Alberto Asor Rosa, intellettuale dimissionario - «Intellettuali di sinistra? Mi pare che la categoria non esista più», scriveva sul Corriere di ieri - non ha dubbi: «Quella maggioranza silenziosa che abbiamo sempre contrastato sta diventando il punto di riferimento della politica culturale della sinistra riformista di questo Paese».
Asor Rosa, il professor Asor Rosa, è intervenuto in maniera diretta sulla questione lavavetri che si è scatenata in questi giorni. Lui, intellettuale della vecchia guardia, non si è tirato indietro ed ha liquidato come «indecente e cialtrona» l'ordinanza dell'ormai famigerato Cioni.
Ma dove nasce questa nuova attenzione dei sindaci di centrosinistra per il «decoro urbano» e per la sicurezza percepita - non certo quella reale - della «gente»? Asor Rosa una risposta ce l'ha: «Nel paese si è formata una cultura unica che prescinde dagli schieramenti». Una cultura che evidentemente ha fatto terra bruciata dei valori di provenienza e che «ha deciso di seguire gli umori più viscerali dei cittadini invece di orientarli».
Professore, la giunta di centrosinistra di Firenze emette un'ordinanza per far sparire dalle strade 50 lavavetri, e mezza Italia, invece di indignarsi, applaude. Applaude anche e soprattutto la classe dirigente del futuro piddì. Cosa è successo?
Io credo che nel paese si sta formando una cultura unica che prescinde dagli schieramenti di destra e di sinistra. Una cultura che fa appello ad alcuni disagi e resistenze ed a tutto ciò che può costituire un elemento di disturbo al quieto vivere. Una serie di elementi che invece di essere analizzati e trasformati in un minimo di programma razionale, sfociano in una manifestazione di protesta che scambia le cause con gli effetti e confonde le piccole questioni con le grandi.
Una cultura, a quanto pare, che è penetrata in molti settori del centrosinistra...
Certo, la cosa che preoccupa è data dal fatto che questa cultura non è più prerogativa esclusiva del centrodestra ma invade zone ampie di quella che una volta chiamavamo cultura di sinistra. Del resto la decisione della giunta di Firenze dice proprio questo: invece di contrastarla, questa sinistra recepisce e rilancia la grande cultura unica del conformismo.
Non per tornare ai tempi delle Frattocchie, ma la politica, almeno quella di sinistra, non dovrebbe orientare invece di seguire gli umori più viscerali dei cittadini? Della "gente"?
Certo, nella tradizione della sinistra italiana, c'è sempre stata l'idea che le maggioranze silenziose non fossero il punto d'orientamento, il riferimento della politica culturale. Ora, invece, lo sono diventate. Invece di orientare e correggere ci si limita a seguire gli umori più viscerali dei cittadini. Ci si limita a tradurre in disposizione di legge il fastidio che può arrecare un lavavetri. E' una condotta suicida.
Questo per quanto riguarda i dirigenti. Forse, però, è cambiato anche il popolo della sinistra. Ricorderà la lettera del lettore di Repubblica che invocava il pugno duro contro i nomadi ed i migranti? Lui diceva di essere di sinistra...
Questa è la domanda del secolo. Inizierei col rispondere in modo affermativo: sì, anche il cosiddetto popolo della sinistra è cambiato. Le ragioni di questo cambiamento sono tante. Col venir meno delle grandi contrapposizioni ideologiche che, giuste o sbagliate che fossero, comportavano anche grandi scelte morali, il quadro che abbiamo davanti si è disgregato.
Una sorta di "liberi tutti"...
In un certo senso sì. Voglio dire che questa disgregazione ha favorito la diffusione di elementi culturali che non sono propri della nostra tradizione. Però voglio dire che a sinistra non tutto è così. Esistono anche zone di resistenza culturale e partitica, ma in generale appare prevalente e molto forte l'ondata di conformismo.
E gli intellettuali in tutto questo? C'è stato un fuggi fuggi verso il "disimpegno"?
Io credo che molto dipenda dai politici. Per quanto riguarda la mia esperienza posso dire che il fenomeno di rigetto da parte dei politici nei confronti degli intellettuali è stato molto forte. Spesso vengono invocati in presenza di situazioni critiche come questa ma ignorati in tutte le altre situazioni. Una cosa però dovrebbero farla gli intellettuali: ripensare a cosa significa cultura di destra e cultura di sinistra. Da troppo tempo non è stato fatto seriamente né l'uno né l'altro ragionamento.
A proposito di intellettuali e politica: ci sarà alla manifestazione del 20 ottobre lanciata anche da questo giornale?
