domenica 27 maggio 2007

Per Giulia Rodano, assessore alla cultura del Lazio, i valori del «rodanismo» trovano spazio nella Sd

Giulia Rodano è assessore alla cultura della Regione Lazio. Le è toccato in sorte un cognome impegnativo: il padre Franco è nella storia dell'antifascismo romano, nel '43 fondò il movimento dei comunisti cattolici, mentre la moglie Maria Lisa Cinciari ne era responsabile del gruppo femminile. Con Ossicini e Tatò diede vita al Partito della sinistra cristiana guadagnandosi, nel '45, la scomunica ad personam di Pio XII. Poi il Pci, dove Franco svolse un ruolo importante di confronto e raccordo tra comunismo e cattolicesimo. Ha avuto un rapporto stretto con Togliatti, poi con Berlinguer come «architetto» del compromesso storico. Il rodanismo è stata una componente originale della sinistra romana.

Quanto pesa nel nuovo movimento l'anima partitista?
Sinistra democratica nasce programmaticamente non per fare l'ennesimo partitino ma per essere forza «coalizionale». L'obiettivo è la riunificazione della sinistra, restituendole dignità e diritto di parola. Per dire che il re è nudo, cosa che in epoca di pensiero unico non si dice più. Che sono sbagliate molte privatizzazioni e lo è il metodo adottato per realizzarle. Che serve un'autonomia della politica...

Dalla società è talmente autonoma da non vederla più.

Naturalmente intendo autonomia dall'economia. Io credo nell'intervento pubblico, perché serve un potere democratico che governi il mercato. Va cambiato il cammino imboccato dall'Unione europea che oggi è solo politica monetaria e Bolkestein, con un'iniezione di politica economica e di politica sociale. Per tornare in Italia, come Sd abbiamo a cuore lo scandalo dei costi della politica che hanno qualcosa a che fare con la caduta della partecipazione popolare e democratica: prima che una questione morale, come direbbe Berlinguer è una questione democratica.
Coalizionali, ma per non perdere tempo avete già le tessere.
Per svolgere una funzione politica dobbiamo costituire dei gruppi nelle istituzioni, anche per essere un punto di riferimento per chi vuol tornare a fare politica, e sono tanti. I rischi di apparato esistono, come forma di resistenza, ma possono essere sconfitti. A Roma il congresso è andato bene perché c'è un elettorato d'opinione di sinistra, non solo scontenti e apparato. Così come non credo in un nuovo partitino, non credo nelle fusioni fredde tra gruppi dirigenti delle forze esistenti. Credo invece che dovremo arrivare a una presentazione unitaria già alla prossima tornata elettorale. In Regione abbiamo costituito un coordinamento tra le forze di sinistra, ci vediamo settimanalmente per definire gli interventi comuni.

Esiste ancora il «rodanismo»?
E' una domanda difficile. Certo non esiste una corrente rodaniana in Sd, dove però vivono molte idee di mio padre, certamente più che nel Pd. L'eredità più importante è una concezione profondamente laica della politica.

La laicità dei catto-comunisti?
Certamente, a partire dalla consapevolezza che «il Regno non è di questo mondo». Un'altra eredità consiste nella convinzione che il mercato va governato, perciò serve un'autonomia della politica. Infine, se posso citare un libro di mio padre («Lezioni di storia possibile», ndr), pensiamo che è sempre possibile un'altra storia ed è nelle mani degli uomini e delle donne.

di Lo. C. dal il Manifesto del 25/05/07

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