è quello dell'Unione. Noi abbiamo dall'inizio contestato che, per dare ordine all'Unione, debba formarsi - quale "centro di comando, timone, cabina di regia" - una neoformazione, figlia della fusione tra DS e Margherita, chiamata Partito Democratico. Che non ha corrispondenze in Europa, salvo il partito del francese Bayrou, centrista di origine gaullista.
Si sono conclusi i congressi di sezione dei DS. Manca ancora qualcosa. I dati sono quasi completi. I nostri numeri dicono: Fassino 179.812 pari al 74,6%. Mussi 37.330 pari al 15,5%. Angius 22.895 pari al 9,5%.
In termini di voti assoluti alla nostra area siamo a quelli del complesso delle mozioni di minoranza del congresso precedente. La terza mozione, che arbitrariamente la maggioranza si annette, ottiene un buon risultato. Fassino, nonostante la forte crescita dei votanti, scende sensibilmente.
I votanti sono aumentati: hanno votato molti di più di quelli che hanno discusso.
Un quarto degli iscritti risulta contrario o fortemente critico verso la formazione del Partito democratico. Sono convinto che la posizione degli iscritti abbia una corrispondenza nell'orientamento dell'elettorato. Che già nelle elezioni politiche del 2006 ha provocato un cedimento, tanto rispetto alle elezioni europee quanto alle regionali, dell'Ulivo, e un risultato dei DS vicino ai nostri minimi storici.
Il nostro partito, al quale non è mai mancato il contributo leale e appassionato della minoranza, è diventato sempre più pesante e sempre più leggero: pesante nelle funzioni di esercizio del potere (in particolare locale e amministrativo), leggero nelle funzioni di formazione della coscienza, delle idee, dell'opinione pubblica.
Parallelamente al congresso Ds si è svolto il Congresso della Margherita, 450mila iscritti dichiarati. Caratterizzato da un duro scontro interno. Non politico, si presume, visto che la mozione era unica. Dunque, che cosa sta alimentando il pubblico conflitto tra maggiorenti?
DS e Margherita: in campo c'è la pura ipotesi della loro fusione. Non dico rispetto all'Ulivo del '96, ma anche rispetto alla più recente "Federazione riformista", l'ipotesi si è dunque ristretta: per strada si è perso lo Sdi, che terrà in aprile un congresso per formalizzare il suo definitivo no al PD.
I congressi dovevano servire a sciogliere i nodi politici. Invece i nodi politici fondamentali sono più aggrovigliati di prima. L'unica piattaforma nota su cui possa aprirsi la "fase costituente" del Partito democratico, è il "Manifesto dei 12 saggi", sintomo di uno smarrimento culturale e intellettuale, piuttosto che alta sintesi dei "riformismi".
Questioni relative alla libertà delle persone e ai diritti civili, connesse al principio della laicità dello Stato, come quella del disegno di legge governativo sui DICO, vedono parti dei DS e della Margherita manifestare in piazze contrapposte. Spinosa contraddizione già per partners di una stessa coalizione, figurarsi per membri di uno stesso partito. Il Consiglio Regionale della Liguria, per esempio, grazie al voto di alcuni rappresentanti della Margherita, tra cui il segretario regionale di quel partito, ha approvato un ordine del giorno di Alleanza Nazionale che impegna formalmente la Regione a partecipare al "Family Day".
E non è che l'inizio, temo.
Del tutto irrisolta la questione della collocazione internazionale, sulla quale proprio la Margherita ha via via radicalizzato in tutte le sue componenti la contrarietà all'approdo nel PSE., che sarà formalmente votata nel loro congresso. La sfuriata di François Hollande, segretario del PSF, nell'ultimo vertice dei leaders socialisti europei, che ha chiesto conto dei sostegni venuti dal centrosinistra italiano a Bayrou, in competizione al primo turno delle presidenziali francesi con Ségolène Royal, è solo un assaggio di quel che ci aspetta.
Non esiste politica nazionale possibile senza un chiaro orizzonte internazionale. Questo è il punto. E quel che succede nel mondo - dalla minaccia terroristica alle tendenze riarmiste, dai caratteri dello sviluppo economico all'aggravamento delle diseguaglianze, dalle derive tribali e integraliste alle debolezze delle istituzioni internazionali, dall'evoluzione delle tecnologie all'impatto catastrofico sull'ambiente, dalla inedita diffusione del lavoro salariato e intellettuale ai processi della sua svalorizzazione - impone un rafforzamento delle culture critiche di riferimento, chiede una nuova visione socialista. Parla della funzione storica della sinistra sociale e politica.
Tutto parla del bisogno di sinistra, non dell'esigenza di slittamenti centristi e moderati.
Ieri Piero Fassino ci ha rivolto - e mi ha rivolto personalmente - un appello alla cogestione della costituente del partito democratico. Contemporaneamente ne conferma l'accelerazione che, lui e Rutelli, avevano già annunciato in occasione della crisi di governo: "accelerazione spettacolare". Il nuovo partito deve essere pronto entro la primavera del 2008. "Avanti tutta, non possiamo aspettare il 2008", ha detto ieri il segretario ai segretari regionali del partito. Ad Aprile, con i congressi di DS e Margherita, la partita è chiusa.
