«Ci vogliono fare fuori». E quando dice «ci» Cesare Salvi, capogruppo al senato di Sinistra democratica, intende tutta la sinistra alternativa. I «killer» sarebbero il partito democratico e i moderati dell'Unione. Ma, avverte Salvi, «venderemo cara la pelle».
Senatore, sul protocollo sul welfare la tensione resta alta tra il governo e la sinistra alternativa.
Certo, perché a noi questo protocollo proprio non piace. Istituzionalizza di fatto il precariato a vita, non tiene conto del lavoro interinale. Se dovesse passare così com'è avrebbe effetti negativi incredibili.
Il ministro del lavoro Cesare Damiano ha detto che il documento è «inemendabile».
E già qui c'è un problema metodologico. Non è mai successo che un ministro abbia presentato un protocollo definendolo inemendabile, intoccabile.
Quindi che farete?
Abbiamo già pronti i nostri emendamenti, e li presenteremo. Devono essere discussi in parlamento.
E se non dovessero essere accettati?
Allora noi non voteremo il documento, in nessun caso.
Neppure se dovesse essere posta la fiducia?
No, neppure in quel caso. I provvedimenti che noi presentiamo non prevedono costi aggiuntivi e sono conformi con le direttive europee. Veniamo definiti estremisti, ma in realtà siamo solo coerenti con il programma dell'Unione. Per questo potremmo chiedere una verifica del programma di governo. Se ne tiene conto solo quando riguarda i moderati della coalizione, diventa invece carta straccia se siamo noi della sinistra a chiedere che venga rispettato.
La Cgil sta vivendo ultimamente una grossa crisi.
Il protocollo aggiuntivo è stato un grosso colpo alla Cgil. Un colpo basso a chi ha cercato di difendere l'unità sindacale e dei lavoratori. Noi come sinistra dobbiamo in qualche modo aiutarla e fare la nostra parte.
Negli ultimi tempi questi attacchi all'ala sinistra della coalizione sembrano essersi moltiplicati. Perché?
Faccio un'analisi politica del momento: Damiano ha riproposto una logica identica a quella di Berlusconi; Francesco Rutelli con il suo «manifesto dei coraggiosi» ha parlato di «centrosinistra di nuovo conio»; Piero Fassino parla di «scenari più avanzati» in fatto di alleanze e dice che bisogna aprire a Lega e Udc. Mi sembra siano tutti elementi che fanno parte di un unico grande piano.
Quale?
Quello di far fuori la sinistra. Mi sembra si stia cercando di logorarla, sperando in un suo scatto di nervi che faccia cadere il governo, riproponendo il problema del '98, oppure trovare nuovi alleati per rendersi autosufficienti da questa stessa sinistra e liberarsene.
Cosa deve fare allora la sinistra per difendersi da questi attacchi?
Accelerare il suo processo di unificazione. Tutti insieme dobbiamo portare avanti iniziative comuni. Ma è importante rivolgersi a tutti, dallo Sdi a Rifondazione comunista, senza esclusioni. Poi, se qualcuno si autoesclude, è un'altra questione.
Però sulla questione delle pensioni non siete stati uniti. Voi e i Verdi avete dato un giudizio positivo sull'accordo, Prc e Pdci si sono opposti.
E' vero, ma ora sul protocollo siamo uniti. Il passo successivo è quello di non ricompattarci solo sui No, ma proporre posizioni alternative nostre. Che devono essere il più possibile comuni, senza per questo rinunciare alle diverse identità che ognuno di noi ha. Io personalmente credo ancora che sia possibile rimanere in un ambito di socialismo europeo, rinnovato e nuovo, ma pur sempre socialismo.
Uno spazio lasciato libero dai Ds dopo la nascita del Pd. Qual è il tuo giudizio sul Pd?
Credo sia un partito neocentrista. Se rappresentasse davvero la sinistra riformista non lo avrei certo abbandonato. Non si ripresenta il problema delle due sinistre, perché il Pd non sarà di sinistra. E sarà, paradossalmente, il più vecchio nel panorama politico italiano perché si rifà a schemi degli anni '90: il neoliberismo, l'idea di un governo forte, presidenzialista. I dirigenti del partito democratico sono in ritardo. Anche quando parlano di democrazia che decide. Questa va costruita sul consenso, non con tentazioni presidenzialiste, che sono superate dai tempi.
A proposito di tempi, quando vedremo la sinistra unita? Qualcuno parla delle amministrative del prossimo anno.
Abituato al senato, dove si vive alla giornata, non ragiono in una dimensione temporale così lunga. Credo che già in autunno, con la discussione sulla finanziaria, ci sarà una sinsitra unita. Che deve smetterla di stare sulla difensiva e essere propositiva e aggressiva. Se altri nel centrosinistra credono di farci fuori, anche utilizzando il referendum sulla legge elettorale, si illudono.
di ALESSANDRO BRAGA da il Manifesto del 28 luglio 2007
Senatore, sul protocollo sul welfare la tensione resta alta tra il governo e la sinistra alternativa.
