venerdì 27 aprile 2007

Primi appunti programmatici per una sinistra di governo nel Trentino

Partendo dal dato che l' emergenza prima, in Trentino, come a livello più generale, è quella del lavoro, che deve venir garantito entro gli stretti e irrinunciabili paletti dello sviluppo compatibile e della dignità e sicurezza dei lavoratori, cosa può e devono fare qui nel Trentino, la scuola , l'università, la cultura, la ricerca per dare risposta all'impellente domanda di lavoro delle giovani generazioni senza creare pericolose illusioni sulle "magnifiche sorti progressive " del Trentino?

L'investimento nella Ricerca scientifica: il permanere, anche se in forme via via più ridotte, di ingenti risorse finanziarie provinciali, deve vedere una più coraggiosa, direi quasi ardita, volontà di scelta. Tagliare i rami secchi che non hanno prodotto nella lunga sperimentazione dell'IRST, dai tempi di Stringa in poi, concentrando gli investimenti su poche linee davvero competitive in campo internazionale. Ridimensionare negli Istituti umanistici ( ex ISIG-ISR ) il filone legato alla "confessionalità" della chiesa tridentina, dando davvero spazio alle scienze religiose intese come approccio plurale, potenziare la ricerca in campo storico senza la presunzione di fare di Trento il luogo della mediazione fra mondo germanico e italico ( con la creazione delle "due regioni"Bolzano e dell'EURAC diventano il luogo naturale dell'interfaccia fra i due mondi).

L'Università di Trento: l'espansione incontrollata delle lauree triennali generaliste, che sta portando ad una pressione studentesca insopportabile per la città va decisamente frenata. L'esistenza di luoghi e laboratori di ricerca ( Fondazione Kessler, Musei, accademie, ecc.) crea le condizioni per una concorrenzialità di Trento rispetto ad altre sedi soprattutto per le lauree specialistiche e i dottorati, meno impattanti dal punto di vista della demografia studentesca, e più produttive in termini di ricaduta occupazionale a livello nazionale e internazionale, onde evitare il pericolo che l'università di Trento diventi davvero, come Livia Battisti temeva negli anni sessanta, una fabbrica di impiegati provinciali dequalificati.
Lo stesso sviluppo edilizio dell'Università, incontrollato e non armonizzato urbanisticamente con il resto della città, va ricondotto sotto controllo, ridando alla politica il ruolo fondamentale di programmazione edilizia appaltato ormai da lungo tempo agli organismi interni universitari, per loro natura irresponsabili rispetto alle scelte di compatibilità territoriale che spettano alla comunità politica nel suo insieme.

Le istituzioni culturali: il sistema museale trentino,composto in gran parte da enti funzionali provinciali che sempre più negli anni hanno finito per sottrarsi ad ogni logica di coordinamento seguendo uno sviluppo che non tiene in alcun conto le compatibilità complessive del sistema trentino, rischia di deragliare, come dimostrano la recente polemica sul ruolo della Galleria civica di Trento, le ricorrenti polemiche sul Museo degli Usi e Costumi di San Michele, o la discussione sul gigantismo o meno del MART. Di fronte te al progressivo ridursi delle risorse pubbliche, su cui si basa gran parte dell'attività culturale, impone una più stringente azione di coordinamento delle iniziative e dei progetti, che porti ad una riduzione dei fin troppo evidenti sprechi di risorse in atto. La logica, tutta di lontana matrice dorotea, di finanziamento a pioggia della miriade di associazioni vere o presunte di carattere culturale, in realtà prevalentemente ricreativo-turistiche, devono trovare la loro sede naturale di finanziamento nell'ambito che è loro proprio, lasciando più spazio per il finanziamento di iniziative culturali sperimentali in senso stretto, iniziative di cui si sente la mancanza in Trentino.

Il settore istruzione: l'appalto a livello tecnico e non politico delle competenze nel campo della scuola nasconde in realtà la volontà di sottrarre alla regia pubblica un settore strategico come quello della formazione delle nuove generazioni, settore che va ricondotto sotto responsabilità politiche: la campagna referendaria per il potenziamento della scuola pubblica deve vedere impegnato tutto il fronte autenticamente riformatore della sinistra trentina: il finanziamento alle scuole confessionali cattoliche, oltre che sottrarre preziose risorse ad una scuola pubblica sempre più in difficoltà nell'opera di integrazione dei nuovi cittadini di provenienza extracomunitaria, apre una pericolosa breccia a future rivendicazioni da parte di confessioni religiose dai connotati integralistici che finirebbero per mettere in pericolo la civile convivenza, aprendo anacronistiche guerre di religione.

VINCENZO CALI'

3 commenti:

Anonimo ha detto...

se la scelta dei rami da tagliare è quella perseguita da Salvatori e dalla Giunta provinciale Dio ci liberi delle riforme. Ma compagni vi siete mascherati per rilanciare la Giunta ?

Anonimo ha detto...

Ma è solo Calì o sono i Mussiani a pensare questo ?

Anonimo ha detto...

Non c'è dubbio che Vincenzo ha ragione sul sistema museale. La distribuzione a pioggia di risorse ha generato troppi musei del rastrello senza valorizzare realmente il territorio. La Cogo poi sembra più adatta a partecipare a cene del Rotary che a dirigere la cultura trentina. Cosa può rivendicare di aver prodotto in questa legislatura ?