Chi scrive è un sostenitore convinto dello strumento referendario, così come viene previsto nella nostra Costituzione: con quelle finalità e con quelle limitazioni.
La nostra democrazia rappresentativa, senza questo strumento di intervento diretto dei cittadini, sarebbe monca e indubbiamente più ingessata.
E’ un merito storico quello dei radicali italiani di aver iniziato a praticare, negli anni ’70, la mobilitazione referendaria.
Purtroppo si è dovuto assistere nel corso degli anni ad un progressivo logoramento dell’efficacia dei referendum, con il ripetuto fallimento dell’obiettivo di raggiungimento del quorum di validità.
Bisogna fare qualcosa di serio per rilanciare lo strumento referendario, a cominciare da una modifica del quorum –troppo alto- previsto dalla Costituzione, aumentando contestualmente, a scopo antinflazionistico, il numero di firme necessarie per la sua promozione.
Ma per non svilire il mezzo referendario a mero strumento propagandistico è necessario anche che i promotori propongano quesiti chiari e altrettanto limpidi ed onesti siano nell’argomentazione sugli effetti reali dell’abrogazione che propongono.
Non è purtroppo quanto sta avvenendo a proposito del referendum sulla legge elettorale.
In questo caso non esito a dire che i promotori stanno ingannando gli elettori.
Spiego perché.
La campagna per la raccolta di firme avviene sotto lo slogan “Diamoci un taglio”, intendendo dire che se passasse il referendum avremmo molti meno partiti rispetto agli effettivamente troppo numerosi che “animano” il panorama politico italiano.
Non è vero, e i promotori lo sanno ma non lo dicono.
Assegnare il premio di maggioranza non più alla coalizione ma alla lista che prende più voti, porterà non ad avere due soli partiti, ma all’assemblaggio di tutti i partiti dell’Unione o della CDL dentro la stessa unica lista.
Questo risultato sarà garantito dal fatto che il referendum non scalfisce l’orrore della legge elettorale –con la quale siamo andati al voto l’anno scorso- e cioè di parlamentari non scelti dai cittadini ma nominati dai partiti, grazie alla lista bloccata.
Dopo il referendum assisteremmo a lunghe nottate di trattative tra i “troppi” partiti per la migliore collocazione dentro l’unica lista e, c’è da giurarci, una volta eletti deputati e senatori torneranno a costituire “troppi” gruppi parlamentari e a riconoscersi in “troppi” partiti.
Perché i promotori nascondono questa banalissima verità?
Purtroppo l’eventuale esito favorevole del referendum non migliorerebbe affatto la legge elettorale del centrodestra e addirittura, con i listoni multipartitici, la peggiorerebbe.
Quella legge fu molto criticata per le seguenti ragioni:
1- Perché il meccanismo di elezione del Senato non garantisce a chi vince una maggioranza chiara.
2- Perché, a causa delle liste bloccate, i cittadini non possono scegliere il candidato, che invece viene nominato dai partiti senza procedure di elezione democratica.
3- Perché, a differenza del troppo vituperato “mattarellum”, scompare qualunque possibilità di rapporto e di verifica tra candidato, eletto e collegio territoriale.
Il referendum proposto non cambia nessuna di queste distorsioni e anzi, come ho detto, finisce per degenerarle ulteriormente.
Ma, si dice, il referendum è a prescindere dal contenuto, uno stimolo del Parlamento affinché modifichi la legge “Calderoli”.
Osservo criticamente tre cose:
1- Si riduce e si svilisce lo strumento del referendum abrogativo a mero “stimolo”, con buona pace dei costituenti.
2- Non c’è bisogno di spendere tutti questi soldi solo per “stimolare”, visto che al Senato, in Commissione Affari Costituzionali, si sta già entrando nel merito di una nuova legge elettorale. E siamo solo al primo anno di legislatura. Si vota nel 2011. Perché tanta fretta? Si vuole che il governo Prodi e la legislatura finiscano prima? Che questo possa essere l’obiettivo della CDL lo capisco; che sia condiviso dai promotori di centrosinistra non lo comprendo affatto.
3- Che un gruppo di cittadini vogliano stimolare il Parlamento è del tutto comprensibile, essendone loro fuori. Ma che siano dei Parlamentari e addirittura dei Ministri che firmino per “stimolare se stessi” è qualcosa di ridicolo, che contribuisce ad un ulteriore degrado dell’immagine della politica. I Parlamentari hanno tutto il potere e gli strumenti per modificare e migliorare le leggi esistenti –questo è il loro mestiere- senza ricorrere al minuetto di fingersi “società civile” e passare ai banchetti prima di entrare al Ministero.
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