giovedì 2 agosto 2007

Governo, c’è davvero bisogno di una grande mobilitazione

Care amiche e amici,
Questa lettera aperta è rivolta in modo particolare a quanti, sostenendo l’Unione, hanno espresso la loro preferenza per i partiti della sinistra. Al tempo stesso è una riflessione comune che credo doverosa e che forse era giusto fare anche prima.

Leggo spesso sulle pagine dei quotidiani di riferimento di questo elettorato parole pesanti e preoccupate. Non vengono da un’opposizione preconcetta, ma vengono da chi, con lealtà, sostiene il governo di centrosinistra, lo stesso governo che gli elettori-lettori di questi giornali hanno contribuito ad eleggere nell’aprile dell’anno scorso. Sono quindi parole da considerare con attenzione. E rispettare.

La critica costruttiva è l’anima di una politica vera. Sia negli editoriali che negli articoli o nei commenti ospitati su quelle colonne si legge spesso la parola “mobilitazione”. In queste ultime settimane, poi, sembra quasi che il mantra della reazione sia una sorta di “liberazione” o “manifesto” (scusate il gioco di parole), con cui la cosiddetta sinistra cosiddetta radicale si prepari ad affrontare la ripresa del dibattito politico e dell’attività di governo.

Chiariamo subito un primo concetto. Io non credo affatto all’idea di una sinistra “radicale”. Ve lo dico come leader dell’Unione e come presidente del futuro Partito Democratico, un partito che non deve essere visto come un avversario ma al contrario come un motivo in più per una coabitazione rispettosa e serena. Ho troppa stima per le donne e gli uomini che compongono la grande area della sinistra (e che stanno giustamente lavorando affinché ci sia in questa area una forma di riunificazione moderna ed europea) per considerare come “radicale” qualcosa che invece è a mio avviso estremamente “popolare”. L’idea stessa di considerarsi i difensori della società meno fortunata è un compito nobile. Specie quando si è chiamati a farlo ricoprendo incarichi di responsabilità.

La sinistra, dopo i cinque anni di devastazione sociale ed etica alimentati dal governo delle destre, ha testardamente voluto il governo di questo Paese. Ha lavorato per questo obiettivo insieme alle altre forze dell’Unione, costruendo un Programma e un’idea diversa di Italia. Ha fatto tutto questo ben sapendo che al primo posto delle emergenze c’era il risanamento dei conti pubblici. Non senza fatica ha condiviso un Dpef e una Finanziaria che hanno prodotto risultati mirabili a fronte di una nuova richiesta di sacrifici per i cittadini. Sacrifici che, anche grazie a tutti i ministri del Governo e ai gruppi parlamentari che ne rappresentano l’elettorato in Senato e alla Camera, sono stati equi e giusti, diminuendo privilegi ed ingiustizie.

Il percorso delle riforme ci ha portati nelle scorse settimane a definire con i sindacati il Protocollo sulle pensioni e sul welfare. Non è stato un atto isolato o autoritario, ma il frutto di mesi di concertazione, una parola che non vorrei venisse sottovalutata. Il governo precedente aveva imposto, noi abbiamo scelto di condividere. E’ stato così sulle grandi opere, sui temi ambientali, sulle riforme economiche. Non poteva che essere così anche sul welfare.

Non mi stupisco quando si dice che si poteva fare di più e che a settembre è necessario lavorare ancora per fare in modo che l’equità sia massima e che si cancellino i favoritismi. Ma vorrei che a quel mese di settembre si arrivasse dopo aver analizzato con trasparenza e serietà quanto è stato fatto finora in questo ambito.

