lunedì 20 agosto 2007

Per SD è il tempo delle scelte

Per le modifiche alla legge 30 non siamo all'ultima battaglia, la sinistra non è a Fort Alamo ma ha il dovere di tenere aperta la questione e battersi per il rispetto del programma». Anche Alfiero Grandi, attuale sottosegretario all'economia, già dirigente della Cgil e oggi in Sinistra democratica, riconosce che per il partito di Mussi «il momento delle scelte è ormai impellente». «La modifica della legge 30 è nel programma - premette Grandi - è una legge che ha introdotto un supermercato della flessibilità che si è tradotto solo in precarietà. Ma per noi flessibilità e precarietà sono concetti ben diversi».

Eppure Angius, dirigente di Sd, ha difeso la legge 30.
Le sue parole lette fuori dalla contingenza dicono semplicemente che come Sd dobbiamo fare una scelta politica. Se siamo d'accordo bene, altrimenti ognuno andrà per conto suo.

E' una scelta tra la «costituente socialista» e il «cantiere della sinistra»?
Salvi ha ragione: Sd nasce per l'unità a sinistra. Noi non vogliamo fare un quarto partitino rosso-verde. E il Pd non potrà rapportarsi come Biancaneve con i sette nani, credo che da qui a ottobre si rafforzerà molto ed è necessario che la sinistra sia altrettanto forte e capace di motivare.

Ma è d'ostacolo il riferimento al socialismo europeo?
Secondo me no. Io sono d'accordo con Angius. Altri guardano più a Sinistra europea che, se ho capito bene, anche per Rifondazione è un punto di partenza. Noi dobbiamo impegnarci tutti insieme in Italia e possiamo spenderci in Europa come vogliamo. Sdrammatizzerei anche il rapporto con lo Sdi: su diritti civili, scuola e laicità siamo completamente d'accordo. Perché non avere un dialogo organico tra noi?

Agire insieme ma su che basi?
Su tre assi fondamentali. Uno sviluppo diverso in una globalizzazione che non può andare avanti così: un altro mondo sociale, economico e ambientale è possibile. Secondo: dare a chi lavora o vuole lavorare una forte dignità in risposta a una divaricazione sociale crescente. Anche Ciampi riconosce che la finanza si sta mangiando l'economia reale. Terzo: se il Pd si unisce partendo dal leader e il resto si vedrà, noi dobbiamo fare il contrario. Dobbiamo unificarci partendo dalla linea politica e da un'iniziativa di massa la più ampia possibile.

In cui rientra o no la manifestazione del 20 ottobre?
E' un appuntamento molto delicato. I tempi non mi sembrano felici, nel pieno della consultazione dei lavoratori e del dibattito sulla finanziaria. Credo che bisogna essere molto chiari sugli obiettivi che si porrà l'iniziativa. Intanto deve rispettare due condizioni: non può essere contro il governo o contribuirebbe ad eliminare la sinistra dalla maggioranza. Manovre neocentriste, anche se velleitarie, ci sono e non vorrei dare una mano a chi parla di alleanze di nuovo conio. E poi non può creare problemi ai sindacati. Per me deve essere un'azione a sostegno dell'iniziativa sindacale e quindi della Cgil, che ha firmato l'accordo ma chiede avanzamenti nella sua attuazione.

Cosa non ti convince dell'accordo del 23 luglio?
Contraddice il programma in almeno tre punti. Si doveva abolire il «tempo determinato» senza limite: 36 mesi di precarietà sono un periodo già abbastanza lungo e l'ufficio del lavoro non può prolungarlo all'infinito. Poi c'è l'abolizione dello staff leasing, su cui anche Damiano era d'accordo e su cui il governo ha fatto dietrofront all'ultimo minuto. Ma l'aspetto che a me preoccupa di più è la liberalizzazione degli straordinari. Indebolisce la contrattazione e aumentando le ore di chi il lavoro già ce l'ha non aiuta certo l'occupazione giovanile. E' un netto arretramento che va rivisto.

Ma visti i rapporti di forza in parlamento come ottenere ciò che chiedi senza mobilitarsi?
Non siamo all'ultima battaglia. Discutiamone serenamente. Chi parla di diktat non negoziabili contribuisce a far giudicare negativo tutto l'accordo. E così non è.

D'accordo, ma come ottenere le modifiche che chiedi?
Dobbiamo agire come con la lettera dei quattro ministri. Rispettare l'autonomia di tutti ma scegliere un asse comune e andare fino in fondo. Sarebbe terribile innescare una polemica nella maggioranza e diventare parte della discussione interna al sindacato. Mobilitarsi non mi scandalizza ma non possiamo fare due parti in commedia. Lasciamo stare il sindacato che è adulto e non ha bisogno di tutori.

Ti riferisci a Rifondazione o anche ad altri?
Anche ad altri. Per sua natura la sinistra deve essere amica del sindacato, dobbiamo aiutarlo a rafforzarsi, dare nuova speranza ai tanti che vi sono impegnati. E poi dobbiamo evitare di ricompattare un centrodestra totalmente disarticolato. Per favore, evitiamo il ritorno del «Caimano». L'alternativa a Prodi è andare a elezioni difficilissime e forse nell'impossibilità di ricomporre la coalizione. Avviamo una battaglia dura ma con questo limite in testa.

di MATTEO BARTOCCI da il Manifesto del 19 Agosto 2007

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