Cari compagni del comitato promotore della manifestazione del 20 ottobre, Sinistra democratica ha deciso di non aderire per le ragioni che sono state rese note. Personalmente, vista la funzione di dirigente di primo piano alla quale sono stato chiamato, ritengo di dover accettare questa decisione. So anche che molti nostri compagni e compagne parteciperanno, e auguro il miglior successo all'iniziativa. Ma il motivo per cui vi scrivo è che penso al giorno dopo, al 21 ottobre e ai giorni e alle settimane che seguiranno.
La costruzione dell'unità politica della sinistra italiana è sempre più necessaria e urgente. Vedo troppi ritardi e incertezze. Non vorrei che si riproducesse quel male antico della sinistra, per la quale è sempre stato più facile dividersi che unirsi, con il rischio a volte di considerare «nemico» proprio chi è più vicino.
La recente assemblea del comitato promotore di Sd ha proposto un percorso per la costruzione del partito della sinistra italiana. Abbiamo detto che il passaggio intermedio di un soggetto federativo può essere la strada da seguire, anche perché questa è la proposta finora avanzata dagli altri partiti della sinistra.
Ma in fondo è forse anche la strada più giusta. Vivono infatti nel paese, tra i cittadini e i lavoratori, identità politiche diverse: socialista, come la nostra e non solo la nostra; comunista; ambientalista; senza dimenticare che ci sono milioni di persone che si considerano «di sinistra», punto e basta. Per questo non mi convince chi getta il cuore oltre l'ostacolo e dice: o partito unico subito, o niente.
Ma l'unità della sinistra, per nascere vitale e vivere positivamente nelle speranze e nella volontà di cambiamento di milioni di persone, deve sciogliere al più presto tre nodi. Il primo è quello della partecipazione popolare: non condivido il percorso che si è dato il Pd, altre sono le forme di partecipazione alle quali dobbiamo lavorare, ma il nodo è ineludibile.
La seconda esigenza è che il soggetto unitario, ancorché di tipo federativo, sia in grado di agire nel paese e di prendere le decisioni politiche in modo, appunto, unitario. Nel territorio, con la formazione di comitati unitari; nelle sedi della rappresentanza, con un'unica delegazione nei governi ai vari livelli, e con gruppi parlamentari e consiliari unici.
Per fare tutto questo i gruppi dirigenti della sinistra devono assumersi le proprie responsabilità, devono essere davvero disposti a mettersi in discussione, dando a quanti vorranno concorrere a questo grande progetto, individualmente o attraverso i partiti politici di cui fanno parte o altre forme associative e di movimento, il potere di decidere davvero: sui gruppi dirigenti, ma anche e soprattutto sulle idee fondative, sul programma, sulle scelte politiche.
Infine, ma non certo da ultimo, serve un grande confronto ideale sulla democrazia e sulla società italiane. Cito due esempi non certo secondari. Il primo è l'insostenibile leggerezza con la quale, proprio in questi giorni, nella Commissione affari costituzionali della Camera dei Deputati la sinistra italiana sta concorrendo, ancora una volta, all'ennesima «riforma» della nostra Carta fondamentale: in un modo, a mio avviso, subalterno a (vecchie e sbagliate) idee altrui. E in ogni caso senza la seria e approfondita discussione, anzitutto tra i cittadini, che sarebbe necessaria: come se la Costituzione fosse nella disponibilità di ristretti ceti politici, e come se il referendum vinto lo scorso anno contro la «riforma» del centro-destra non ci fosse mai stato. Il secondo esempio è il sostanziale disinteresse dimostrato da noi dirigenti politici rispetto all'analisi e alle proposte degli studiosi di Rive Gauche al recente convegno del manifesto. Ma senza grandi e innovative idee-forza, che vadano oltre quanto possibile qui e ora, nessun grande partito della sinistra potrà nascere vitale e con ambizioni di egemonia.
