Dunque siete pronti a disertare la piazza?
«Se il 20 non è oggetto di una riflessione che ci garantisca che sarà una manifestazione “amica” di tutta la Cgil, qualcuno ci andrà e altri no. Vorrà dire che il percorso comune a sinistra partirà il 21 di ottobre».
Pensa che il processo unitario potrebbe arrestarsi?
«Andremo avanti, pur con dei punti di differenza. Noi puntiamo a una federazione, cominceremo a lavorare insieme sui punti che ci trovano d’accordo, ma il processo di unità è assolutamente necessario. Pur sapendo che è un traguardo, non qualcosa di già pronto e scodellato».
Come valuta il no della Fiom al protocollo sul welfare?
«Con rispetto. La più importante categoria dell’industria esprime un malessere profondo che va interpretato e capito. Non accetterò mai che i metalmeccanici vengano sbeffeggiati o diventino il parafulmine di tutte le contraddizioni. Detto questo, ritengo un bene che l’accordo venga approvato, pur con tutti i suoi difetti e le sofferenze che ha provocato. Non ci sono alternative a un sì. Quei difetti li vedo anch’io, a partire dalla decontribuzione degli straordinari che è un mero regalo alle aziende. Di fronte al dibattito interno alla Cgil che sarà anche teso, il governo deve avere un atteggiamento di generosità e di comprensione».
Cosa significa?
«Ci sono personalità autorevoli che suggeriscono al governo di non concertare più col sindacato, quasi fosse una creatura del passato. Ma il sindacato è un punto di tenuta sociale fondamentale, di cui la Cgil è l’architrave. Dunque il governo deve respingere quei consigli, e fare di più. Tiziano Treu ha detto che nella stesura finale ci possono essere dei chiarimenti, ad esempio sul tempo determinato e sullo staff leasing. Credo che ce ne possano essere anche altri. Insomma, il protocollo non va interpretato come un “prendere o lasciare”. Il confronto può continuare. In fondo anche l’accordo del 1993 è figlio delle valutazioni sugli errori del 1992».
Anche il ministro Damiano ha detto che se si comincia a cambiare poi rischia di venir meno l’equilibrio complessivo...
«Dell’accordo non bisogna avere una visione statica, ma dinamica. Ci sono argomenti che possono essere ripresi più avanti, con una iniziativa parlamentare o del governo».
Epifani ha chiesto un passo indietro alle forza politiche sulle vicende della Cgil. È d’accordo?
«Il sindacato è il protagonista dell’accordo e della discussione con i lavoratori: questo è un punto fermo, e compito della sinistra politica non è rendere più aspra la discussione, ma essere l’interfaccia politica dei problemi che pongono la Cgil e la Fiom. Non dobbiamo sovrapporci, nè andare sugli spalti a fare il tifo: la nostra squadra è tutta la Cgil».
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