In fondo è facile. Basterebbe mettere davanti allo specchio l'immagine di Orvieto disegnata sui giornali. E guardarla al contrario. Perché i più grandi quotidiani si sono occupati di questo appuntamento - importante, forse il più importante per la sinistra nella ripresa autunnale - con un approccio molto simile fra di loro. Certo, nei titoli non si usavano le stesse parole, le stesse frasi. Anche la scelta degli aggettivi rivelava differenti sensibilità. C'è stato però un atteggiamento comune, un modo di guardare a quel che è accaduto nelle giornate di dibattito organizzate dal movimento di Mussi, che si può sintetizzare così: «Sì, insomma, la cosa rosa si farà pure, ma intanto c'è il 20 ottobre». Intanto c'è quel macigno della manifestazione indetta da Liberazione, il Manifesto e tanti intellettuali, che fa discutere. Divide.
Un'immagine che forse andrebbe semplicemente rovesciata. Esattamente come in uno specchio. Perché chiunque abbia partecipato alle iniziative della Sinistra democratica sa che da lì sono uscite davvero delle "notizie". Notizie grosse, che riguardano la sinistra, tutta. "Intanto" c'è la scelta - netta, inequivocabile - per la costruzione di un nuovo soggetto della sinistra. Per una sinistra "plurale e federata". Cioè unita. Una scelta - l'hanno notato in pochi - che non è stata proprio indolore per Mussi e i suoi. L'hanno fatta pagando un prezzo. Sciogliendo l'ambiguità che li teneva uniti a dirigenti come Angius. Che da sempre si muovono in un altra prospettiva: quella di rimettere insieme i pezzi della diaspora socialista, più qualcos'altro. Mettere insieme quell'1,5-2 per cento che consentirebbe loro di trattare meglio con Veltroni. Ora Angius se n'è andato. Ma forse sarebbe meglio dire che è stato costretto ad andarsene da un movimento che non ha concesso nulla al suo progetto di costituente socialista. Anzi - perché non dirlo? - l'ha anche un po' deriso.
Mussi ha scelto altro, allora. Una scelta che avrebbe forse potuto fare già due mesi fa - anche questo è vero - e così avrebbe imposto altri temi all'ordine del giorno della politica d'agosto. Ma ora l'ha fatta. E adesso non è solo più l'intenzione di qualche anziano leader, non è più solo l'auspicio del dirigente più illuminato. E' una proposta ufficiale. E forse a ben guardare è già più di una proposta. Perché ad Orvieto un minuto dopo che quella proposta era stata accettata dal suo movimento - discussa, valutata e accettata in quell'organismo un po' assemblea, un po' comitato centrale che guida la Sinistra democratica - Mussi l'ha rilanciata in un dibattito pubblico. L'ha rilanciata direttamente a Franco Giordano, in una discussione davanti a centinaia di persone domenica pomeriggio. E la sinistra, i sostenitori della sinistra, hanno subito incassato un altro sì. Atteso, attesissimo a giudicare dagli applausi che hanno accompagnato le parole del segretario di Rifondazione.
Sì all'idea che la "cosa" sarà federata, la forma più realistica di unità. Sì al progetto di fare una "cosa" plurale. Dove conviveranno "più" culture, più storie. Storie: e non è affatto detto che debbano considerarsi esaurite.
Perché Sinistra democratica continuerà la sua battaglia per cambiare l'Internazionale socialista, perché Sinistra europea continuerà a provare a disegnare un altro modo d'essere forza politica: mettendosi in relazione ai movimenti, alle comunità di base. E queste esperienze potranno e dovranno convivere. Sinistra plurale.
Orvieto, insomma, ha raccontato che la "cosa rossa" - espressione che non piace a Mussi ma che invece rende bene l'idea - in qualche modo è cominciata. Non s'è solo delineata in un ipotetico futuro, come era fino a qualche settimana fa. Perché "intanto" - ora, subito - ci sarà il coordinamento dei gruppi parlamentari, ci saranno le riunioni per approfondire la battaglia comune sulla finanziaria. Quattro, cinque punti da conquistare, da strappare alla filosofia ragionieristica di Padoa Schioppa.
