venerdì 6 luglio 2007

Costi della politica, finalmente il governo si muove

Su sprechi e costi impropri della politica, il governo finalmente si è mosso. Meglio tardi che mai. L'inizio non era stato affatto incoraggiante. Anzi, aveva destato qualche ilarità, perché non più di qualche settimana fa, Palazzo Chigi aveva improvvisamente scoperto che il problema esisteva.
Eppure, già nel novembre 2005 un libro a firma mia e di Salvi aveva aperto il tema. Ancor prima, nel luglio dello stesso anno, un ordine del giorno nel Consiglio nazionale dei DS, firmato da due "scugnizzi" della politica italiana dal nome Mussi e Salvi, e dal "noto estremista" Giorgio Napolitano, poi eletto alla massima carica della Repubblica, aveva richiamato gli amministratori del centrosinistra a comportamenti e prassi di rigore e correttezza. Da allora, decine d'inchieste, su giornali e televisioni, di ogni taglia e argomento. E infine la corazzata da mezzo milione di copie di Rizzo e Stella.
Ricordiamo, ancora, che già nel novembre del 2006 avevamo con Salvi presentato due proposte di legge, una ordinaria e l'altra costituzionale. Per la legge finanziaria, ancora io, Salvi e altri colleghi, tra cui alcuni prodiani di stretta osservanza, avevamo messo in campo una raffica di emendamenti, con una conferenza stampa che quantificava in alcuni miliardi di euro il possibile risparmio.
In larga misura, nella battaglia navale che - come in ogni finanziaria - ne seguì, quegli emendamenti furono colpiti e affondati dallo stesso governo. Alla Camera dei deputati, fu presentato su sprechi e costi impropri della politica un ordine del giorno a firma D'Elia e Pettinari, sul quale il governo diede parere negativo, e fu persino ingloriosamente sconfitto. E sono infine seguite interrogazioni a raffica, ancora mie e di Salvi, sulla scarsa o nulla implementazione delle pur blande misure assunte infine nella legge finanziaria.Bisognava essere ben sordi per non sentire tutto questo chiasso. Comunque sia, è bene che finalmente qualcosa si muova. Anche se, a quanto è dato sapere, siamo subito al rinvio. Capisco che qualche difficoltà possa esserci, ad esempio considerando il confronto in atto con le autonomie. Oggi, cercare l'accordo delle autonomie sui tagli di costi impropri e sprechi equivale - lo dico con simpatia - a cercare l'intesa della volpe per la tutela della salute dei polli. Ma intendo sia un passaggio necessario.Le notizie sono scarne. Ma forse qualche consiglio si può dare. Pare, ad esempio, che si voglia intervenire sulle circoscrizioni. Giusto, visto che consigli circoscrizionali a dimensione di scala di condominio nulla hanno a che fare con la democrazia. Ma se si interviene semplicemente alzando la soglia oltre la quale l'articolazione in circoscrizioni è obbligatoria - come sembra si voglia fare - non servirà a nulla, perché rimane intatto l'interesse alla proliferazione dei consigli circoscrizionali anche sotto quella soglia. Allo stesso modo, va bene intervenire su consigli di amministrazione e sugli emolumenti delle società controllate dal soggetto pubblico e non quotate in borsa. Ma il punto è la legittimazione a dar vita a società miste a partecipazione pubblico-privato. Questa è ormai diventata in larga parte del governo regionale e locale uno strumento clientelare a fisarmonica. Se c'è bisogno di un po' di spazi clientelari, si fa nascere una bella partecipata, e tutti sono contenti. L'intervento deve essere ben più radicale.Dovremo valutare con attenzione - e lo faremo - il testo che verrà fuori dalle consultazioni in corso. E faremo quanto necessario per un'iniezione di serietà, se necessario. Intanto, però, un piccolo suggerimento. Meglio sarebbe per tutti se Palazzo Chigi mettesse un po' d'ordine in casa propria. Che dire, ad esempio, della circolare del Presidente del Consiglio che ha completamente evirato il comma 593 della legge finanziaria sul tetto agli emolumenti pubblici, già fortemente ritagliato dallo stesso governo nel corso dell'approvazione?
Che dire della nota alla Corte dei conti a firma Letta che spiega come il tetto vada separatamente applicato a retribuzioni da impiego ed incarichi, venendo così al risultato che deve moltiplicarsi per due? E che diciamo del fatto - reso noto da Rizzo e Stella nel loro libro - che i voli di Stato costano ogni giorno più dello stipendio annuo di un parlamentare? Tanto che basterebbe mandare in voli low cost ministri e sottosegretari per avere un risparmio equivalente alla riforma delle camere con un consistente taglio di deputati e senatori? E vogliamo infine ricordare che per avere un governo alla francese non sarebbe necessaria alcuna riforma? Basterebbe volerlo.

di MASSIMO VILLONE da Aprileonline del 6 luglio 2007

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