mercoledì 4 luglio 2007

Definiamo le priorità

La vicenda delle pensioni si sta complicando. Non era imprevedibile ma questo non rende la situazione meno pericolosa per le sorti del governo in carica.
Come è noto il compito di Prodi in materia di riforma previdenziale è stato sin dall'inizio della legislatura quello di disinnescare la riforma Maroni ed in particolare il furbesco meccanismo dello "scalone". L'allora Ministro del Lavoro aveva congeniato una vera "bomba ad orologeria" prevedendo che a partire dal 1 Gennaio del 2008 l'età pensionabile sarebbe passata in una sola notte da 57 a 60 anni, per poi continuare ad innalzarsi sino a 62 anni entro il 2011.

L'Unione nel suo corposo programma aveva giustamente previsto l'eliminazione di questo iniquo meccanismo. Essendo il programma ampio, ma incredibilmente incompleto, tutta la discussione si è concentrata esclusivamente sullo scalone e non su quali fossero le reali necessità di riforma del sistema pensionistico italiano dopo 10 anni dall'introduzione del sistema contributivo.
Nel frattempo l'aspettativa di vita è aumentata, il mercato del lavoro si è profondamente modificato dall' aumento della piaga della precarietà e con il lavoro nero incrementato dal fenomeno immigratorio. Nel contempo i redditi non sono cresciuti ed anzi in molti casi il potere d'acquisto si è ridotto.
Le modifiche da apportare alla Maroni, quindi, avrebbero potuto essere un'occasione per completare il sistema pensionistico, renderlo più stabile ed equo nei confronti delle attuali e future generazioni.

Vi sono alcuni punti fermi che anche Sinistra Democratica ha sottolineato nelle settimane scorse come essenziali: abolire l'innalzamento indifferenziato di tre anni sostituendolo con un meccanismo graduale di crescita dell'età pensionabile, escludere dall'innalzamento i lavori usuranti, incrementare le pensioni basse e prevedere compensazioni a carico della fiscalità generale per i lavoratori precari che altrimenti non riusciranno a maturare un accumulo sufficiente a percepire una pensione adeguata al termine della loro vita lavorativa.

I sindacati e il Governo sono impegnati da settimane su questi ed altri aspetti relativi alla vicenda, in alcuni momenti è sembrato che la trattativa potesse concludersi positivamente, poi le distanze si sono nuovamente ampliate sino a rischiare una vera e propria rottura. Sia chiaro che non trovare un accordo comporterebbe il permanere in vigore della normativa attuale con i gravi limiti ricordati.
In questo momento si sta lavorando ad una serie di modifiche: un'ipotesi di scalino, l'estensione per tutti i lavoratori dell'età pensionabile a 58 anni, alla definizione della platea degli esclusi per i quali si tornerebbe ai 57 anni e alla sperimentazione delle incentivazioni per tre anni. Questa secondo noi potrebbe essere una buona base di partenza per raggiungere un accordo tra le parti. Va da sé che sarà indispensabile la buona volontà politica di tutti insieme a un alto senso di responsabilità verso il Paese.

Qualche giorno fa D'Alema ha inopinatamente detto che non c'erano le risorse per abolire lo "scalone" e che anche se ci fossero state sarebbe stato sbagliato utilizzarle per quella ragione. Un vero contributo alla stabilità del Governo e all'immagine di coerenza di una coalizione che l'aveva promesso in campagna elettorale! Giordano ieri ha invece rilasciato una intervista nella quale dichiara che Rifondazione è pronta alla crisi se l'accordo tra Governo e sindacati non dovesse recepire la richiesta di escludere dall'ipotesi di innalzamento tutti gli operai metalmeccanici. Una vera forma di pressione sui sindacati ai quali in occasione degli incontri con le altre forze della sinistra e della "lettera dei quattro Ministri" si era garantito un pieno sostegno alla loro difficile trattativa.
Aggiungiamo, inoltre, che alcuni esponenti moderati (sic) della coalizione di maggioranza hanno minacciato di togliere il loro sostegno se il Governo si dimostrerà troppo cedevole verso i sindacati e le loro rivendicazioni.
Ne possiamo trarre alcune considerazioni conclusive. La continua minaccia di far cadere il Governo da parte di forze della maggioranza non giova certo alla qualità della sua azione come segnalano i sondaggi sulla popolarità dell'esecutivo e le recenti elezioni amministrative. Il programma necessiterebbe di una bella limatura delle pagine, evidentemente troppe, e di una definizione delle priorità sulle quali vi è reale accordo, forse troppo poche. Il processo unitario a sinistra non può essere basato su formule astratte o peggio su suggestioni evocative, ma deve fondarsi su una seria discussione sul progetto di società che potrebbe accomunare le forze della sinistra per originare una grande forza di governo, coerente con i suoi valori e in grado di operare in nome dell'interesse generale.

di ALBERTO NIGRA da Aprileonline del 4 luglio 2007

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