Al di là del merito dell'iniziativa promossa da Beppe Grillo e soprattutto del metodo, non si può negare che questa abbia avuto un forte successo.
Il mondo politico deve interrogarsi sul perché migliaia di cittadini oggi sono pronti a dare la propria fiducia a chi - fuori dallo stesso mondo politico - lo attacca, in blocco, mescolando magari argomenti giusti a toni populisti, invito alla partecipazione e metodi da imbonitore.
Ciò accade, a mio avviso, per un fatto semplice e terribile: la profonda crisi di rappresentanza che oggi colpisce la politica.
I cittadini vivono ormai come incolmabile il divario che li separa dai partiti e dalle istituzioni; non si sentono rappresentati dalle persone che pure eleggono: non avvertono nei loro discorsi e nelle loro azioni un interesse reale per il bene comune.
Troppo spesso la "classe politica" appare chiusa in un eterno dibattito fatto di parole e contenuti che sembrano parlare solo di potere o poltrone o ruoli da assegnare all'uno o all'altro leader. Un dibattito dal quale le esigenze degli italiani e le loro aspettative sembrano sempre ineluttabilmente tagliati fuori.
La soluzione proposta da Grillo, la ventilata "distruzione dei partiti", è proprio la risposta più sbagliata ai problemi pure giusti che solleva. Nella vita di una democrazia, infatti, i partiti sono il principale strumento di organizzazione, partecipazione e rappresentanza dei cittadini: "distruggerli" significherebbe solo abbandonarsi ad una deriva populista, fatta magari di singoli "eventi" e però di costante esclusione dei cittadini dalle decisioni.
Se i partiti di oggi sono chiusi, autoreferenziali, distanti, bisogna pretendere che essi cambino, si rinnovino, sappiano parlare di temi reali e promuovere la partecipazione tornando a radicarsi nel territorio.
Ecco cosa deve riscoprire la politica, ecco cosa deve riscoprire -per ciò che ci riguarda- la sinistra: i bisogni e le esigenze reali delle persone in carne ed ossa, delle lavoratrici e dei lavoratori, dei pensionati, dei giovani colpiti dal dramma del precariato.
A questa crisi di rappresentanza, noi stiamo provando a dare una risposta: tentando l'operazione -storica nel nostro Paese- di unire la sinistra.
Una risposta che però, lo dobbiamo ricordare tutti, sarà ancora insufficiente se non sapremo coniugare l'unità della sinistra con un altro tema fondamentale: il suo profondo rinnovamento. Un rinnovamento culturale e sociale; un rinnovamento non certo all'insegna di un indistinto "modernismo" ma capace di superare lo scenario attuale - fatto troppo spesso di frammentazione e riproposizione di vecchie identità e dinamiche. Un rinnovamento della sinistra in molti suoi contenuti, dunque, ma anche nelle sue forme.
Perché è questa, in fondo, la stessa "ragion d'essere" della sinistra: interpretare la società in cui agisce, dare voce e forza alle esigenze dei più deboli ed insicuri, far partecipare tutti i cittadini alla vita e alla gestione della cosa pubblica. Per costruire una società più giusta.
di TITTI DI SALVO da Aprileonline del 10 settembre 2007
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