Care compagne, cari compagni
Il congresso dei Ds è finito da 15 giorni. I Ds non ci sono più. Lì – come sapete – fuori dal coro abbiamo parlato io e Gavino Angius per esprimere la nostra contrarietà, la nostra critica al Partito Democratico. Certo, non erano opinioni personali, rappresentavamo un quarto degli iscritti ai Ds. Abbiamo voluto, anche, dare conto della fatica personale contenuta in quella scelta, della pena di un distacco. Ed è stato anche un atto di rispetto verso chi ha fatto una scelta diversa da quella che noi oggi ci accingiamo a compiere. Questi sono i momenti in cui non si guarda alle convenienze, ma si dice esattamente quello che si pensa. Ci si guarda dentro, si fanno i bilanci di una vita. Si chiama “etica della convinzione”, e recita: “fai quel che devi, avvenga quel che può”.
E qualcosa è avvenuto: guardate questa sala, le migliaia presenti: si è accesa una speranza. E quando si accende una speranza subentra un’altra etica: l’etica della responsabilità.
Ora, carissime compagne e compagni, siamo tutti reciprocamente responsabili. Responsabili di realizzare un progetto che serve all’Italia: salvare e rinnovare la Sinistra, garantire un futuro alla Sinistra italiana.
E oggi non vorrei parlare io, vorrei usare parole per dare voce a tutti voi, ai sentimenti e alle idee che vi attraversano la mente e il cuore.
Nella vita politica esiste una funzione dirigente, una “leadership” come ora piace dire. (soprattutto nei dintorni del partito democratico non si discute d’altro che della leadership, di chi deve comandare, di chi deve coordinare, di chi deve presiedere, di chi deve dirigere….)
Ciò che io voglio dire è che non ci sarà mai più una leadership se se non ci sarà una autentica partecipazione. E partecipare non vuole dire ritrovarsi di quando in quando per eleggere i capi, ma esserci tutti ogni giorno, per confrontare le idee, discutere delle scelte e decidere insieme. Uomini e donne alla pari.
Oggi festeggiamo una nascita, nasce il Movimento Politico Sinistra Democratica per il Socialismo Europeo. Abbiate tutti cura del neonato. Vi chiediamo di farlo crescere in ogni città, di organizzarlo nel territorio, di raccogliere adesioni.
Un movimento, non un altro partito.
Un movimento a disposizione di un grande progetto, il progetto dell’unità della sinistra. Una sinistra – fatemi mettere gli aggettivi – nuova, plurale, laica, autonoma, critica, larga, di governo, del lavoro, della cultura, dell’ambiente, delle libertà, della liberta femminile!
Una sinistra non minoritaria, ambientata in Europa, che rappresenti parti grandi della società italiana e che tenga lo sguardo sul mondo, che diventi parte ineliminabile della storia d’Italia, che prenda di petto la crisi della politica moderna affinché si colmi il fossato scavato tra governati e governanti. Guai se i governanti diventano ceto politico e il ceto politico una casta, guai!
Una sinistra che guardi al nascente partito democratico non come ad un nemico, ma come ad un alleato, perché l’alleanza di centro-sinistra è e sarà il nostro spazio di azione politica: non siamo e non saremo mai quelli delle “mani libere” nelle alleanze.
Il nostro Movimento lavorerà sulle idee e avrà anche una Fondazione culturale perché c’è sete, soprattutto tra i giovani, di cultura e di cultura politica. Solo le idee contano davvero: celebrando i 70 anni della morte di Antonio Gramsci dobbiamo ricordare questa lezione.
Il nostro Movimento avrà una forza, avrà iscritti, tessere, organizzazione, strumenti di informazione a stampa e telematici e potrà contare presto, prestissimo su due forti gruppi parlamentari alla Camera e al Senato. Sarà rappresentato nel Parlamento Europeo da un nucleo di autorevoli eletti che resteranno saldamente ancorati al Gruppo socialista, la nostra famiglia, ma in un dialogo con tutti i gruppi della sinistra europea.
Si formerà un gruppo promotore nazionale. Proponiamo che sia formato dai delegati al congresso delle due mozioni che aderiscono al Movimento e da personalità del mondo del lavoro, della cultura, dell’associazionismo, del volontariato. Vi invito caldamente a formare analoghi comitati in tutto il territorio.
Saremo una forza unitaria, nessuno degli alleati deve temere. E voglio allora, anche a nome vostro, inviare da qui un saluto a Romano Prodi. Da qui gli arriva un messaggio di stima e di amicizia. Noi non dimentichiamo che attorno a lui si è costituita l’Unione che ha battuto Berlusconi, che ha fermato l’ondata di destra populistico plebiscitaria che minacciava il cammino democratico dell’Italia antifascista e repubblicana. Il Governo ha bisogno di sostegno e stabilità. Si vedono i risultati della sua azione, siamo fuori dall’emergenza dei conti pubblici, si intravede la luce in fondo al tunnel. Si sono fatte cose importanti, l’ultima che credo meriti il nostro plauso, è il disegno di legge sull’Immigrazione proposta dai Ministri Amato e Ferrero.