Si fa, allora. Al punto che qualcuno già valuta se allearsi o meno che questa nuova "cosa". Sì, perché sempre lì, ad Orvieto, al dibattito con Mussi e Giordano, c'era anche Intini, dello Sdi. Che ha un altro obbiettivo - lo stesso di Angius - ma che tranquillamente parla già di possibile intese future, di battaglie comuni. Fra ciò che - e se - verrà fuori dalla costituente socialista e la "sinistra". Gli altri, insomma, gli osservatori, la danno per avviata.
Già, ma da qui a lì, c'è di mezzo il 20 ottobre. La notizia, la vera notizia per tutti i giornali. Certo, in fondo basterebbe rispettare l'esatta gerarchia disegnata dalle giornate di Orvieto - s'avvia la "cosa rossa" e poi c'è il problema della manifestazione - per riportare la questione nella sua giusta dimensione. Ma forse non basterebbe, perché un problema c'è. Mussi e i suoi dicono che fra poco partirà la vera campagna d'autunno contro il governo. Quella voluta dalla destra dell'Unione. E dentro questa destra ci mettono anche il piddì, tutto il piddì. L'attacco a Prodi, insomma, verrà dai moderati, la sinistra non può offrire il pretesto e dar loro una mano. Senza contare che non sono contentissimi dell'idea che debbano limitarsi ad aderire ad una manifestazione che è stata proposta e suggerita da altri. Dicono allora che vorrebbero discutere modalità, tempi. Vorrebbero discutere del segnale che la manifestazione invierà. Ma a nessuno questo sembra uno scoglio insormontabile. Sempre lì, ad Orvieto, Giordano ha già detto che da parte di Rifondazione c'è la massima disponibilità a parlare di tutto. E insieme - Prc e Sinistra democratica - chiederanno di discutere con gli organizzatori di modi, tempi, caratteri della manifestazione. C'è la disponibilità a trovare le forme nelle quali la sinistra - tutta - si parli, si confronti. Lui, Giordano, è tornato a parlare di "stati generali" della sinistra.
Una sinistra che però deve far sentire la sua voce, E anche - perché no? - la sua forza. Quella che mi misura - da che politica è politica - pure nelle piazze. Una sinistra che in ogni caso non può subire i diktat dei vari Rutelli, Mastella e Veltroni.
Se c'è possibilità di mediazione sulla manifestazione, si saprà a giorni. Forse ad ore. E magari la sintesi è più facile di quel che appaia ai grandi quotidiani. Perché tutti - o almeno gran parte dei protagonisti di questa nuova "cosa rossa" - su una cosa si sono ritrovati in perfetta sintonìa. Sull'idea che il nuovo soggetto non nasce per addizione. Questo più quello, più quell'altro ancora. Nasce ad una condizione: che la "cosa rossa" cambi la politica. Il modo di fare la politica. Che anche nei suoi atti istitutivi segnali l'idea di voler essere altro da ciò che la circonda. Sì, anche con gesti simbolici. Giordano la chiama "partecipazione", Mussi "spinta dal basso", altri in altri modi. Ma il senso è quello. La "cosa rossa" o è fatta dalle persone o semplicemente non sarà. E allora, forse, la discussione sul 20 ottobre - se non nasconde altro - vista da fuori sembra davvero un po' incomprensibile. Quel corteo - o quel corteo e quel convegno, o quel corteo, quel convegno e quella raccolta di firme per far rispettare il programnma dell'Unione, come suggerisce Pecoraro Scanio - sarebbe il segnale - il simbolo - che le persone, uomi e donne, vogliono che Padoa Schioppa allarghi il cordone della borsa. Vogliono che in Italia ci sia una sinistra "a due cifre". Oggi per far rispettare il programma, domani per disegnare un'alternativa. Vogliono contare, vogliono dare un "senso", il loro senso, alla cosa rossa. E se Veltroni fosse di sinistra direbbe che "la partecipazione non è né di Rifondazione, né di Mussi". E' di tutti.
