venerdì 19 ottobre 2007

Giovanni Berlinguer: «E' ora di pensare ad un solo partito»

Ha la scrivania piena di ritagli di giornali. Incollati su fogli di carta, accompagnati da tanti appunti. Per esempio, l'intervista a Franco Giordano, pubblicata ieri sul nostro giornale, è sottolineata in tante parti. Ma è accompagnata anche da un punto interrogativo. Disegnato a mano, verso la fine. E con l'intervista a Giordano ci sono decine di altri ritagli. Così, quando comincia questa chiacchierata, Giovanni Berlinguer - 83 anni, un professore, uno dei più autorevoli professori di medicina sociale "prestato" alla politica, oggi eurodeputato, eletto con l'Ulivo e ora nel gruppo della Sinistra democratica - sembra avere tutto sotto mano. Se qualcosa gli sfugge, se la va a controllare fra gli appunti. Una cosa però non è scritta da nessuna parte. La sua aspirazione, il suo progetto che vorrebbe veder realizzato: un partito della sinistra. Lui lo chiama così. Certo, se insisti e gli domandi se pensa ad un partito unico, ti risponde che la parola gli fa paura. «Sa di Urss, di Breznev». Però ad un partito pensa. Le formule che si usano in questi giorni sui quotidiani - federazione, un "patto" e via così - gli sembrano tutte inadeguate. Ma sono soprattutto i tempi che gli mettono timore: «Sì, perché o si fa adesso o sono guai. E davvero la prossima generazione non ce la perdonerà». Al partito della sinistra Giovanni Berlinguer ci arriva con un lungo ragionamento. Che parte proprio da quel che è avvenuto domenica, con quei tre milioni e mezzo di persone che hanno partecipato alle primarie.

Allora, che idea ti sei fatta? Perché una partecipazione così vasta?
Le primarie, il coinvolgimento di tante persone, anche di molti giovani, per dar vita ad un partito nuovo è un fatto straordinario. Ma non è isolato.

In che senso?
Se andiamo indietro nel tempo ci accorgiamo che prima - e sto parlando di due anni - ci sono state le primarie dell'Unione, poi la battaglia, vinta, sul referendum istituzionale voluto dalla destra. Poi tante altre cose fino alle ultime vicende, il pronunciamento dei lavoratori sul protocollo e il voto per designare il segretario del piddì. Ma penso anche alle manifestazioni di Vicenza, alla straordinaria marcia per la pace di Assisi.

Tutto questo cosa ti fa dire?
Che a determinare questa spinta alla partecipazione la sinistra - tutta - ha contribuito molto. In maniera decisiva. Eppure la sinistra non ha ancora l'unità, i collegamenti, la capacità di ascolto, non ha ancora la forza per esercitare una capacità di attrazione verso nuovi soggetti. Non ha ancora il "passo" giusto, insomma, per bilanciare il partito democratico.

Breve inciso. Che aggettivo useresti per definire il partito di Veltroni?
Permettimi, ma anche nei fenomeni biologici non si può mai parlare delle prospettive di una specie nuova analizzando le uova. O le prime forme che assumono se si tratta di esseri viventi.

Giudizio sospeso, allora?
Nel piddì, lo sappiamo, ci sono moltissime idee che dobbiamo evitare di catalogare a priori. Ci sono influenze di integralismo, ci sono pezzi di liberismo sfrenato. Ma c'è voglia anche di modernità democratica. Tutte cose ancora informi. Vedremo. Certo quel percorso non mi appartiene. Ma penso che sia stato giusto, come fece la minoranza dei diesse all'ultimo congresso, augurare a chi voleva dar vita ad un nuovo partito: "buon viaggio". Io, insomma, davvero spero ancora di arrivare ad un successo parallelo. Il loro, quando magari formuleranno meglio le loro proposte, e il nostro, che puntiamo a riaggregare e rimodernare la sinistra. La sinistra unita. Sapendo che comunque bisognerà collaborare. A meno che qualcuno non pensi che il piddì possa essere autosufficiente. Sarebbe assurdo semplicemente perché non è nell'ordine delle cose esistenti.

Parliamo di sinistra, allora. Come te la immagini?
Più ampia di quella attuale.

Qualche altra definizione?
Azzardo: ricca di tradizioni ma anche priva di vincoli che attanagliano le energie.

Che intendi per "vincoli"?
Provo a spiegarmi meglio: penso che tutti i partiti della sinistra abbiano oggi il dovere di andare oltre quello che hanno acquisito nel corso di questi anni. Nell'intervista che ha dato a Sansonetti, il segretario di Rifondazione fa capire di non avere alcuna nostalgia per l'identità comunista. Del resto è quello che ha sempre sostenuto anche Bertinotti. Ecco, questo significa sottrarsi ai vincoli.

