giovedì 26 luglio 2007

Indegne le accuse a Forleo: il Gip milanese segue un percorso trasparente rigoroso e garantista

C'è solo l'imbarazzo della scelta nel fare l'elenco dei problemi antichi e attuali che attanagliano il paese e che ricadono sempre e solo sui ceti più deboli: le infrastrutture obsolete - quelle primarie per muoversi e vivere - l'acqua, l'aria irrespirabile delle città, l'evanescente attenzione verso il patrimonio artistico e culturale tra i più grandi e importanti al mondo, l'ambiente naturale deturpato in continuaziuone e infine - ma non ultimo - il tema centrale del lavoro, di quello dipendente e autonomo ma soprattutto del non-lavoro precario. I problemi materiali della vita quotidiana dei cittadini, in particolare di quelli più poveri e socialmente emarginati, non interessano alla politica dei palazzi del potere che preferisce creare e alimentare beghe da cortile per occupare spazi di visibilità, deteriore, che il sistema dell'informazione gli concede. Tutto ciò non fa altro che alimentare il disgusto per la politica e quindi l'indifferenza e quindi il qualunquismo. E tutto ciò prima o poi si paga, salato.
Per questi motivi trovo "incredibile" la vicenda del giudice Clementina Forleo fatta oggetto delle peggiori scostumatezze politico-istituzionali quando invece tutti i cittadini, i risparmiatori, i piccoli azionisti e i dipendenti delle imprese coinvolte hanno il diritto/dovere di conoscere tutta la verità sulle vicende relative alle scandalose recenti scalate finanziarie che hanno prodotto soltanto guasti, e figuracce anche a livello internazionale.
Posso testimoniare che negli anni 1992, 1993, 1994 e seguenti, prima da libero e poi da detenuto, ho assistito ad una ininterrotta quotidiana falcidia di singole persone e gruppi di persone sulla base di un semplice avviso di garanzia quasi sempre anticipato dai mezzi di comunicazione: tutti immediatamente messi alla gogna ed emarginati socialmente, molti perdendo subito il posto di lavoro, talvolta la salute e addirittura la vita.
E tutto ciò ben prima di un regolare processo che ne accertasse la colpevolezza e, tranne poche isolate voci dissonanti, nel totale silenzio e nella sospetta acquiescenza di gran parte, se non di tutta, la politica dei palazzi romani da parte di personaggi politici di allora che oggi ricoprono importanti incarichi politici e di governo.
Ora che un giudice come la Forleo con rigore segue un percorso trasparente, garantista e corretto, con l'attuale procura di Milano che è sulla stessa linea di rigore e correttezza, in più con una competenza, autorevolezza e professionalità indiscusse, si assiste da parte della politica dei soliti palazzi a scomposti attacchi, strali anche personali, pesanti denigrazioni e indebite ingerenze nel tentativo di bloccare ciò che tutti i cittadini hanno il diritto/dovere di sapere e cioè come si sono svolti realmente i fatti e su quali appoggi politici autorevoli hanno potuto contare i personaggi coinvolti nel grande scandalo delle recenti scalate finaziarie.
Non ha certamente il giudice Forleo bisogno della mia difesa d'ufficio, ma ciò che mi interessa rimarcare che tali comportamenti non fanno che allontanare sempre di più i cittadini da una partecipazione attiva alla vita politica e ne incrementano l'indifferenza e la distanza, perchè è sentire comune che la legge non deve avere riguardi privilegiati di alcun tipo verso alcuni ma deve essere davvero uguale per tutti: ieri, oggi, domani.
Con amarezza devo prendere atto che dalle indagini su tangentopoli ad oggi si sono susseguiti annualmente scandali sempre più grandi (per importi, per il numero enorme di risparmiatori colpiti e per i dipendenti espulsi dal lavoro) praticamente senza soluzione di continuità, nonostante sulla carta siano state introdotte norme che dovrebbero garantire più trasparenza, più tracciabilità e più informazione. Non è solo un problema giudiziario o normativo, è soprattutto un problema fondamentale di cultura politica. E ancora più incredibile, quindi, che la politica dei palazzi si indigni, inveisca, distorca messaggi e vada ben oltre il senso della misura, senza aver preso atto, culturalmente e politicamente, di cosa sia davvero avvenuto e di quale gravità in questi anni nella commistione tra affari e politica. Poco o nulla è cambiato nella realtà, per non voler di fatto cambiare niente.

di SERGIO CUSANI da Liberazione del 26 luglio 2007

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