di STEFANO BOCCONETTI da Liberazione del 4 Agosto 2007
Un'immagine che forse andrebbe semplicemente rovesciata. Esattamente come in uno specchio. Perché chiunque abbia partecipato alle iniziative della Sinistra democratica sa che da lì sono uscite davvero delle "notizie". Notizie grosse, che riguardano la sinistra, tutta. "Intanto" c'è la scelta - netta, inequivocabile - per la costruzione di un nuovo soggetto della sinistra. Per una sinistra "plurale e federata". Cioè unita. Una scelta - l'hanno notato in pochi - che non è stata proprio indolore per Mussi e i suoi. L'hanno fatta pagando un prezzo. Sciogliendo l'ambiguità che li teneva uniti a dirigenti come Angius. Che da sempre si muovono in un altra prospettiva: quella di rimettere insieme i pezzi della diaspora socialista, più qualcos'altro. Mettere insieme quell'1,5-2 per cento che consentirebbe loro di trattare meglio con Veltroni. Ora Angius se n'è andato. Ma forse sarebbe meglio dire che è stato costretto ad andarsene da un movimento che non ha concesso nulla al suo progetto di costituente socialista. Anzi - perché non dirlo? - l'ha anche un po' deriso.
Mussi ha scelto altro, allora. Una scelta che avrebbe forse potuto fare già due mesi fa - anche questo è vero - e così avrebbe imposto altri temi all'ordine del giorno della politica d'agosto. Ma ora l'ha fatta. E adesso non è solo più l'intenzione di qualche anziano leader, non è più solo l'auspicio del dirigente più illuminato. E' una proposta ufficiale. E forse a ben guardare è già più di una proposta. Perché ad Orvieto un minuto dopo che quella proposta era stata accettata dal suo movimento - discussa, valutata e accettata in quell'organismo un po' assemblea, un po' comitato centrale che guida la Sinistra democratica - Mussi l'ha rilanciata in un dibattito pubblico. L'ha rilanciata direttamente a Franco Giordano, in una discussione davanti a centinaia di persone domenica pomeriggio. E la sinistra, i sostenitori della sinistra, hanno subito incassato un altro sì. Atteso, attesissimo a giudicare dagli applausi che hanno accompagnato le parole del segretario di Rifondazione.
Sì all'idea che la "cosa" sarà federata, la forma più realistica di unità. Sì al progetto di fare una "cosa" plurale. Dove conviveranno "più" culture, più storie. Storie: e non è affatto detto che debbano considerarsi esaurite.
Perché Sinistra democratica continuerà la sua battaglia per cambiare l'Internazionale socialista, perché Sinistra europea continuerà a provare a disegnare un altro modo d'essere forza politica: mettendosi in relazione ai movimenti, alle comunità di base. E queste esperienze potranno e dovranno convivere. Sinistra plurale.
Orvieto, insomma, ha raccontato che la "cosa rossa" - espressione che non piace a Mussi ma che invece rende bene l'idea - in qualche modo è cominciata. Non s'è solo delineata in un ipotetico futuro, come era fino a qualche settimana fa. Perché "intanto" - ora, subito - ci sarà il coordinamento dei gruppi parlamentari, ci saranno le riunioni per approfondire la battaglia comune sulla finanziaria. Quattro, cinque punti da conquistare, da strappare alla filosofia ragionieristica di Padoa Schioppa.