Lasciatemi sintetizzare in poche parole orgogliose quanto è stato siglato il 23 luglio, una data importante. Innanzitutto è stato evitato che, il 31 dicembre, entrasse in vigore una delle leggi più arroganti di sempre, uno “scalone” di disuguaglianze e finte responsabilità. Basterebbe questo, come il Programma firmato insieme ci stimolava a fare, per considerare un successo quell’accordo. Ma non basta: abbiamo deciso di investire sul futuro dei giovani e dei meno giovani attraverso un progetto da 35 miliardi di euro in dieci anni, garantendo assegni più alti e tutele più forti. Abbiamo allargato la platea dei lavori usuranti, abbiamo limitato le pensioni d’oro, abbiamo, in buona sostanza, fatto quelle politiche sociali che la sinistra ci chiedeva il 9 e il 10 aprile del 2006 mettendo la propria croce sul simbolo dell’Unione.

Ma non è tutto. Ferme restando le esigenze di riequilibrio dei conti pubblici, l’extragettito frutto delle politiche serie di lotta all’evasione e che proprio in queste ore è stato approvato in Parlamento ci ha permesso di alzare le pensioni minime a milioni di cittadini, far riscattare la laurea senza esborsi folli ai giovani, aumentare la lotta al precariato che già è stato limitato dalle politiche sul cuneo fiscale. Certo, si può fare di più, ci mancherebbe. Ma sfido chiunque a non definire queste scelte come “popolari”.

Abbiamo ancora molto da fare e non solo su temi fiscali ed economici. Ci sono da portare a termine le riforme istituzionali imposte dalla destra, da risolvere il conflitto di interessi, da garantire il pluralismo dell’informazione e della formazione. C’è, forte, la necessità di lavorare per le sicurezze, a partire da quelle per i lavoratori. Le Camere hanno approvato una legge che abbiamo fortemente voluto ma non basta. Non è tollerabile piangere ogni giorno vite spezzate dalla mancanza di regole e di tutele. Siamo di fronte a un’emergenza nazionale che va combattuta con provvedimenti forti e controlli severi, come abbiamo iniziato a fare: in questi mesi sono stati assunti 1411 ispettori, sospese 1760 aziende prive dei requisiti di legge in materia e altre 711 regolarizzate. E non dimentichiamo che ben 143mila lavoratori sconosciuti all’Inail, metà dei quali stranieri, sono adesso garantiti.

Anche sull’ambiente abbiamo fatto solo una parte del lavoro che ci eravamo ripromessi. E che dobbiamo intensificare assolutamente dopo la pausa di agosto. prefissati. Proprio in queste ore il ministro Pecoraro Scanio ha ricordato gli impegni programmatici su Kyoto, la Legge obiettivo, la lotta all’inquinamento, le biodiversità. Tutto il governo, tutta la maggioranza devono essere “verdi”, perché è in gioco il futuro delle nuove generazioni e lo stesso sviluppo del Paese. Abbiamo investito in un piano sull’energia di grande profilo, ci siamo attivati nelle tutele e nella ricerca. Ma sappiamo di poter dare e fare di più, perché anche in questo siamo più responsabili e motivati di chi ci ha preceduto.

Per tutte queste ragioni vorrei davvero che in autunno ci fosse quella mobilitazione di cui si parla: nelle piazze, come sui luoghi di lavoro. Portando sì le vostre istanze, l’orgoglio “popolare”, gli stimoli e naturalmente anche le critiche. Ma ricordando che questo Governo merita fiducia perché in soli 14 mesi ha rimesso a posto il debito, vede ripartire l’economia e tutelare i consumatori grazie alle liberalizzazioni, non teme i giudizi europei e internazionali, combatte la propria guerra alle guerre e si batte per la moratoria sulla pena di morte. E, appunto, sta ricostruendo un sistema di welfare che non deve essere giudicato tutti i giorni da “riformisti” o “radicali” come un qualcosa da cambiare comunque.

Se potremo migliorare ancor di più le nostre azioni sociali lo faremo, statene certi. E ascolteremo con attenzione tanto i cittadini quanto il Parlamento. Ma non dimentichiamo mai, prima di giudicare o attaccare, quello che stiamo riuscendo a fare insieme dopo tanti, troppi anni bui.

di ROMANO PRODI

Nessun commento: