Venerdì al Senato il governo ha rischiato di cadere non sulle pensioni, sull'Afghanistan o su qualche altra questione determinante, ma su emendamenti alla riforma dell'ordinamento giudiziario di cui gli stessi proponenti riconoscevano la secondaria importanza. Non c'è immagine più eloquente della precarietà estrema raggiunta dai rapporti all'interno della maggioranza.
A minacciare la crisi non erano i feroci massimalisti di sinistra denunciati quotidianamente dalla stampa. Al contrario, il Prc e l'intera sinistra d'alternativa hanno mantenuto salda la barra, ispirandosi ai soli criteri che in situazioni simili dovrebbero essere validi: attenersi al merito e mostrare il giusto tasso di elasticità e ragionevolezza, nella ricerca pacata di un risultato finale complessivamente soddisfacente.
A minacciare sfracelli erano invece, e non certo per la prima volta, alcuni di quei "moderati" che sin dall'inizio della legislatura non perdono occasione per cercare di sfasciare tutto e poi si nascondono, con la complicità un po' bieca dei commentatori, dietro l'alibi della "sinistra irragionevole, priva di senso di responsabilità". Il capovolgimento della realtà non potrebbe essere più totale.
Sin qui nulla di nuovo. Da mesi denunciamo gli effetti devastanti che le beghe interne al Partito democratico, in termini sia di strategie politiche che di lotte di potere, esercitano sulla tenuta del governo e sulla solidità della coalizione. Ma nelle ultime settimane la situazione appare drasticamente peggiorata. L'obiettivo non è più il modificare in senso moderato gli equilibri interni al centrosinistra. E', senza più mezze misure, far saltare definitivamente quegli equilibri.
Lamberto Dini denuncia il programma dell'Unione e minaccia il governo di morte ove osasse rispettarlo. Francesco Rutelli getta tra i piedi dell'esecutivo un programma che suona come certificato di morte per la coalizione. Walter Veltroni sfrutta l'onda plebiscitaria per disegnare una riforma istituzionale che non dispiacerebbe a Berlusconi ed esprime apprezzamento per il documento dinamitardo di Rutelli. Ogni volta che l'accordo sulle pensioni si avvicina, questo o quel ministro moderato si mette di mezzo riportando tutto in alto mare. Ogni volta che al Senato la maggioranza corre qualche rischio spuntano mazzetti di senatori, solitamente dell'Ulivo, pronti a dare una spintarella verso il precipizio.
La manovra non è stata portata a termine perché mancano ancora alcuni elementi necessari per garantire che non si traduca, per i moderati dell'Unione, in un suicidio collettivo. Ma di questo passo, senza un colpo di reni del governo e del presidente del consiglio, inevitabilmente il colpo di mano riuscirà, e più prima che poi.
Ai troppi che, con freddo cinismo, agitano lo spauracchio del '98 bisognerebbe replicare che forse si profila davvero, di nuovo, l'alternativa tra svolta e rottura, ma sul fronte destro della coalizione, non su quello di sinistra. Senza un colpo d'ala da parte del governo, sarà la destra dell'Unione e del Pd a provocare la rottura. I preparativi sono in corso, alla luce del sole.
La svolta, però, è possibile. Sarebbe anzi a portata di mano. Basterebbe partire dal rispetto del programma dell'Unione, non solo nella sua lettera ma anche e soprattutto nella sua ispirazione di fondo, muovendo cioè in una direzione che renda la vita del popolo italiano più facile e meno dura. Questo è lo spirito del programma dell'Unione. Questo i cittadini capirebbero al volo e apprezzerebbero. Questo, in ultima analisi, il Prc chiede nella vertenza sull'età pensionabile. L'ideologia e il conservatorismo di cui veniamo accusati esistono solo nelle argomentazioni capziose di chi parla di riformismo per non riformare nulla.
Bisognerebbe poi prendere sul serio le parole di Veltroni nel solo passaggio pienamente condivisibile del suo discorso al Lingotto, non a caso il più apprezzato dagli ascoltatori: quello che s'impegnava a fare della lotta al precariato la prima linea del suo programma. Non certo inventando assurde contrapposizioni tra giovani e vecchi o tra operai e precari, ma mettendo mano da subito a leggi concrete: riforma radicale del contratto a termine, salario sociale per i giovani in cerca di prima occupazione o disoccupati, individuazione di piene garanzie anche per il lavoro a tempo determinato.
E' questa la frontiera del welfare moderno. E' la ragion d'essere dell'Unione e l'anima del suo programma, perfettamente omogenea alla richiesta di abolire l'iniquo scalone.
