Ha 83 anni e basta parlarci un minuto per capire che il problema della politica italiana non è tanto il dato anagrafico, il poco spazio dato ai giovani. Vi sono quarantenni che accanto a Giovanni Berlinguer sembrano irrimediabilmente vecchi, tanto sono intrisi di politichese. Lui, questo signore d'altri tempi, è ancora capace di indignarsi e di provare stupore. Capace di ascoltare e di combattere per le sue idee. Attento a parole come etica, moralità pubblica, giustizia sociale, partecipazione. E quando ti dice che il disprezzo dei cittadini per la politica «deriva principalmente da come si comportano i partiti, i governi, le istituzioni» capisci che la “questione morale” è la questione ancora non risolta di questo paese. «Fino a 15 anni fa c'erano 4 milioni di persone iscritte ai partiti e adesso sono meno della metà. E di questi 2 milioni, una parte sicuramente maggiore rispetto al passato è fatta di persone che vivono grazie alla politica e non per la politica. Rinnovare i partiti, i loro costumi, le loro regole interne è una necessità urgente. Altrimenti il rischio è la disaffezione».
Le elezioni amministrative da questo punto di vista sono state un campanello d'allarme. A poco più di un anno di vita, questo governo è già in affanno.
E' stata sicuramente una sconfitta, prevedibile perché si sentiva un forte malcontento tra gli elettori del centrosinistra. Bisogna comprendere le ragioni della perdita di voti, e cambiare sostanzialmente l'indirizzo del governo e il grado di unità della coalizione. Non hanno funzionato i partiti come forza di attrazione del consenso ed è stata abbandonata l'idea della centralità dell'Unione e della partecipazione unitaria al governo, il punto più rilevante della nostra politica.
L'Unione e il suo programma non sono più centrali. C'entra qualcosa il Partito democratico?
Il processo di formazione del Pd è basato su un arretramento degli obiettivi sociali, su qualche cedimento alle pressioni della Chiesa, sul disconoscimento di una rappresentanza del lavoro, infine sul tentativo di creare una forza egemone attraverso l'unificazione degli stati maggiori. Un processo che ha causato, per necessità o volontà, un'aggregazione delle forze di sinistra, un processo appena avviato e che può costituire una componente molto più importante nello schieramento politico di centrosinistra. Purché ci sia un ancoraggio preciso alle esigenze del paese, non solo di qualche categoria o interesse sia pure legittimo come quello del lavoro. Purché, ancora, si rifiuti la violenza come strumento di azione politica e purché tutte le forze della sinistra sappiano subordinare i calcoli particolari di singole sigle e singoli dirigenti al grande compito di contribuire ad un cambiamento della politica, della cultura e della moralità italiane.
Unità a sinistra. Ma come? Ti convince l'idea di una sinistra senza aggettivi?
Penso che dobbiamo fare a meno degli aggettivi. Non mi piace l'aggettivo radicale, mi piace ancor meno l'aggettivo estremista. Mi piacciono i sostantivi, e quindi le proposte concrete.
E la parola riformista, nel modo in cui oggi è declinata, ti piace?
La parola riformista è oggi appiccicata a qualunque cambiamento, comprese le leggi fatte da Berlusconi per proteggersi dalla magistratura e per i suoi interessi familiari e aziendali. Si definiscono riformiste perfino le modifiche negative sul diritto del lavoro e l'arretramento della politica scolastica. Ma le vere riforme sono quelle che cambiano profondamente la società, che allargano l'area dei diritti e rendono indispensabile l'adempimento di doveri nei confronti della collettività.
Il dissolvimento dei Ds ha inevitabilmente creato un vuoto. Riuscirà la sinistra ad occupare quello spazio?
A qualunque vuoto corrisponde sempre una forza che tende a riempirlo, ma non è detto che questa forza sia capace di farlo. E’ tutto da dimostrare, perché si tratta di impegni nuovi a cui la sinistra stessa non è totalmente preparata.
Cioè?
Serve una revisione strategica, imposta anche dal fatto che le forze della sinistra in Europa, tutte le forze della sinistra, attraversano un periodo di difficoltà. Il numero dei paesi che hanno al governo forze di sinistra e di centrosinistra si è ridotto considerevolmente, da più di due terzi a meno di un terzo.
Un dato che ci parla di una incapacità a presentarsi con una idea forte sul mercato della politica?
Se guardiamo alle esperienze degli ultimi 10-15 anni, da quando nell'Europa dei Quindici c'erano 13 governi di centrosinistra, si deve riconoscere che questi governi non hanno aperto strade sostanzialmente nuove. Il più delle volte hanno ricalcato la grande corrente del neoliberismo, correggendone alcuni aspetti deteriori. Questa corrente neoliberista era anche legittimata da un’espansione economica, dalla caduta del comunismo e dalla esigenza reale di aprire le frontiere ai commerci e alle persone. Al tempo stesso, ha creato una crescente disuguaglianza tra i paesi e all'interno dei paesi, e ha mortificato le aspirazioni più profonde dei popoli: quelle ad una libertà sostanziale e a una partecipazione democratica. Aggiungo che molti dei temi oggi all'ordine del giorno non sono stati colti tempestivamente dalla sinistra. Mi riferisco alla grande questione ambientale, che è nata fuori della sinistra e solo successivamente fatta propria, alla questione femminile ancora irrisolta, al tema della sicurezza - personale e collettiva - che non può essere scisso dal tema della libertà.
Sicurezza: a sinistra questa parola provoca sempre qualche prurito.
Ed è un prurito sbagliato. Ho sempre pensato che attribuire la libertà alla sinistra e la sicurezza alla destra sia un pessimo commercio di idee. Non c'è dubbio che l'uso della sicurezza come arma politica o come incitamento alla discriminazione, all'intolleranza, alla xenofobia, deve essere respinta; al tempo stesso, però, le leggi, il comportamento, l'azione politica e amministrativa devono considerare gli interessi di tutti. Non si può lasciare questa bandiera alle forze più retrive ed oscure che stanno crescendo in Europa e in Italia. E poi sicurezza non è soltanto quella di uscire di casa senza essere oggetto di aggressioni, ma è anche la sicurezza del lavoro e sul lavoro; è la sicurezza alimentare per chi ha fame; è la sicurezza delle frontiere e dell'autonomia di ogni singolo paese. E' sicurezza del sapere, cioè possibilità di avere accesso alla conoscenza, all'informazione, all'istruzione.
Cantiere, confederazione, i socialisti che lavorano alla loro costituente. I confini della sinistra del domani sono ancora confusi...
Non sono uno specialista di sigle; penso che l'unità si fa con chi la persegue, non con chi vuole escludere qualcuno.
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