giovedì 7 giugno 2007

Mussi: sinistra e identità

Tutti lo cercano, tutti lo vogliono. Ha dichiarato che non morirà demo-cratico e se n'è andato (pare) con un quarto dei Ds, riaccendendo i desideri più selvaggi di tutti quelli che sognano un grande partito orgogliosamente "di sinistra". Se è vero che la sinistra Ds vale il 4 per cento dei voti, sommati al 6 di Rc, al 2-3 di Comunisti italiani e Verdi e magari a qualche socialista, stiamo parlando di un partito che vale almeno il 15 per cento dei voti in Italia. Sicuramente il terzo partito dopo Forza Italia e il Pd. Ma gli ottimisti non escludono che sarà il secondo.

Partiamo dai contenuti. Nel suo commiato ai Ds non aveva risparmiato l'ironia: «Quando qualcuno ti chiede: "chi siete?", non basta rispondere: "siamo tanti". I partiti sono soggetti identitari, non solo programmatici».
"Identità" è forse la parola più abusata, e la meno approfondita, di questi tempi. Lei ha giustamente ironizzato anche su riferimento al "sofferto rapporto tra illuminismo e cristianesimo" citato nel manifesto del Pd. E comunque, al di là del fatto che uno si senta più illuminista (come Scalfari) o più cristiano (come Rutelli) si fa sempre riferimento a identità "culturali". Mai a identità "umane". Nel suo manifesto del "Socialismo per il futuro", invece, c'è una frase che dice: «la civiltà umana è una». Un riferimento preciso ad una identità "umana" universale?

C'era uno dei canti del movimento operaio delle origini che diceva: «nostra patria è il mondo intero, nostra legge è l'umanità». Oggi si tende a dare la massima potenza identitaria a stati intermedi che si chiamano: etnia, nazione, religione. E naturalmente è una forma di ricerca identitaria che ha come corollario la guerra. Noi abbiamo deciso di partire dall'universale: l'idea di appartenere allo stesse genere, quello umano. È un'idea di recentissima formazione. La consapevolezza, nella storia, di far parte di una stessa umanità è molto giovane. Fino a tutto il ‘600 si è discusso se gli indios avessero o no un anima. Si è discusso a lungo se le donne non fossero una sottospecie. Ancora nel ‘900 si sono elaborate teorie di una stratificazione umana che ci dividevano in uomini e sottouomini.

E a chi dobbiamo questo "salto" culturale?
Il fatto che ci sia una sola umanità è una idea recente e rara, che si è formata in due ambiti: in quello scientifico e in ambito politico. Nell'ambito scientifico lo hanno scoperto gli antropologi e gli psichiatri, poi confermati dai genetisti che hanno dimostrato che abbiamo tutti lo stesso patrimonio genetico. In politica invece, chi partiva dall'idea di un'unica umanità era il pensiero socialista e comunista.

Ma scusi e i liberali, e la Dichiarazione d'indipendenza americana, "tutti gli uomini sono stati creati uguali"?
Neanche la scuola liberale. Perché i liberali dell'origine accettavano bellamente la schiavitù. Non facevano una piega di fronte all'esistenza degli schiavi. Gli uomini erano uguali davanti a dio sì... ma in terra...

Perché partire da questa idea è così importante?
Le identità non sono statiche, ovviamente poi si articolano. Ma si possono articolare in una rete democratica solo se resiste l'idea di un'umanità "una". Se cede questa, l'articolazione è bellica non democratica.

Farete il pantheon anche a sinistra? Lei chi ci metterebbe: Ingrao, Lombardi, Amendola?
Abbiamo bisogno di tutti coloro che credono nel futuro e quindi di tante schiere di "compagni disarmati" (citando Ingrao, ndr). Disarmati nel senso della non-violenza, che si oppongano a sopraffazione e prepotenza, ma armati di idee, progetti e valori. In questo contesto ci stanno bene tutti, anche le idee geniali di Lombardi. L'importante è che nessuno resti nelle proprie caselle di appartenenza.

Non crede all'identità di appartenenza?
Oggi non funziona più "appartenere a". Siamo tutti in mare aperto e dobbiamo costruire una nuova identità. Prendiamo il comunismo: non c'è dubbio che con il crollo del muro di Berlino, politicamente il comunismo non c'è più. Se però si parla di quella grande cultura dell'800 e ‘900 segnata da Carl Marx, allora delle idee comuniste restano molte tracce storiche e ideali. Dobbiamo smontare le macchine ideologiche, ribaltare i luoghi comuni. Per me oggi "non possiamo non dirci socialisti".

Marx serve ancora allora.
Certamente. Non le dittature che furono realizzate "sul" proletariato, e per fortuna sconfitte. Ma le idee di liberazione, emancipazione, libertà e uguaglianza. Idee che sono attualissime, anche culturalmente, nell'epoca moderna. Pertanto la sfida è quella di costruire il nuovo, giorno per giorno, è la direzione del socialismo libertario democratico e... "radicale".

