venerdì 11 maggio 2007

Giordano e Mussi ripartono da Palme: dibattito sul libro di Aldo Garzia e spunta il «padre» Berlinguer.

Il capitalismo è come una pecora: ogni tanto va tosata ma senza ammazzarla. Al di là dell'ossimoro - o forse è una devianza comunista pensare al capitalismo come a un lupo? - questa frase di Olof Palme aiuta ad aprire un ragionamento sul fallimento del socialismo reale e sulla crisi della socialdemocrazia. E' una semplificazione pensare che il comunismo volesse uccidere la pecora, mentre una sana socialdemocrazia l'avrebbe tenuta sott'occhio, correggendone la rotta con la democrazia e governandone gli squilibri e le dieseguaglianze con il welfare. Ma la metafora aiuta a riflettere chi, nel 2007, non rinuncia a dirsi di sinistra e dopo un paio di decenni almeno di rotture tenta di ricostruire un percorso comune.
La presentazione nella sala della Provincia di Roma del bel libro di Aldo Garzia «Olof Palme/ Vita e assassinio di un socialista europeo» ha offerto a due leader della sinistra italiana «in movimento», Franco Giordano e Fabio Mussi, di cercare in una memoria comune (stessa origine, il Pci) una rotta per doppiare la crisi della sinistra. Mettendo in campo «basi solide e grandi passioni», come suggerisce lo stesso Aldo Garzia la cui formazione è targata manifesto. Negli interventi sono due i fari che illuminano il dibattito: Olof Palme e Enrico Berlinguer, due percosi diversi che spesso si sono incrociati fino ad avvicinarsi sensibilmente dopo la rottura del segretario del Pci con l'Urss («Si è esaurita la spinta propulsiva della rivoluzione d'ottobre»). Non è la presentazione di un libro la sede più opportuna per riflettere sui ritardi di quella rottura, su cui Garzia ha forse delle idee non necessariamente convergenti con quelle di Giordano e Mussi. Ma una cosa vuole dirla Garzia: la svolta di Occhetto e la nascita del Pds non sono state segnate da una ricerca nella via socialdemocratica ma dal nuovismo.
Il segretario del Prc Giordano non ha eluso le domande evidenti nel volto dei partecipanti al dibattito: che fare qui e ora, con i Ds che gettano il velo e confluiscono in una «cosa» che con l'esperienza socialdemocratica europea nulla ha a che fare, mentre chi non sta al gioco dell'autoaffondamento è frantumato in orgogliose «identità»? Giordano suggerisce due assi di ricerca comune per avviare una ricostruzione della sinistra, quello pacifista e quello anticapitalistico, dentro un processo politico-culturale che innovi entrambe le tradizioni della sinistra, comunista e socialdemocratica. Da subito alcune battaglie comuni sono possibili e urgenti, a partire dalla tutela e valorizzazione del lavoro e delle pensioni e dalla lotta alla precarietà, per costruire una rappresentanza politica del lavoro, «un soggetto unitario spendibile politicamente, con una partecipazione di massa».
Per Mussi gli intrecci del Pci con la socialdemocrazia vengono da lontano, «l'omicidio di Palme lo vivemmo come un nostro lutto». Intanto, bisogna ricordare che il socialismo europeo «non è stato acqua fresca», è stato welfare innanzitutto. E l'incontro tra Berlinguer e Palme è avvenuto su un terreno forte: la lotta per il disarmo, per fermare la corsa terribile al riarmo. «Oggi quella corsa riprende pericolosamente, 1.100 miliardi di dollari in armamenti, oltre la metà negli Usa», e i pericoli connessi allo scudo spaziale nel cuore dell'Europa. «In questa situazione si rimpiangono leader come Palme e Berlinguer». Mussi rifiuta l'idea che il futuro sia solo al centro e rilancia l'urgenza di un'alleanza a sinistra: il lavoro e le politiche sociali, un tavolo subito per costruire un programma: «un movimento, non un altro partito, che ha già una certa forza che mettiamo a disposizione di un progetto più ampio. Se non ora, quando?».

di LORIS CAMPETTI da il Manifesto del 11/05/07

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