Vi ringrazio per l'ospitalità e auguro a tutti noi il miglior successo nel compito impegnativo, difficile ma decisivo per l'avvenire del paese, che ci siamo dati: costruire insieme il grande partito della sinistra italiana. Oggi, e non domani.
di Cesare Salvi da il Manifesto del 17 ottobre 2007
La costruzione dell'unità politica della sinistra italiana è sempre più necessaria e urgente. Vedo troppi ritardi e incertezze. Non vorrei che si riproducesse quel male antico della sinistra, per la quale è sempre stato più facile dividersi che unirsi, con il rischio a volte di considerare «nemico» proprio chi è più vicino.
La recente assemblea del comitato promotore di Sd ha proposto un percorso per la costruzione del partito della sinistra italiana. Abbiamo detto che il passaggio intermedio di un soggetto federativo può essere la strada da seguire, anche perché questa è la proposta finora avanzata dagli altri partiti della sinistra.
Ma in fondo è forse anche la strada più giusta. Vivono infatti nel paese, tra i cittadini e i lavoratori, identità politiche diverse: socialista, come la nostra e non solo la nostra; comunista; ambientalista; senza dimenticare che ci sono milioni di persone che si considerano «di sinistra», punto e basta. Per questo non mi convince chi getta il cuore oltre l'ostacolo e dice: o partito unico subito, o niente.
Ma l'unità della sinistra, per nascere vitale e vivere positivamente nelle speranze e nella volontà di cambiamento di milioni di persone, deve sciogliere al più presto tre nodi. Il primo è quello della partecipazione popolare: non condivido il percorso che si è dato il Pd, altre sono le forme di partecipazione alle quali dobbiamo lavorare, ma il nodo è ineludibile.
La seconda esigenza è che il soggetto unitario, ancorché di tipo federativo, sia in grado di agire nel paese e di prendere le decisioni politiche in modo, appunto, unitario. Nel territorio, con la formazione di comitati unitari; nelle sedi della rappresentanza, con un'unica delegazione nei governi ai vari livelli, e con gruppi parlamentari e consiliari unici.
Per fare tutto questo i gruppi dirigenti della sinistra devono assumersi le proprie responsabilità, devono essere davvero disposti a mettersi in discussione, dando a quanti vorranno concorrere a questo grande progetto, individualmente o attraverso i partiti politici di cui fanno parte o altre forme associative e di movimento, il potere di decidere davvero: sui gruppi dirigenti, ma anche e soprattutto sulle idee fondative, sul programma, sulle scelte politiche.
Infine, ma non certo da ultimo, serve un grande confronto ideale sulla democrazia e sulla società italiane. Cito due esempi non certo secondari. Il primo è l'insostenibile leggerezza con la quale, proprio in questi giorni, nella Commissione affari costituzionali della Camera dei Deputati la sinistra italiana sta concorrendo, ancora una volta, all'ennesima «riforma» della nostra Carta fondamentale: in un modo, a mio avviso, subalterno a (vecchie e sbagliate) idee altrui. E in ogni caso senza la seria e approfondita discussione, anzitutto tra i cittadini, che sarebbe necessaria: come se la Costituzione fosse nella disponibilità di ristretti ceti politici, e come se il referendum vinto lo scorso anno contro la «riforma» del centro-destra non ci fosse mai stato. Il secondo esempio è il sostanziale disinteresse dimostrato da noi dirigenti politici rispetto all'analisi e alle proposte degli studiosi di Rive Gauche al recente convegno del manifesto. Ma senza grandi e innovative idee-forza, che vadano oltre quanto possibile qui e ora, nessun grande partito della sinistra potrà nascere vitale e con ambizioni di egemonia.
Vi ringrazio per l'ospitalità e auguro a tutti noi il miglior successo nel compito impegnativo, difficile ma decisivo per l'avvenire del paese, che ci siamo dati: costruire insieme il grande partito della sinistra italiana. Oggi, e non domani.
di Cesare Salvi da il Manifesto del 17 ottobre 2007
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