E' anche la sola politica che permetterà al governo, se avrà il coraggio di imboccarla con decisione, di evitare le trappole mortali che gli si stanno tendendo intorno.
di GIOVANNI RUSSO SPENA da Liberazione del 15 luglio 2007
A minacciare la crisi non erano i feroci massimalisti di sinistra denunciati quotidianamente dalla stampa. Al contrario, il Prc e l'intera sinistra d'alternativa hanno mantenuto salda la barra, ispirandosi ai soli criteri che in situazioni simili dovrebbero essere validi: attenersi al merito e mostrare il giusto tasso di elasticità e ragionevolezza, nella ricerca pacata di un risultato finale complessivamente soddisfacente.
A minacciare sfracelli erano invece, e non certo per la prima volta, alcuni di quei "moderati" che sin dall'inizio della legislatura non perdono occasione per cercare di sfasciare tutto e poi si nascondono, con la complicità un po' bieca dei commentatori, dietro l'alibi della "sinistra irragionevole, priva di senso di responsabilità". Il capovolgimento della realtà non potrebbe essere più totale.
Sin qui nulla di nuovo. Da mesi denunciamo gli effetti devastanti che le beghe interne al Partito democratico, in termini sia di strategie politiche che di lotte di potere, esercitano sulla tenuta del governo e sulla solidità della coalizione. Ma nelle ultime settimane la situazione appare drasticamente peggiorata. L'obiettivo non è più il modificare in senso moderato gli equilibri interni al centrosinistra. E', senza più mezze misure, far saltare definitivamente quegli equilibri.
Lamberto Dini denuncia il programma dell'Unione e minaccia il governo di morte ove osasse rispettarlo. Francesco Rutelli getta tra i piedi dell'esecutivo un programma che suona come certificato di morte per la coalizione. Walter Veltroni sfrutta l'onda plebiscitaria per disegnare una riforma istituzionale che non dispiacerebbe a Berlusconi ed esprime apprezzamento per il documento dinamitardo di Rutelli. Ogni volta che l'accordo sulle pensioni si avvicina, questo o quel ministro moderato si mette di mezzo riportando tutto in alto mare. Ogni volta che al Senato la maggioranza corre qualche rischio spuntano mazzetti di senatori, solitamente dell'Ulivo, pronti a dare una spintarella verso il precipizio.
La manovra non è stata portata a termine perché mancano ancora alcuni elementi necessari per garantire che non si traduca, per i moderati dell'Unione, in un suicidio collettivo. Ma di questo passo, senza un colpo di reni del governo e del presidente del consiglio, inevitabilmente il colpo di mano riuscirà, e più prima che poi.
Ai troppi che, con freddo cinismo, agitano lo spauracchio del '98 bisognerebbe replicare che forse si profila davvero, di nuovo, l'alternativa tra svolta e rottura, ma sul fronte destro della coalizione, non su quello di sinistra. Senza un colpo d'ala da parte del governo, sarà la destra dell'Unione e del Pd a provocare la rottura. I preparativi sono in corso, alla luce del sole.
La svolta, però, è possibile. Sarebbe anzi a portata di mano. Basterebbe partire dal rispetto del programma dell'Unione, non solo nella sua lettera ma anche e soprattutto nella sua ispirazione di fondo, muovendo cioè in una direzione che renda la vita del popolo italiano più facile e meno dura. Questo è lo spirito del programma dell'Unione. Questo i cittadini capirebbero al volo e apprezzerebbero. Questo, in ultima analisi, il Prc chiede nella vertenza sull'età pensionabile. L'ideologia e il conservatorismo di cui veniamo accusati esistono solo nelle argomentazioni capziose di chi parla di riformismo per non riformare nulla.
Bisognerebbe poi prendere sul serio le parole di Veltroni nel solo passaggio pienamente condivisibile del suo discorso al Lingotto, non a caso il più apprezzato dagli ascoltatori: quello che s'impegnava a fare della lotta al precariato la prima linea del suo programma. Non certo inventando assurde contrapposizioni tra giovani e vecchi o tra operai e precari, ma mettendo mano da subito a leggi concrete: riforma radicale del contratto a termine, salario sociale per i giovani in cerca di prima occupazione o disoccupati, individuazione di piene garanzie anche per il lavoro a tempo determinato.
E' questa la frontiera del welfare moderno. E' la ragion d'essere dell'Unione e l'anima del suo programma, perfettamente omogenea alla richiesta di abolire l'iniquo scalone.
E' anche la sola politica che permetterà al governo, se avrà il coraggio di imboccarla con decisione, di evitare le trappole mortali che gli si stanno tendendo intorno.
di GIOVANNI RUSSO SPENA da Liberazione del 15 luglio 2007
1 commento:
es un placer entrar en tu blog
saludos desde Catalunya
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