Significa non accalorarsi sulle questioni dell'identità, ho capito bene?
Come sai io provengo dalla storia comunista. Una storia che credo abbia dato un grande contributo alla politica internazionale. Penso naturalmente alla lotta contro il nazi-fascismo, all'impulso offerto alle battaglie anticoloniali. Ma penso anche che abbia avuto una grande rilevanza il fatto che le conquiste sociali in Urss - vere o false che fossero - si sono poi tradotte in un incoraggiamento all'emancipazione del lavoro. Tutto questo lo so, come vedo perfettamente i risultati globali del comunismo dove ha assunto la forma del potere. Quali catastrofi ha provocato, quali sventure.

E allora?
In sintesi. Credo che tutto questo debba essere acquisito una volta per tutte. Dopodiché occorre tornare ad indagare la realtà, quella di oggi. Che ci racconta come, nonostante tutto, ci sia una fortissima domanda di beni comuni. C'è insomma la possibilità di riprendere un'idea, un progetto per il quale le sorti di questo pianeta, le condizioni di come ci si vive, le sue risorse, a cominciare da quelle idriche e ambientali, la sua convivenza pacifica può tornare a costituire un tessuto collettivo. Che tutto questo può tornare a diventare un'idea forte che appartiene a tutti.

Prima parlavi della necessità di liberarsi dai "vincoli". Ma anche il socialismo europeo può essere considerato tale, non trovi?
Beh, facendo un paragone chiunque capisce che la storia del socialismo europeo è stata meno dirigista, il suo dibattito interno più libero. Ma non mi sottraggo e ti dico che anche qui, ci sono grandi ombre. Che riguardano il passato, ma anche l'oggi. Riguardano soprattutto la sua insufficiente capacità innovativa. Sì, una nuova sinistra deve guardare oltre. Ti ripeto: oltre tutto ciò che è stato acquisito.

E che forma dovrà avere questa nuova sinistra italiana?
So che deve essere coraggiosa, generosa. Deve essere più aperta. Le forme? Possiamo anche imparare dall'esperienza delle primarie. Non per copiarla, certo, ma per imparare qualcosa. In ogni caso dobbiamo accettare il fatto che la voglia di contare, nella sinistra, si estende molto al di là di ciò che oggi organizzano i partiti. E' una voglia di contare che sta ricomparendo, dopo un anno e mezzo di delusioni, di frustrazioni generate da questo governo. Sta ricomparendo a dispetto di quei fenomeni tanto enfatizzati dai media...

Ti riferisci a Grillo?
Io so solo che l'antipolitica è dovuta soprattutto al comportamento della politica. Sicuramente ai suoi costi, sul quale è sacrosanto intervenire. Ma non solo su quello.

Da cosa dipende allora?
Ma ti rendi conto che sono 15 anni che si discute di come cambiare le regole, che poi significa quasi solo quale legge elettorale adottare? Tema importante, certo ma che ha fatto ininfluente tutto il resto.

Che c'è in questo "resto"?
C'è il tema del lavoro, della sua rappresentanza sociale ma anche della sua rappresentanza politica. In disparte sono finiti i temi del sapere, del'informazione, dell'ambiente.

Di questo si deve occupare la sinistra?
Ovvio. Mettendoci anche un tema sul quale c'è bisogno di ricominciare una discussione approfondita.

Quale?
Il tema del governo.

Che vuoi dire?
Ancora l'intervista di Giordano. Lui dice che il governo è una variabile, non l'obiettivo della politica. Non la penso così. L'azione dei partiti è sempre stata tesa a diventare "governo". Altrimenti si hanno risultati effimeri. Certo, la storia del Pci e di tutta la sinistra racconta che si può cambiare la società anche stando all'opposizione, ma l'obiettivo deve essere quello di trasformare il paese. Utilizzando anche, e non solo, il governo.

Dimmi la verità Berlinguer: pensi che i ritardi nella costruzione della "cosa rossa" dipendano anche da differenze di impostazione, come quella che hai appena descritto?
Diversità ci sono. Nulla però che non possa essere risolto in un confronto ampio, serio. Purtroppo i ritardi credo che dipendano anche da altro. Da inerzie, da sedimentazioni. Di chi si attarda a difendere la propria identità.

Ancora: tu avresti in mente il nome di un leader per questo partito della sinistra?
Domanda strana. Ma ti rispondo: Bertinotti sarebbe la persona più appropriata. Ma sono altrettanto convinto che lui stesso pensi ad un gruppo dirigente rinnovato. Anche dal punto di vista anagrafico.

L'ultima cosa: tu hai aderito al 20 ottobre, poi a sinistra c'è stata polemica su quella manifestazione. Che ne pensi?
Dico solo che mi auguro che la manifestazione di sabato sarà grande e partecipata. Anzi, sono convinto che sarà così.

di Stefano Bocconetti da Liberazionde del 19 ottobre 2007

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