Pur senza mai nominare Angius, Fassino nella sua intervista chiude la porta anche alle richieste della terza mozione, che ha posto 3 condizioni: garanzie che la fase costituente non si concluda prima della fine del 2008; una verifica congressuale alla fine della fase costituente; la formale adesione del nuovo partito al PSE, e un referendum in caso di mancata condivisione.
Rivolgiamo piuttosto noi, prima di assumere decisioni irreversibili, un estremo appello alla maggioranza del partito. Un appello a fermarsi per pensare.
L'appello che anche Achille Occhetto ha rivolto a Fassino e Veltroni. Scrive Occhetto: "Lo faccio con una certa trepidazione, perché mi sembra di avvertire, assieme ad altri, un profondo disagio prodotto dalla sensazione che la politica italiana rischia di perdersi. Che in sostanza, fra poche settimane, con il congresso dei DS, si possa precipitare in un buco nero nelle profondità oscure del quale si rischierebbe di perdere il senso stesso delle scelte dominanti, delle stesse discriminanti che hanno caratterizzato fino ad ora il nostro modo di sentire l'impegno pubblico. In quel buco nero temo che possa sparire, prima di tutto, la sinistra".
Questo sentimento non è isolato. Riporto le parole di un osservatore come Ilvo Diamanti: "Il viale che conduce verso il partito democratico, in questa stagione, è coperto di foglie ingiallite. Secche. Come fossimo in autunno e non in primavera. Sul viale del tramonto invece che all'alba di una nuova era. Chi rammenta il tempo dell'Ulivo e delle "mitiche" primarie rischia di affogare nello spleen".
E il senso di vuoto non si riempie certo promettendo al popolo che "comunque le feste dell'Unità si faranno" (e intanto l'Unità è di nuovo in tempesta), e che la gente sarà periodicamente chiamata a scegliere i dirigenti con le primarie. Promesse che non possono bastare a soddisfare il bisogno di democrazia e partecipazione, vivo ed esigente anche durante lunghi intervalli che separano una festa da un'elezione.
Dice Fassino nell'intervista di ieri: "Vogliamo dar vita a un grande partito che rappresenti il mondo del lavoro. E sia capace di realizzare una riforma dello sviluppo - nella direzione della sostenibilità ambientale e sociale; di affrontare la crisi democratica; di riformare la politica; di promuovere partecipazione; di rinnovare le classi dirigenti; di parlare alle donne e ai giovani; di promuovere il merito ed il talento; di favorire la pace e di costruire una società solidale, multiculturale e multietnica; di affrontare i nodi dei diritti civili e dei temi eticamente sensibili".
Quello che verrà, perché quello che c'è si muove concretamente parecchio al di sotto dell'annuncio di tante cose meravigliose. Sicuramente pronte per essere afferrate, quando gli stati maggiori di DS e Margherita avranno provato a farne uno solo. Siamo di fronte a scelte politiche di fondo. Affrontate queste, si può discutere di modi e di tempi.
Escludo che si possa vivere, e sopravvivere, da separati in casa. In una logorante opera di resistenza e interdizione di un' impresa non condivisa. Il partito democratico si presenterà come un campo trincerato di fazioni personalizzate.
Si può decidere di farne parte, di fare - come si dice - "la sinistra del PD". Io non riesco a rassegnarmi all'idea che la sinistra italiana sia in futuro un grumo di correnti "riformiste" di un partito inevitabilmente più moderato e centrista, più una serie di più piccole forze "radicali" divise e frammentate. Qualcosa che non ha eguali in Europa.
Il tentativo di formazione del Partito democratico sta già provocando un terremoto. Dentro i DS, e fuori dai DS. Lo Sdi ha aperto un dialogo, fortemente centrato sui temi della laicità, che l'interventismo della Chiesa sta rendendo sempre più acuti. Dentro Rifondazione comunista è aperta una discussione non più sull'eredità del passato, ma sul socialismo e sulla sinistra del futuro.
La nostra posizione è cruciale. Se si apre la Costituente del Partito democratico, è inevitabile che si aprano altri processi a sinistra.
Tanto più ora che tutta la sinistra, in tutte le sue componenti, e per la prima volta nella storia d'Italia, condivide la stessa responsabilità di governo.
La nostra mozione parla dell'esigenza di garantire in Italia l'esistenza di una grande forza di sinistra, di ispirazione socialista. Questo è il punto della discussione. Dobbiamo prenderci l'autonomia necessaria a lavorare alla sua costituzione. Nella prospettiva di un'Alleanza democratica per il governo del Paese, non deprivata della sinistra. Della sua autonomia politica, sociale e culturale.
Un bisogno non nostro, ma dell'Italia.
Relazione di FABIO MUSSI - Roma, 29 marzo 2007