Scampato pericolo. Il voto del Senato sull’ordinamento giudiziario consente innanzitutto di dire (se anche la Camera dei Deputati, come appare probabile, lo confermerà) che è cancellata la riforma pensata dal ministro Castelli. Se fosse entrata in vigore sarebbe stato un disastro: giudici conformisti, trasformati in piccoli burocrati, spinti a non accollarsi mai responsabilità scomode, perennemente impegnati in esami e concorsi, con la conseguenza di un ulteriore, pesante aggravamento (incredibile ma vero!) dei tempi già vergognosamente lunghi della giustizia.
La riforma Mastella approvata dal Senato presenta tutta una serie di difetti ed incongruenze, ma non è un siluro sotto la linea di galleggiamento dell’indipendenza ed efficienza dell’ordine giudiziario come l’altra. La revoca dello sciopero che l’Associazione Nazionale Magistrati aveva proclamato per il prossimo 20 luglio, è un gesto - allora - che vuole esprimere varie indicazioni: principalmente disponibilità (indirizzata anche all’opinione pubblica) a superare gli steccati corporativi; riconoscimento che vi è stata una decisiva “riduzione del danno” temuto; disponibilità a ricercare nuove soluzioni (e speranza di riuscirvi) capaci di attenuare o cancellare le ombre che ancora persistono. A partire dal fatto che per partecipare al concorso di assunzione in magistratura non basta più la laurea. Ci vogliono altri titoli, e alcuni anni per acquisirli. Per cui soltanto chi proviene da famiglie ricche potrà reggere il peso di un’attesa così lunga, e l’estrazione sociale pluralista che ha modificato in positivo la magistratura italiana negli ultimi decenni sarà un ricordo del passato.
Stupisce che l’attuale maggioranza politica (di orientamento che dovrebbe essere progressista) non se ne sia accorta. Se ciò è accaduto, forse dipende dal fatto che troppa parte di essa non ha ancora un’idea chiara dei problemi della giustizia e delle possibili soluzioni. La timidezza dimostrata in ordine alla (mancata) cancellazione delle cosiddette leggi vergogna è sintomatica. Com’è sintomatico che poco o nulla sia stato fatto, nel primo anno della nuova legislatura, per migliorare il livello di efficienza del sistema giustizia. Non basta essere diversi dalla senatrice Bonfrisco, che urlando a piena voce nell’aula del Senato «assassino e criminale» all’indirizzo dell’onesto e irreprensibile Gerardo D’Ambrosio sfoga un rancoroso livore contro il controllo di legalità che la Costituzione assegna all’ordine giudiziario. Ci vogliono anche azioni positive a sostegno del sistema giustizia. Se non arrivano, può sorgere il sospetto che l’insofferenza verso i controlli stia contagiando anche settori politiche che dovrebbero esserne immuni. E non sarebbe una buona notizia.
di GIAN CARLO CASELLI da l' Unità del 16 luglio 2007
La riforma Mastella approvata dal Senato presenta tutta una serie di difetti ed incongruenze, ma non è un siluro sotto la linea di galleggiamento dell’indipendenza ed efficienza dell’ordine giudiziario come l’altra. La revoca dello sciopero che l’Associazione Nazionale Magistrati aveva proclamato per il prossimo 20 luglio, è un gesto - allora - che vuole esprimere varie indicazioni: principalmente disponibilità (indirizzata anche all’opinione pubblica) a superare gli steccati corporativi; riconoscimento che vi è stata una decisiva “riduzione del danno” temuto; disponibilità a ricercare nuove soluzioni (e speranza di riuscirvi) capaci di attenuare o cancellare le ombre che ancora persistono. A partire dal fatto che per partecipare al concorso di assunzione in magistratura non basta più la laurea. Ci vogliono altri titoli, e alcuni anni per acquisirli. Per cui soltanto chi proviene da famiglie ricche potrà reggere il peso di un’attesa così lunga, e l’estrazione sociale pluralista che ha modificato in positivo la magistratura italiana negli ultimi decenni sarà un ricordo del passato.
Stupisce che l’attuale maggioranza politica (di orientamento che dovrebbe essere progressista) non se ne sia accorta. Se ciò è accaduto, forse dipende dal fatto che troppa parte di essa non ha ancora un’idea chiara dei problemi della giustizia e delle possibili soluzioni. La timidezza dimostrata in ordine alla (mancata) cancellazione delle cosiddette leggi vergogna è sintomatica. Com’è sintomatico che poco o nulla sia stato fatto, nel primo anno della nuova legislatura, per migliorare il livello di efficienza del sistema giustizia. Non basta essere diversi dalla senatrice Bonfrisco, che urlando a piena voce nell’aula del Senato «assassino e criminale» all’indirizzo dell’onesto e irreprensibile Gerardo D’Ambrosio sfoga un rancoroso livore contro il controllo di legalità che la Costituzione assegna all’ordine giudiziario. Ci vogliono anche azioni positive a sostegno del sistema giustizia. Se non arrivano, può sorgere il sospetto che l’insofferenza verso i controlli stia contagiando anche settori politiche che dovrebbero esserne immuni. E non sarebbe una buona notizia.
di GIAN CARLO CASELLI da l' Unità del 16 luglio 2007
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