giovedì 30 agosto 2007

Il pericolo non è la «Cosa rossa»

Secondo i quotidiani che si rifanno ai cosiddetti «riformisti» e a Francesco Rutelli (anzitutto La Repubblica di Ezio Mauro) e quelli che tifano, con moderazione ma grande continuità, alle larghe intese tra il Partito democratico e Forza Italia, il governo Prodi sarebbe in pericolo. Ma il pericolo, secondo i due più diffusi quotidiani del Paese, sarebbe costituita dalla «Cosa rossa» cioè dalla futura e ormai vicini Federazione della sinistra e in particolare da Rifondazione comunista e dai Comunisti italiani.
A mio avviso, si sbaglia e di grosso e vorrei spiegare sinteticamente perché. Naturalmente la mia è un’opinione personale che non impegna nessuno oltre che chi scrive.
Se guardiamo con limpidezza a quello che successe in Italia dall’aprile 2006, quando si è insediata la quindicesima legislatura e il Parlamento che ne è derivato, dobbiamo renderci conto che la maggioranza di centrosinistra, incluse le forze della sinistra cosiddetta radicale, ha lavorato sempre per l’attuazione del programma costitutivo della coalizione. Ci sono state, come ci sono anche ora, differenze di tono e sfumature sull’uno o sull’altro aspetto ma le obiezioni di fronte al cammino di Prodi in occasione della legge finanziaria, di leggi anche importanti del programma sono venuti dalla sinistra dell’Unione ma sempre dalla sua destra e particolarmente dal vicepresidente Rutelli, dall’Udeur e da altre forze minori cosiddette «moderate» del centrosinistra.
Questo si è verificato a proposito dei progetti di legge sulle coppie di fatto, come su altri temi di notevole importanza e da parte di quelle cosiddette forze «moderate» ci sono stati sempre tentativi di trovare, nelle commissioni parlamentari come in aula a Montecitorio o al Senato momenti non soltanto di dialogo ma di vero e proprio accordo con parti dell’opposizione. Non c’è qui lo spazio e la possibilità di esaminare analiticamente gli esempi a cui mi riferisco ma basta scorrere la cronaca politica di quotidiani della sinistra per confermare una simile diagnosi.
E queste forze cosiddette «moderate» hanno quasi sempre attribuito alla sinistra cosiddetta radicale le ragioni delle difficoltà del governo Prodi durante i quindici mesi trascorsi dalle ultime elezioni.
Del resto, in Senato, sono state molto di più votazioni compiute da ex senatori di centrosinistra (come il presidente della commissione Difesa De Gregorio di centrosinistra passati all’opposizione che diserzioni da parte della sinistra). E in quest’ultimo caso che riguarda Fernando Rossi e Turigliatto è avvenuto da parte di senatori rapidamente espulsi dai loro partiti. Non c’è quindi, con tutta chiarezza, un progetto da parte della sinistra cosiddetta radicale di mettere in difficoltà l’attuale governo.
Rispetto a un simile quadro, che mi sembra difficile contestare, che cosa è successo nelle ultime settimane? Direi sicuramente una cosa: che l’accordo tra il governo e i sindacati sulla riforma delle pensioni ha fortemente deluso le forze poltiche che si collocano nella sinistra dell’Unione per più di una ragione. Innanzitutto perché questo accordo, dopo la pesante finanziaria del 2006 si allontana nettamente dal programma della coalizione nella sua lettera ma soprattutto nello spirito. Quindi perché non è la prima volta che la politica economica del governo Prodi sembra più sensibile agli interessi della Banca d’Italia, della Confindustria, del potere finanziario piuttosto che delle esigenze e degli interessi delle masse lavoratrici. Infine perché i lavoratori si stanno allontanando gradualmente dal governo della maggioranza parlamentare e questo ci preoccupa molto sul futuro vicino e a medio termine del centrosinistra.
Tutto questo è oggi sul tavolo del dibattito interno. Ma da questi elementi non mi pare che si possa pensare a una rapida uscita dalla maggioranza o a provocare una crisi del governo in carica. Siamo consapevoli tutti mi pare, dei pericoli di una simile scelta.

di NICOLA TRANVAGLIA da l'Unità del 2 Agosto 2007

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