mercoledì 26 settembre 2007

Alzare la tassazione sulle rendite finanziarie si può e si deve

Una domanda sorge spontanea di fronte alla dichiarazione del Presidente del Consiglio che da New York, dopo un incontro con il senatore Dini, annuncia che la Finanziaria non conterrà la aliquota unica del 20% come tassazione delle rendite finanziarie.
La domanda è: Perché no?

  • L’aliquota unica è prevista dal programma dell’Unione che recita testualmente “… prevedere la uniformità del sistema di tassazione delle rendite finanziarie a un livello intermedio tra l’attuale tassazione degli interessi sui depositi bancari (27%) e quella sulle altre attività finanziarie (12,5%), con l’esclusione dei redditi provenienti dai piccoli patrimoni”.
    La previsione non era casuale né isolata, ma si inseriva in una rivisitazione più generale del sistema di imposizione fiscale in modo da renderlo più efficace e soprattutto più equo. Quella parte del programma è stata poi tradotta nel disegno di legge A.C. 1762 presentato alla Camera il 4 ottobre 2006. Qui, nell’articolo 1 alla lettera (a) si prevede “la revisione delle aliquote delle ritenute sui redditi di capitale e dei redditi diversi di natura finanziaria…, al fine della loro unificazione con la previsione di un’unica aliquota non superiore al 20%.”
  • L’unificazione delle aliquote così definite produrrebbe dunque un vantaggio per il rendimento dei conti correnti, strumenti di transito e deposito per le risorse della maggioranza dei cittadini senza peraltro penalizzare il piccolo risparmio in BOT per il quale si possono ipotizzare forme di salvaguardia.
  • Si tratterebbe di applicare peraltro ciò che le regole in vigore in Europa già realizzano, superando l’anomalia italiana che premia la speculazione italiana anche a scapito degli investimenti produttivi.
Ma esiste una quarta considerazione che porta alla formulazione della domanda iniziale.

  • L’introito previsto dalla relazione tecnica di accompagnamento della legge citata, nel caso di applicazione di aliquota unica, è di circa 2 miliardi di euro annui, introito utilissimo di fronte alla scarsità di risorse nota.
    Per fare un esempio, restituire il drenaggio fiscale ai lavoratori dipendenti e pensionati costa un miliardo.
    Alla domanda iniziale allora è probabile che si possa rispondere in diversi modi e peraltro la non attivazione del percorso parlamentare del disegno di legge citato poneva già interrogativi analoghi.
    L’unica risposta che non può essere data è quella che bolla come pretestuosa o radicale la richiesta di applicazione di quanto prima convenuto nel programma dell’Unione e poi tradotto nel disegno di legge citato.
    Forse si può sostenere che la richiesta di un neonato movimento senatoriale ostile al provvedimento è una richiesta pesante che il Presidente del Consiglio non può non ascoltare; confidando al contrario, esattamente all’opposto di ciò che mediaticamente viene veicolato, sulla lealtà al Governo della Sinistra. D’altra parte l’ostilità nei confronti dell’ aliquota unica per le rendite finanziare è palesemente ideologica perché non solo iniqua ma anche funzionale ad una politica economica sbagliata per il paese, che ha bisogno di crescere attraverso stimoli agli investimenti produttivi e non alla rendita.
    Complessivamente siamo di fronte ad una pesante zeppa sulla stessa ispirazione del programma cioè sulla visione del paese che l’Unione li aveva proposto.
    E questo è un problema grande.

Il vertice di maggioranza sulla Finanziaria ha il dovere di dare le risposte a noi e agli italiani che hanno votato per il Governo Prodi.

di TITTI DI SALVO del 25 settembre 2007

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