Trovo che la relazione del Governatore della Banca d’Italia Mario Draghi non sia stata sufficientemente discussa nella sinistra, almeno in quella che si riferisce ad un moderno socialismo europeo. Invece essa, nella sua oggettività, che è al tempo stesso prepolitica e che stimola a scelte politiche, dovrebbe essere oggetto di una particolare riflessione proprio per chi si propone scelte riformiste rigorose.
Il punto fondamentale è che, nel nostro paese, la crescita è ripresa ma a livelli ancora inferiori a quelli europei.
Da un lato, allora, Mario Draghi ricorda che gli interessi sul debito rappresentano il 4.5% del PIL, un peso molto grave sul bilancio del nostro paese, e quindi che occorre prioritariamente “aggredire“ il debito pubblico, dall’altro il Ministro Paolo Ferrero (di Rifondazione Comunista) risponde “se salari e pensioni non crescono, come aspettarsi una crescita dei consumi?”.
Entra in campo così un altro tema di grande rilevanza per il nostro sviluppo economico. Come ha osservato Francesco Giavazzi (Corriere della Sera 4/6/2007), la spesa delle famiglie rappresenta oltre i 2/3 della domanda totale per i beni e i servizi prodotti dalle nostre imprese: se essa non cresce è difficile che la produzione si espanda. E, di fatto, così è avvenuto. Di qui un’indicazione possibile: perché non si fanno delle simulazioni sull’incremento del PIL che si potrebbe conseguire agevolando i consumi di quelle classi sociali che hanno dovuto per forza di cose reprimerli, e non si cerca di prevedere se questa crescita addizionale non potesse, alla fine, produrre altre risorse da destinare alla lotta contro il disavanzo pubblico. In altre parole, quello che si potrebbe dare a pensioni e salari provocherebbe un incremento della domanda interna e quindi del Prodotto Interno Lordo e di conseguenza anche possibilità aggiuntive di risorse per coprire il disavanzo pubblico. E’ una discussione che varrebbe la pena di fare. In secondo luogo, quando c’è una scelta di politica economica difficile, in questo caso tra le esigenze di risanamento del debito e quelle di operare una necessaria redistribuzione del reddito, questa la si può più facilmente affrontare se si riesce a dare un deciso impulso alla produttività del lavoro. Di qui il tema che Draghi ha posto, di una serie di riforme, a cominciare da quella dell’istruzione, che sono decisive per realizzare tale incremento di produttività. Un obiettivo che, in se, non è né di destra né di sinistra ma che può diventarlo a seconda dell’utilizzazione che ne verrà fatta.
Prendiamo un esempio particolarmente significativo, il discorso “all’anglosassone”, che Mario Draghi fa sulla necessità di potenziare la domanda di istruzione aiutando gli studenti meritevoli, piuttosto che proliferando le sedi (per la verità, un freno in questa direzione è stato introdotto proprio dal Ministro Fabio Mussi.) Naturalmente, l’aiuto agli studenti meritevoli e più disagiati rimanda al problema della trasparenza del reddito dei cittadini italiani, e quindi della lotta all’evasione fiscale, senza la quale meccanismi di questo genere danno degli esiti paradossali.
E’ possibile collegare il tema delle riforme a quello della redistribuzione del reddito e non considerarli come una sorta di termini in contrapposizione? Questo è il vero compito di una sinistra di governo, cioè di una sinistra che sa evitare quella contrapposizione tra sinistra riformista e sinistra alternativa che alla fine fa il gioco della destra. Infatti, anche da sinistra, si deve accettare, in tutta la sua importanza, il richiamo fatto da Mario Draghi in merito ad un livello di pressione fiscale troppo elevata, che si traduce in una punizione per i contribuenti onesti e in una penalizzazione dell’attività produttiva e dei servizi.
