martedì 23 ottobre 2007

Sinistra ora o sinistra addio

Ora che c'è il partito democratico. Ora che è stato eletto il leader e che - sia pure non espressi né definiti da un congresso - sono evidenti impegni programmatici e cultura politica. Ora che - come ha scritto Piero Sansonetti - è evidente l'ambizione di "raggruppare intorno ad un'ipotesi centrista un'alleanza molto ampia di forze sociali, di gruppi di potere, di ceti intellettuali e politici che si pone l'obiettivo unico di governare l'Italia per molti anni garantendo il ruolo centrale dell'impresa e assicurando la centralità del mercato". Ora che tutto questo è chiaro, cosa si aspetta a costruire la sinistra? Che cosa si aspetta a costruire una forza politica nuova che metta al centro gli interessi dei lavoratori e delle classi subalterne, che si batta contro l'emarginazione prodotta dal mercato, per la laicità dello stato , per la giustizia sociale, per la solidarietà con gli “ultimi” e per la loro emancipazione, per una reale democrazia politica, sociale, economica, per la sobrietà pubblica e privata, contro il nuovo e più ambiguo potere dell'impresa? Una forza di governo, ma abbia le capacità di rappresentare fuori e dentro il governo anche gli ultimi?
Anche i politologi più ostili alla sinistra dicono che oggi questo spazio c'è, che è ampio. Qualcuno lo teme. Qualcuno lo vede comunque come un fatto positivo per chiarire il quadro politico. E proprio per questo chi vuole rimanere a sinistra convinto che di questa ci sia ancora bisogno, non può non rimanere stupito di fronte alla lentezza, i timori, i dubbi che oggi impediscono che la costruzione di una nuova forza di sinistra vada avanti con la convinzione e la speditezza necessari. E anche con quell'impegno che diventa anima, convinzione profonda, e che - se la parola non risultasse troppo grossa - definirei impegno etico.
Perché è certamente una responsabilità non da poco non far crescere la sinistra in Italia, non darle un volto e una identità riconoscibili.
Due giorni fa, sulla Stampa, Luca Ricolfi, opinionista riformista, ha scritto un articolo sulla nascita del partito democratico che vale la pena di riportare. Ricolfi ha detto che il nascente partito democratico ha operato in questi mesi una "rivoluzione di nascosto". Una rivoluzione perché "ha importato una incredibile quantità di parole d'ordine della destra" mettendo "in sordina una altrettanto incredibile quantità di parole d'ordine della sinistra". Ha importato - dice sempre l'opinionista - merito, severità, ordine e poi aumento dell'età pensionabile, meno tasse, privatizzazioni, dismissioni del patrimonio pubblico , tolleranza zero anche verso i presunti ultimi". E ha abbandonato i capisaldi della sinistra riformista tradizionale: laicità, fecondazione assistita, coppie di fatto, rafforzamento dello stato sociale, integrazione degli immigrati, questione salariale, allenaza coi sindacati. Tutto questo è stato fatto quasi di nascosto, su questioni parziali, senza dirlo esplicitamente, semplicemente cambiando di volta in volta idea.
Ecco, credo che ora, nel breve volgere di qualche mese, la "rivoluzione" non potrà più rimanere nascosta. Sarà chiara. L'identità centrista, il superamento della distinzione fra destra e sinistra, che è l'aspirazione culturale vera del partito democratico, sarà evidente nelle scelte politiche, nel rapporto con il governo, nella ricerca delle alleanze. La nuova cultura politica emergerà senza ambiguità nella preparazione del congresso costituente. E allora? Allora chi raccoglierà e darà nuova speranza e anche la possibilità concreta di cambiare le cose che non vanno, chi rappresenterà quelli che con quella cultura e con quelle scelte non sono d'accordo? Si potrà continuare ad avere un ruolo in un governo continuamente ricattato e oggi rafforzato nelle sue scelte moderate senza contare su una coesione ideale, su un'unità di intenti di "sinistra"? O non si corre il rischio, purtroppo molto concreto, di fare battaglie giuste, ma alla fine insignificanti di fronte alla montante marea centrista che chiede ordine, moderazione, mercato? Che ha intrapreso con decisione un cammino che prevede il superamento e la sconfitta della sinistra?
So bene che le forze della sinistra oggi nel governo e nella maggioranza si battono con coraggio per evitare che sullo stato sociale, sul salario, sulle pensioni, sulla precarietà passino le peggiori politiche liberalizzatrici. So bene che questa è una battaglia difficile nella quale si rischia l'isolamento, e qualche volta persino la stupida ironia e saccenteria di chi non vuole disturbi per il manovratore. So bene, inoltre, che riunificare forze, modificare identità, rinunciare ad alcune sicurezze è difficile. Ma ho anche l'impressione che ci troviamo in un momento della storia politica della sinistra in cui o si fa tutto questo o semplicemente ci si rassegna ad un ruolo residuale e si scompare.

di Ritanna Armeni da Liberazione del 21 ottobre 2007

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