Ci sto pensando...
di DAVIDE VARI' da Liberazione del 2 Settembre 2007
Asor Rosa, il professor Asor Rosa, è intervenuto in maniera diretta sulla questione lavavetri che si è scatenata in questi giorni. Lui, intellettuale della vecchia guardia, non si è tirato indietro ed ha liquidato come «indecente e cialtrona» l'ordinanza dell'ormai famigerato Cioni.
Ma dove nasce questa nuova attenzione dei sindaci di centrosinistra per il «decoro urbano» e per la sicurezza percepita - non certo quella reale - della «gente»? Asor Rosa una risposta ce l'ha: «Nel paese si è formata una cultura unica che prescinde dagli schieramenti». Una cultura che evidentemente ha fatto terra bruciata dei valori di provenienza e che «ha deciso di seguire gli umori più viscerali dei cittadini invece di orientarli».
Professore, la giunta di centrosinistra di Firenze emette un'ordinanza per far sparire dalle strade 50 lavavetri, e mezza Italia, invece di indignarsi, applaude. Applaude anche e soprattutto la classe dirigente del futuro piddì. Cosa è successo?
Io credo che nel paese si sta formando una cultura unica che prescinde dagli schieramenti di destra e di sinistra. Una cultura che fa appello ad alcuni disagi e resistenze ed a tutto ciò che può costituire un elemento di disturbo al quieto vivere. Una serie di elementi che invece di essere analizzati e trasformati in un minimo di programma razionale, sfociano in una manifestazione di protesta che scambia le cause con gli effetti e confonde le piccole questioni con le grandi.
Una cultura, a quanto pare, che è penetrata in molti settori del centrosinistra...
Certo, la cosa che preoccupa è data dal fatto che questa cultura non è più prerogativa esclusiva del centrodestra ma invade zone ampie di quella che una volta chiamavamo cultura di sinistra. Del resto la decisione della giunta di Firenze dice proprio questo: invece di contrastarla, questa sinistra recepisce e rilancia la grande cultura unica del conformismo.
Non per tornare ai tempi delle Frattocchie, ma la politica, almeno quella di sinistra, non dovrebbe orientare invece di seguire gli umori più viscerali dei cittadini? Della "gente"?
Certo, nella tradizione della sinistra italiana, c'è sempre stata l'idea che le maggioranze silenziose non fossero il punto d'orientamento, il riferimento della politica culturale. Ora, invece, lo sono diventate. Invece di orientare e correggere ci si limita a seguire gli umori più viscerali dei cittadini. Ci si limita a tradurre in disposizione di legge il fastidio che può arrecare un lavavetri. E' una condotta suicida.
Questo per quanto riguarda i dirigenti. Forse, però, è cambiato anche il popolo della sinistra. Ricorderà la lettera del lettore di Repubblica che invocava il pugno duro contro i nomadi ed i migranti? Lui diceva di essere di sinistra...
Questa è la domanda del secolo. Inizierei col rispondere in modo affermativo: sì, anche il cosiddetto popolo della sinistra è cambiato. Le ragioni di questo cambiamento sono tante. Col venir meno delle grandi contrapposizioni ideologiche che, giuste o sbagliate che fossero, comportavano anche grandi scelte morali, il quadro che abbiamo davanti si è disgregato.
Una sorta di "liberi tutti"...
In un certo senso sì. Voglio dire che questa disgregazione ha favorito la diffusione di elementi culturali che non sono propri della nostra tradizione. Però voglio dire che a sinistra non tutto è così. Esistono anche zone di resistenza culturale e partitica, ma in generale appare prevalente e molto forte l'ondata di conformismo.
E gli intellettuali in tutto questo? C'è stato un fuggi fuggi verso il "disimpegno"?
Io credo che molto dipenda dai politici. Per quanto riguarda la mia esperienza posso dire che il fenomeno di rigetto da parte dei politici nei confronti degli intellettuali è stato molto forte. Spesso vengono invocati in presenza di situazioni critiche come questa ma ignorati in tutte le altre situazioni. Una cosa però dovrebbero farla gli intellettuali: ripensare a cosa significa cultura di destra e cultura di sinistra. Da troppo tempo non è stato fatto seriamente né l'uno né l'altro ragionamento.
A proposito di intellettuali e politica: ci sarà alla manifestazione del 20 ottobre lanciata anche da questo giornale?
Ci sto pensando...
di DAVIDE VARI' da Liberazione del 2 Settembre 2007
Nessun commento:
Posta un commento