Si fa, allora. Al punto che qualcuno già valuta se allearsi o meno che questa nuova "cosa". Sì, perché sempre lì, ad Orvieto, al dibattito con Mussi e Giordano, c'era anche Intini, dello Sdi. Che ha un altro obbiettivo - lo stesso di Angius - ma che tranquillamente parla già di possibile intese future, di battaglie comuni. Fra ciò che - e se - verrà fuori dalla costituente socialista e la "sinistra". Gli altri, insomma, gli osservatori, la danno per avviata.
Già, ma da qui a lì, c'è di mezzo il 20 ottobre. La notizia, la vera notizia per tutti i giornali. Certo, in fondo basterebbe rispettare l'esatta gerarchia disegnata dalle giornate di Orvieto - s'avvia la "cosa rossa" e poi c'è il problema della manifestazione - per riportare la questione nella sua giusta dimensione. Ma forse non basterebbe, perché un problema c'è. Mussi e i suoi dicono che fra poco partirà la vera campagna d'autunno contro il governo. Quella voluta dalla destra dell'Unione. E dentro questa destra ci mettono anche il piddì, tutto il piddì. L'attacco a Prodi, insomma, verrà dai moderati, la sinistra non può offrire il pretesto e dar loro una mano. Senza contare che non sono contentissimi dell'idea che debbano limitarsi ad aderire ad una manifestazione che è stata proposta e suggerita da altri. Dicono allora che vorrebbero discutere modalità, tempi. Vorrebbero discutere del segnale che la manifestazione invierà. Ma a nessuno questo sembra uno scoglio insormontabile. Sempre lì, ad Orvieto, Giordano ha già detto che da parte di Rifondazione c'è la massima disponibilità a parlare di tutto. E insieme - Prc e Sinistra democratica - chiederanno di discutere con gli organizzatori di modi, tempi, caratteri della manifestazione. C'è la disponibilità a trovare le forme nelle quali la sinistra - tutta - si parli, si confronti. Lui, Giordano, è tornato a parlare di "stati generali" della sinistra.
Una sinistra che però deve far sentire la sua voce, E anche - perché no? - la sua forza. Quella che mi misura - da che politica è politica - pure nelle piazze. Una sinistra che in ogni caso non può subire i diktat dei vari Rutelli, Mastella e Veltroni.
Se c'è possibilità di mediazione sulla manifestazione, si saprà a giorni. Forse ad ore. E magari la sintesi è più facile di quel che appaia ai grandi quotidiani. Perché tutti - o almeno gran parte dei protagonisti di questa nuova "cosa rossa" - su una cosa si sono ritrovati in perfetta sintonìa. Sull'idea che il nuovo soggetto non nasce per addizione. Questo più quello, più quell'altro ancora. Nasce ad una condizione: che la "cosa rossa" cambi la politica. Il modo di fare la politica. Che anche nei suoi atti istitutivi segnali l'idea di voler essere altro da ciò che la circonda. Sì, anche con gesti simbolici. Giordano la chiama "partecipazione", Mussi "spinta dal basso", altri in altri modi. Ma il senso è quello. La "cosa rossa" o è fatta dalle persone o semplicemente non sarà. E allora, forse, la discussione sul 20 ottobre - se non nasconde altro - vista da fuori sembra davvero un po' incomprensibile. Quel corteo - o quel corteo e quel convegno, o quel corteo, quel convegno e quella raccolta di firme per far rispettare il programnma dell'Unione, come suggerisce Pecoraro Scanio - sarebbe il segnale - il simbolo - che le persone, uomi e donne, vogliono che Padoa Schioppa allarghi il cordone della borsa. Vogliono che in Italia ci sia una sinistra "a due cifre". Oggi per far rispettare il programma, domani per disegnare un'alternativa. Vogliono contare, vogliono dare un "senso", il loro senso, alla cosa rossa. E se Veltroni fosse di sinistra direbbe che "la partecipazione non è né di Rifondazione, né di Mussi". E' di tutti.
di STEFANO BOCCONETTI da Liberazione del 4 Agosto 2007
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