Certo, perché a noi questo protocollo proprio non piace. Istituzionalizza di fatto il precariato a vita, non tiene conto del lavoro interinale. Se dovesse passare così com'è avrebbe effetti negativi incredibili.
Il ministro del lavoro Cesare Damiano ha detto che il documento è «inemendabile».
E già qui c'è un problema metodologico. Non è mai successo che un ministro abbia presentato un protocollo definendolo inemendabile, intoccabile.
Quindi che farete?
Abbiamo già pronti i nostri emendamenti, e li presenteremo. Devono essere discussi in parlamento.
E se non dovessero essere accettati?
Allora noi non voteremo il documento, in nessun caso.
Neppure se dovesse essere posta la fiducia?
No, neppure in quel caso. I provvedimenti che noi presentiamo non prevedono costi aggiuntivi e sono conformi con le direttive europee. Veniamo definiti estremisti, ma in realtà siamo solo coerenti con il programma dell'Unione. Per questo potremmo chiedere una verifica del programma di governo. Se ne tiene conto solo quando riguarda i moderati della coalizione, diventa invece carta straccia se siamo noi della sinistra a chiedere che venga rispettato.
La Cgil sta vivendo ultimamente una grossa crisi.
Il protocollo aggiuntivo è stato un grosso colpo alla Cgil. Un colpo basso a chi ha cercato di difendere l'unità sindacale e dei lavoratori. Noi come sinistra dobbiamo in qualche modo aiutarla e fare la nostra parte.
Negli ultimi tempi questi attacchi all'ala sinistra della coalizione sembrano essersi moltiplicati. Perché?
Faccio un'analisi politica del momento: Damiano ha riproposto una logica identica a quella di Berlusconi; Francesco Rutelli con il suo «manifesto dei coraggiosi» ha parlato di «centrosinistra di nuovo conio»; Piero Fassino parla di «scenari più avanzati» in fatto di alleanze e dice che bisogna aprire a Lega e Udc. Mi sembra siano tutti elementi che fanno parte di un unico grande piano.
Quale?
Quello di far fuori la sinistra. Mi sembra si stia cercando di logorarla, sperando in un suo scatto di nervi che faccia cadere il governo, riproponendo il problema del '98, oppure trovare nuovi alleati per rendersi autosufficienti da questa stessa sinistra e liberarsene.
Cosa deve fare allora la sinistra per difendersi da questi attacchi?
Accelerare il suo processo di unificazione. Tutti insieme dobbiamo portare avanti iniziative comuni. Ma è importante rivolgersi a tutti, dallo Sdi a Rifondazione comunista, senza esclusioni. Poi, se qualcuno si autoesclude, è un'altra questione.
Però sulla questione delle pensioni non siete stati uniti. Voi e i Verdi avete dato un giudizio positivo sull'accordo, Prc e Pdci si sono opposti.
E' vero, ma ora sul protocollo siamo uniti. Il passo successivo è quello di non ricompattarci solo sui No, ma proporre posizioni alternative nostre. Che devono essere il più possibile comuni, senza per questo rinunciare alle diverse identità che ognuno di noi ha. Io personalmente credo ancora che sia possibile rimanere in un ambito di socialismo europeo, rinnovato e nuovo, ma pur sempre socialismo.
Uno spazio lasciato libero dai Ds dopo la nascita del Pd. Qual è il tuo giudizio sul Pd?
Credo sia un partito neocentrista. Se rappresentasse davvero la sinistra riformista non lo avrei certo abbandonato. Non si ripresenta il problema delle due sinistre, perché il Pd non sarà di sinistra. E sarà, paradossalmente, il più vecchio nel panorama politico italiano perché si rifà a schemi degli anni '90: il neoliberismo, l'idea di un governo forte, presidenzialista. I dirigenti del partito democratico sono in ritardo. Anche quando parlano di democrazia che decide. Questa va costruita sul consenso, non con tentazioni presidenzialiste, che sono superate dai tempi.
A proposito di tempi, quando vedremo la sinistra unita? Qualcuno parla delle amministrative del prossimo anno.
Abituato al senato, dove si vive alla giornata, non ragiono in una dimensione temporale così lunga. Credo che già in autunno, con la discussione sulla finanziaria, ci sarà una sinsitra unita. Che deve smetterla di stare sulla difensiva e essere propositiva e aggressiva. Se altri nel centrosinistra credono di farci fuori, anche utilizzando il referendum sulla legge elettorale, si illudono.
di ALESSANDRO BRAGA da il Manifesto del 28 luglio 2007
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