martedì 31 luglio 2007

Giordano: «Programma stravolto. Liberi di votare contro»

Onorevole Giordano, il vicepremier Francesco Rutelli, nell'intervista al Corriere della Sera, è chiaro: basta ricatti delle minoranze.
«È un'intervista sconcertante. Rutelli dice: siccome comandiamo noi, a voi non resta che obbedire. Una concezione autoritaria della politica, e non dico altro... ».

Autoritaria o no, questa è la sua posizione. E anche Prodi vi ha avvertito che sul Welfare non torna indietro.
«Rutelli ha cancellato la parola che ci teneva uniti, cioè il programma. Ora il programma non c'è più. E allora bisogna ricontrattare tutto daccapo».

Ossia?
«Il programma per noi era un vincolo di fiducia. Non c'è più e io non posso sentirmi rappresentato da un presidente del Consiglio e da due vicepremier che appartengono allo stesso partito».

Che significa?
«Significa che da ora in poi ci deve essere un luogo collegiale, e questo vale non solo per le decisioni della maggioranza, ma anche per quelle del governo, in cui si decidono insieme tutti i provvedimenti. Prima non ce n'era bisogno perché c'era il programma in cui ci riconoscevamo tutti. Ora che non è più così non si può pensare che io mi affidi ai rappresentanti del Pd nell'esecutivo ».

Ma Rutelli ha detto un'ovvietà, ossia che la forza maggiore del centrosinistra, l'Ulivo, insomma il Partito democratico che verrà, terrà il timone del governo. Potrebbe essere il contrario?
«Rutelli è anche simpatico per certi versi. Sembra uno che ha aperto una scuola guida e che si dà da solo la patente. Ma io gli chiedo: ah, Rutelli, chi ti ha dato la patente?».

Scusi, Giordano, però la sinistra radicale non può neanche pretendere di dettare l'agenda del governo e di distribuire patenti.
«La verità è che noi in questo anno e mezzo siamo stati sin troppo leali...
e siamo stati facili profeti quando abbiamo detto che il Partito Democratico avrebbe destabilizzato il governo. Basta leggere l'intervista di Rutelli e il suo "manifesto" per capire che il vicepremier ha messo in mora non solo il programma del centrosinistra ma l'Unione stessa. E a noi viene riservato il posto che hanno le minoranze nel Labour Party o nella Spd. Peccato che tutta la sinistra unita non sia né una minoranza né un'articolazione insignificante del Pd».

Sarà vero quello che lei dice, Giordano, dopodiché Rutelli pone un problema.
«Rutelli dice che noi ricattiamo il governo. Non è così. Ma non voglio neanche essere ricattato io: non mi si può porre di fronte all'alternativa o fate così o arriva Berlusconi».

Ma l'alternativa è quella
«E io mi ci sottraggo. Se la riforma delle pensioni e l'accordo sul Welfare non vengono cambiati, noi in Parlamento voteremo contro ».

Anche a costo di far cadere il governo?
«Le ripeto, io a questo gioco non ci sto: se questi provvedimenti non cambiano noi non li voteremo. Non accetto questo ricatto anche perché Rutelli punta alla cancellazione non della sinistra radicale ma della sinistra "tout court". A questo punto la collocazione neocentrista del Pd è chiarissima: questo rende ancor più necessaria la creazione di un nuovo soggetto della sinistra del Pd è chiarissima. E questo rende ancor più necessaria la creazione di un nuovo soggetto della sinistra, che non accetti la trappola del prendere o lasciare. Noi in autunno mobiliteremo il popolo del centrosinistra che è stato defraudato, con la costruzione del Pd, del suo programma e della sua coalizione».

Sia sincero, Giordano, se Prodi, come dice il suo portavoce Silvio Sircana, non farà un passo indietro, lo farete voi.
«No».

Scusi l'insistenza, anche a costo di fare cadere il governo?
«Insistenza per insistenza, io insisto: se la mobilitazione sociale di settembre non riuscirà a cambiare quei provvedimenti, noi voteremo contro».

E non vi sentirete responsabili degli esiti di una simile decisione?
«Responsabili? Io non so chi frequenti Rutelli in questo periodo, so che lui ha come punto di riferimento un generico cittadino consumatore, noi dobbiamo difendere gli interessi delle lavoratrici e dei lavoratori, dobbiamo ricostruire lo spirito dell'Unione ed evitare una clamorosa rottura tra categorie sindacali. Se questa è una colpa, allora noi siamo colpevoli».

Colpevoli, dice qualcuno, anche di difendere i garantiti, ossia i pensionati, rispetto a coloro che garantiti non sono, ossia i precari.
«Falsissimo. La lotta al precariato è uno dei nostri obiettivi. Era il leit motiv della campagna elettorale dell'Unione, a dire il vero. Ma ora non se ne parla più, se non per usare strumentalmente i giovani contro i diritti dei lavoratori e dei pensionati. Il problema è che, come si deduce sentendo il ministro dell'Econom ia, Tommaso Padoa-Schioppa, per alcuni le coperture finanziarie non ci sono, mentre per le imprese ci sono sempre. Questa è la linea dei tecnocrati, ed è la linea monetarista della Confindustria, di cui il Partito democratico si è fatto portatore».

Ma è proprio sicuro, Giordano, che il suo non sia solo un problema di visibilità?
«La sinistra non ha nessun patema di questo tipo. Noi ci atteniamo al merito dei problemi, sperando di non continuare a subire condizionamenti esterni dalla politica di cui il Pd è allo stesso tempo veicolo e volano».

di MARIA TERESA MELI da Liberazione del 31 luglio 2007

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