martedì 15 maggio 2007

Il Pse va bene ma non basta. Il grande vuoto lasciato dal Pd e le nostre idee per colmarlo.

La nascita del movimento politico “Sinistra Democratica per il Socialismo Europeo”, con la straordinaria manifestazione del 5 maggio, è stata colta non solo dai numerosi partecipanti, ma da tutti gli osservatori e dai commentatori come una vera e consistente novità nel panorama politico italiano.
Tutti hanno capito che facciamo sul serio, che vogliamo portare a sinistra una forte spinta all'unità e al rinnovamento politico e culturale.Proprio per questo ci vengono subito poste tante domande e ci viene richiesto il massimo di chiarezza sul progetto politico che abbiamo in testa.
Ci si chiede, innanzitutto, se l'ancoraggio al Pse resta per noi un punto strategico o se è stata soltanto una bandiera strumentalmente agitata durante i congressi dei Ds. Ci si chiede, poi, se siamo più attratti dalla “costituente socialista” o dalla “Sinistra Europea”, dalla sinistra “riformista” o da quella “radicale”, e così via.
Provo a rispondere.
Vogliamo innanzi tutto rimanere coerenti con quanto affermato nel corso del congresso Ds a proposito della costruzione di una grande forza della sinistra italiana e della nostra appartenenza al Pse. Sono concetti che continuiamo ad affermare in questi giorni, in ogni iniziativa pubblica che organizziamo o a cui veniamo invitati.
Proverei a riassumerli così:
1) Ci chiamiamo “Sinistra Democratica per il socialismo europeo”, perché siamo una forza socialista che ha il suo punto di riferimento nel Pse: quel campo di forze che in Francia è tornato ad esprimere una vitalità ed un consenso che, qui in Italia, sono stati sottovalutati solo per valutazioni tattiche di corto respiro.
E' logico, dunque, che per noi sia molto importante il rapporto con il partito di Enrico Boselli, che del Pse e dell'Internazionale Socialista è membro effettivo ed autorevole.
Ma da socialisti europei non abbiamo mai mancato di dire che il Pse ha bisogno di un profondo rinnovamento e di più coraggiose aperture, in una direzione però opposta a quella desiderata dai promotori del Pd.
La globalizzazione neoliberista ha aggravato i problemi del pianeta: sperequazioni sociali tra i diversi paesi e al loro interno, l'allarme sul clima, l'aumento delle vittime (in particolare bambini) delle guerre, del terrorismo, della fame, dell'Aids, l'indebolimento delle istituzioni politiche sovranazionali, sono purtroppo dati della realtà.
Ma se è fallita questa globalizzazione -che ha aggravato e non risolto i problemi del mondo- lo stesso si può dire riguardo alla risposta prevalente che è venuta dalla sinistra europea: la “terza via” (in Gran Bretagna), la “neue Mitte” (in Germania), e la “rivoluzione liberale” (in Italia).
Il documento “Per una nuova Europa sociale” di Delors e Rasmussen, approvato al congresso del Pse di Porto, va chiaramente al di là delle suggestioni blairiane e si colloca più nettamente nell'ambito di un nuovo progetto socialista per l'Europa del futuro.
Ci consideriamo quindi politicamente parte del Pse, ritenendo indispensabile una sua più coraggiosa apertura alle culture critiche della globalizzazione, al pacifismo e all'ambientalismo, nella prospettiva di una nuova Europa sociale.
2) La costruzione del Partito democratico lascia un vuoto a sinistra. Lo spazio non più presidiato dai Ds, che stanno per sciogliersi, è quello della sinistra italiana, senza altri aggettivi. Uno spazio che non riusciranno a coprire, da sole, né la “costituente socialista”, né “Sinistra Europea”, né il “patto per il clima” proposto dai Verdi.
Intendiamoci: si tratta di cose serie, alle quali guardiamo con grande interesse, che dimostrano una disponibilità a mettersi in discussione e a produrre fatti nuovi. Ma la sfida che sta di fronte a tutti noi domanda risposte ancora più coraggiose e richiede, prima di ogni altra cosa, che ci si lasci alle spalle la distinzione - questa sì ideologica- tra riformisti e radicali. Una distinzione che non ha alcun riscontro nella realtà politica ora che, per la prima volta nella storia italiana, tutta la sinistra è impegnata nel governo del Paese.
Guardiamo a cosa è successo sabato. Davanti all'attacco senza precedenti alla laicità dello Stato, culminato col Family day, tutta la sinistra ha saputo spontaneamente ritrovarsi insieme e avverte, comunemente, l'esigenza di difendere un valore fondante della nostra Repubblica. Un valore fondante della nostra civiltà.
Non basta dunque allargare di più ciò che si è già oggi. E neanche “confederare” le attuali organizzazioni della sinistra. Bisogna lavorare per una nuova grande forza unitaria e plurale, di governo, che attualmente non so dire se sarà un partito (nel senso tradizionale del termine). Cominciamo però a considerare i modelli e le forme di cui già si parla in questi giorni. Ragioniamoci.
In ogni caso, oggi all'ordine del giorno non c'è la formazione di un partito, ma l'avvio di un processo di confronto e di convergenza programmatica che investa tutta la sinistra italiana: sui temi che ci stanno a cuore (pace, lavoro, ambiente, laicità e questione morale). Non vedo ostacoli pregiudiziali a lavorare tutti insieme.
Basta iniziare e, ovviamente, basta volerlo.
Sono tante e tanti quelli che non vogliono più giocare di rimessa, che non vogliono più continuare a votare solo “contro”: dobbiamo restituire nelle loro mani il futuro unitario della sinistra italiana.

di CARLO LEONI da il Riformista del 15/05/07

1 commento:

Antonio Candeliere ha detto...

Penso proprio che forze di sinistra nel nostro paese non governeranno più...questo sarà uno dei prossimi risultati dopo la nascita del PD...Purtroppo!