Tre articoli di Rossanda, pubblicati dal Manifesto, interrogano da giorni la sinistra che sta fuori dal Pd e il Governo di centrosinistra. Molti li hanno letti e rimuginati, ne hanno parlato.
Io vorrei affrontare solo alcuni dei temi posti, i più urgenti. Anch' io penso che i tempi siano stretti, e che non vada sprecato un attimo, ma cè un notevole disordine sotto il nostro cielo, diventa essenziale per questo mettersi d'accordo almeno nel giudicare la fase che stiamo attraversando e i dati più evidenti che la connotano.
Guardando il mondo notiamo alcuni fatti: i commentatori più "quotati", e purtroppo anche tanti leaders europei, ripropongono una lettura della globalizzazione liberista come "buona occasione per tutti", rifiutandosi di vedere quanto invece le ingiustizie sociali siano cresciute e quanto la loro crescita sia connessa alla generale insicurezza e all'ampliamento di conflitti bellici; la preoccupazione rispetto ai cambiamenti climatici non si traduce in azioni concrete che ridiscutano in radice i modelli di sviluppo,di produzione,di accesso alle risorse naturali primarie; e ancora, lo sguardo compassionevole alle migrazioni di decine di milioni di esseri umani ( in India 35 milioni proprio ieri); l'aumento notevolissimo delle spese militari per nuovi sistemi di arma;il ritorno della schiavitù nel lavoro di uomini,donne, bambini; la povertà che non diminuisce finchè non si ammette che a produrla siamo noi, i paesi ricchi e capitalisti, consumatori inarrestabili di ciò che dovrebbe essere patrimonio dell'umanità. Se lo sguardo si sposta in Italia tra due mesi
( ma forse già da un pò è così) non avremo più il soggetto politico più grande della sinistra storica, riformista, riformatrice che dir si voglia, nasce invece il partito democratico, afono nel giudicare la globalizzazione e i suoi esiti, equidistante tra i lavoratori e la confindustria, paralizzato sul valore della laicità dello Stato e sui diritti civili, incerto sui propri riferimenti sociali, che chiama i cittadini alle primarie ma prepara un assetto rigidamente spartitorio tra Ds e Margherita. Anche se qualcuno, per trovare il coraggio di entrarvi, afferma che il Pd sarebbe l'ultima delle trasformazioni della sinistra storica italiana, è assai chiaro che siamo di fronte ad un partito genericamente progressista, che punta all'autosufficenza elettorale e che vuol tenersi le mani libere nella scelta delle eventuali alleanze. Un partito democratico che tende al centro. Dunque sarebbe il caso di spazzar via per sempre l'idea ( che a volte tenta anche Bertinotti) delle due sinistre. In Italia il rischio concreto è che non vi sia alcuna sinistra, se non residuale, spezzettata, incapace di rappresentanza sociale.
A questo si aggiunge un attacco forsennato, e da più parti, alle organizzazioni sindacali e al mondo del lavoro, finalizzato a mettere in discussione qualsiasi funzione di rappresentanza sociale dei lavoratori. Se sommariamente questo fosse il quadro, sincopando un po' il ragionamento, direi che c'è bisogno di più sinistra, di una critica più efficace del capitalismo, di più socialismo ( se ci intendiamo sul termine, senza farlo naufragare nella esperienza del socialismo italiano o europeo da un lato, e dall'altro dando risposte chiare a coloro che, pagando per una vita intera l' aver dato, nel tempo giusto, un giudizio sui paesi dell'est e su quella sconfitta storica, ci chiedono conto delle nostre idee in materia di libertà, di democrazia, di partecipazione). Zapatero lo chiama il socialismo dei cittadini, altri socialismo del ventunesimo secolo, altri nuovo socialismo, ecosocialismo. La ricerca resta apertissima su questo come su altri fronti.
Dinnanzi ad una sfida che ci chiama a ricostruire una sinistra in Italia, popolare e legata alla dimensione sociale e ambientale delle contraddizioni dello sviluppo, non vedere, come dice Rossanda, lo stato assai critico dei nostri rapporti con la società è un limite serio. Nessuna delle piccole o medie forze politiche o associazioni esistenti sulla sinistra del Pd, può navigare da sola, e neppure incollando insieme pezzi e pezzetti avremmo alla fine un soggetto politico nuovo e unitario. Dobbiamo lavorare insieme ad una operazione politica che nel suo farsi ci cambi tutti. Anche noi siamo dentro la crisi della politica, siamo un pezzo di quella malattia, soffriamo di autoreferenzialità, ci muoviamo quasi solo nelle istituzioni, abbiamo le nostre piccole oligarchie, crediamo di sapere cosa pensa la società senza mai interrogarla, ci dividiamo spesso e non riusciamo, da decenni, a ritrovare una pratica politica comune.
Tutto questo mi porta a dire che abbiamo bisogno di dialogare di più e in luoghi unitari, di confrontarci sui fondamentali in sedi più larghe, di non dare per scontato nulla se non vogliamo ancora una volta deludere le aspettative che una parte non piccola del popolo della sinistra (che sta in parte dentro ma in buona parte fuori dai soggetti politici organizzati) ripone in noi. La pratica politica diventa dunque essenziale. Condivido tutte le proposte alla base della Manifestazione di Ottobre, perché è vero che questo governo mettendo al primo posto il risanamento e la "crescita" ha fortemente penalizzato la redistribuzione e la giustizia sociale.
Avanzo una sola domanda. Se è con la dimensione sociale che dobbiamo riallacciare rapporti non sarebbe meglio che su quegli stessi obiettivi si ponesse mano, tutti insieme, ad una vasta campagna di ascolto da svolgersi da metà settembre a metà ottobre in tante fabbriche, nelle scuole e nelle università, nelle piazze dei piccoli centri come nelle grandi città? Giocarsi tutto nello spazio breve di una manifestazione può sembrare suggestivo ma rischia di non darci il passo giusto.
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