Un appello a Pannella?
Non mi riferisco a nessuno in particolare. Io poi credo che "radicale" è un aggettivo che va bene solo se dentro il socialismo.

Nella stessa relazione al congresso ha detto: «La precarietà non è figlia della tecnica, ma di un ritorno di condizioni servili nella società contemporanea». Le condizioni servili, ovvero lo "sfruttamento", sono connaturati a questo sistema di produzione. La tensione per superarlo (seppure nei tempi lunghi) deve rimanere un'ambizione del socialismo del futuro, così come lo era nel riformismo socialdemocratico classico?
Sì, il sistema produce sfruttamento. Ormai lo sfruttamento del lavoro giovanile precario è diventato una cosa pazzesca. I giovani hanno lavoro instabile, salari minimi, e protezioni sociali (maternità, pensione, malattia) minime, le protezioni sociali che la classe operaia aveva conquistato con dure lotte nei decenni passati. Naturalmente questo non è un problema nazionale ma globale. È una tendenza che ha preso corpo negli ultimi 25 anni, con l'accelerazione della globalizzazione. Uno degli aspetti della globalizzazione è la pressione che svalorizza progressivamente il lavoro: quello cinese , quello indiano ma anche quello americano, francese e italiano. Soprattutto nei giovani. Ora, non è che propongo la rivoluzione per abbattere il capitalismo, ma propongo una lotta per "restituire valore al lavoro". È una frase che ha un significato etico-politico e un significato economico-finanziario. Vuol dire rimettere in valore il lavoro in tutte le sue forme e, soprattutto, pagarlo di più.

Quindi il capitalismo non va abbattuto ma "superato", cambiato?
Questo capitalismo è incompatibile con il pianeta Terra, come nel ‘900 era incompatibile con il lavoro. È con questo capitalismo che dobbiamo fare i conti. Proponendo un nuovo modello di società che rifiuti il binomio merce-dio.

Lei ha detto: «Non voglio un altro piccolo partito. Ma un progetto volto a riunificare forze». Lo dicono tutti. Ma come si fa veramente? Con la Federazione di Diliberto?
No, non dobbiamo congelare le cose come stanno per federarle. Io propongo che tutti si mettano in cammino. Alla ricerca di una piattaforma ideale, culturale, programmatica. E per programmatica intendo di programma di governo, innovativo. Dobbiamo lanciare un movimento politico autonomo, socialista, che abbia come punto nodale la riunificazione di tutta la sinistra italiana che non si riconosce nel Pd. Questo movimento autonomo e socialista non può non avere però una cultura di governo, per cui deve saper legare le esigenze del Paese alla produzione di atti di governo. La nascita del Pd ha determinato un terremoto politico e noi oggi abbiamo il dovere di costruire il nuovo dalle macerie del terremoto, senza essere abbarbicati nelle rispettive trincee.

Ma come si fa nella pratica? Con una costituente?
Bisogna aprire un rapporto multipolare che muove dai contenuti. Ma mettendosi in marcia per costruire qualcosa di nuovo. Se la sinistra diventa una rete di correnti dentro il Pd, e una rete di partiti piccoli e piccolissimi, ancorché federati, la sinistra perderà progressivamente peso, ruolo e funzione. Questo è ciò che chiedo a tutti, alla sinistra organizzata politicamente in Italia, quella socialista, comunista e ambientalista, ma anche alla vasta sinistra che oggi non si sente rappresentata. Nel lavoro, nelle professioni, nella cultura. Quella fatta da chi non ci si riconosceva più. In questi giorni sto ricevendo moltissimi messaggi di persone che mi dicono: sono di sinistra ma non ci credevo più, avevo mollato, mi ero messo da parte. Io credo che se si parte con una ambizione "alta" si può realizzare qualcosa di nuovo.

Ma come? E, soprattutto, quando? Partito e programma unico alle Europee del 2009?
Le Europee con un progetto comune è un buon appuntamento.

Lo sa com'è l'Italia: non c'è il nuovo soggetto ma è già partito il toto-leader. L'ultimo nome che circola è quello del segretario della Cgil Epifani.
Innanzitutto bisognerebbe chiederlo, per una questione formale e sostanziale, ad Epifani. È indubbio però che il segretario della Cgil abbia fatto un intervento molto forte e apprezzabile, sul lavoro e sulla sua rappresentanza, al congresso del Pd.

Esiste davvero un asse Cgil-Sd? Si parla del 60 per cento della Cgil al vostro fianco.
La Cgil è un grande sindacato, e ha una storia fortemente riformista. Per ora abbiamo solo adesioni di singoli dirigenti.

di LUCA BONACCORSI e CARLO PATRIGNANI da Left del 07 giugno 2007

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