Ecco che allora il dibattito sulla relazione del Governatore, anche in vista del DPEF che il Governo dovrà presentare, contiene una serie di dati e di indicazioni che una sinistra riformista rigorosa deve assolutamente affrontare.
di VALDO SPINI da Il Riformista del 5 giugno 2007
Il punto fondamentale è che, nel nostro paese, la crescita è ripresa ma a livelli ancora inferiori a quelli europei.
Da un lato, allora, Mario Draghi ricorda che gli interessi sul debito rappresentano il 4.5% del PIL, un peso molto grave sul bilancio del nostro paese, e quindi che occorre prioritariamente “aggredire“ il debito pubblico, dall’altro il Ministro Paolo Ferrero (di Rifondazione Comunista) risponde “se salari e pensioni non crescono, come aspettarsi una crescita dei consumi?”.
Entra in campo così un altro tema di grande rilevanza per il nostro sviluppo economico. Come ha osservato Francesco Giavazzi (Corriere della Sera 4/6/2007), la spesa delle famiglie rappresenta oltre i 2/3 della domanda totale per i beni e i servizi prodotti dalle nostre imprese: se essa non cresce è difficile che la produzione si espanda. E, di fatto, così è avvenuto. Di qui un’indicazione possibile: perché non si fanno delle simulazioni sull’incremento del PIL che si potrebbe conseguire agevolando i consumi di quelle classi sociali che hanno dovuto per forza di cose reprimerli, e non si cerca di prevedere se questa crescita addizionale non potesse, alla fine, produrre altre risorse da destinare alla lotta contro il disavanzo pubblico. In altre parole, quello che si potrebbe dare a pensioni e salari provocherebbe un incremento della domanda interna e quindi del Prodotto Interno Lordo e di conseguenza anche possibilità aggiuntive di risorse per coprire il disavanzo pubblico. E’ una discussione che varrebbe la pena di fare. In secondo luogo, quando c’è una scelta di politica economica difficile, in questo caso tra le esigenze di risanamento del debito e quelle di operare una necessaria redistribuzione del reddito, questa la si può più facilmente affrontare se si riesce a dare un deciso impulso alla produttività del lavoro. Di qui il tema che Draghi ha posto, di una serie di riforme, a cominciare da quella dell’istruzione, che sono decisive per realizzare tale incremento di produttività. Un obiettivo che, in se, non è né di destra né di sinistra ma che può diventarlo a seconda dell’utilizzazione che ne verrà fatta.
Prendiamo un esempio particolarmente significativo, il discorso “all’anglosassone”, che Mario Draghi fa sulla necessità di potenziare la domanda di istruzione aiutando gli studenti meritevoli, piuttosto che proliferando le sedi (per la verità, un freno in questa direzione è stato introdotto proprio dal Ministro Fabio Mussi.) Naturalmente, l’aiuto agli studenti meritevoli e più disagiati rimanda al problema della trasparenza del reddito dei cittadini italiani, e quindi della lotta all’evasione fiscale, senza la quale meccanismi di questo genere danno degli esiti paradossali.
E’ possibile collegare il tema delle riforme a quello della redistribuzione del reddito e non considerarli come una sorta di termini in contrapposizione? Questo è il vero compito di una sinistra di governo, cioè di una sinistra che sa evitare quella contrapposizione tra sinistra riformista e sinistra alternativa che alla fine fa il gioco della destra. Infatti, anche da sinistra, si deve accettare, in tutta la sua importanza, il richiamo fatto da Mario Draghi in merito ad un livello di pressione fiscale troppo elevata, che si traduce in una punizione per i contribuenti onesti e in una penalizzazione dell’attività produttiva e dei servizi.
Ecco che allora il dibattito sulla relazione del Governatore, anche in vista del DPEF che il Governo dovrà presentare, contiene una serie di dati e di indicazioni che una sinistra riformista rigorosa deve assolutamente affrontare.
di VALDO SPINI da Il Riformista del 5 giugno 2007
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