Ora bisogna riprendere speditamente il passo delle riforme, e una riforma importante da realizzare finalmente dopo tanti anni è quella del conflitto di interesse.
Romano non ti lasciare impressionare, vai avanti!
Riprendere il passo delle riforme vuol dire ripartire dal programma dell’Unione. Vedete, dico “riforme” piuttosto che “riformismo”. La parola “riformismo” è inflazionata, e giorno e notte è aperto un ufficio di distribuzione patenti. Ma la parola lascia il tempo che trova perché vale il motto: dimmi che riforme vuoi e ti dirò chi sei.
Riforme per governare un Paese in cui sono cresciute le disuguaglianze, in cui la società è immobile, in cui il figlio dell’ingegnere fa l’ingegnere e il figlio dell’operaio continua a fare l’operaio, se gli va bene, altrimenti fa il precario o il disoccupato. Un Paese in cui crescono i profitti ma scendono i salari, in cui i sistemi dei servizi, della formazione, della ricerca segnano il passo. Su questo vi chiedo un aiuto, stavolta da Ministro. Sto provando a riformare l’Università e la Ricerca, mi ispiro ai principi di uguaglianza, merito e qualità, ma c’è bisogno di risorse, non si può fare il bis della Finanziaria di quest’anno. Il mondo e l’Europa corrono, corrono, corrono, ma con uno sviluppo senza formazione, senza scuola, senza ricerca, non c’è futuro per l’Italia. L’Italia è il Paese di Galileo Galilei. L’Italia ha dato un contributo enorme alla scienza moderna, alla cultura universale. Mi ribello all’idea che diventi la periferia del mondo lanciato nella società della conoscenza. Per questo chiedo, insieme a voi, risorse e investimenti in scuola, formazione, università e ricerca.
L’Italia è il nostro Paese, un Paese di cui andiamo orgogliosi, dove tuttavia ovunque ci giriamo - nella vita civile, economica, politica - si sbatte la testa nella questione morale. Non aveva torto Enrico Berlinguer. Non esisterà mai più buona politica se non risorgerà una etica pubblica, il senso del dovere, il rispetto della legalità, il piacere dell’onestà. Noi su questo saremo intransigenti, radicali.
Si, saremo radicali!
La verità, compagne e compagni. È che per essere realisti, come noi siamo, bisogna andare alla radice dei problemi.
La verità semplice è questa: oggi non si può essere riformisti se non si è anche radicali. “Radicali” viene usato per “estremisti”. Io vi propongo un impegno solenne contro l’estremismo.
L’idea della guerra è estremista. In un mondo in cui si spendono 1100 miliardi di dollari per armamenti, far ripartire la corsa per gli armamenti, magari con lo scudo spaziale, è estremista. L’idea di esportare la democrazia sulle ali dei caccia bombardieri è estremista.
Il fatto che un manager guadagni quando 500 operai e 600 ricercatori, è estremista. Il fatto che si possa controllare una grande impresa controllando una finanziaria che rappresenta lo 0,6 del capitale, è estremista. Il fatto che i giovani siano sempre più precari e possano restare precari a vita, è estremista.
Il Family Day ! - una manifestazione contro i Dico, come sostengono i promotori e come giustamente afferma Rosy Bindi - è estremista. Ma come si fa nel nome della famiglia ad accanirsi contro le persone liberamente conviventi? La rinascente fobia verso gli omosessuali, è un sentimento estremista.
Noi siamo moderati…
Per questo vorremo vedere più rispetto. Rispetto per il lavoro, per le persone in carne ed ossa, per le differenze di etnia, di cultura, di religione, di sesso, per la libera coscienza degli individui. La pensiamo come un grande autore che vive in America Richard Sennet, che é stato il primo a studiare gli effetti sull’uomo della precarietà e in un libro autobiografico si chiede “ma perché nel mondo c’è tanto poco rispetto, una merce così a buon mercato?”. Per questo ci piace la Costituzione Repubblicana, un testo pieno di rispetto, e ci piace ricordare la Resistenza da cui è sorta.
E così, quando invochiamo l’unità a sinistra lo facciamo con rispetto. Verso le posizioni, la storia, le identità di tutte le forze che stanno a sinistra. Ci rivolgiamo a tutti perché ci si metta in cammino. Ci rivolgiamo ai compagni dello Sdi. Saluto Enrico Boselli. Sono andato al loro Congresso. Sono stati coraggiosi, con loro condividiamo l’appartenenza al Pse e la difesa della laicità dello Stato che è lo spazio di libertà di tutti e di ognuno, anche della Chiesa. E saremo al loro fianco in questa battaglia.
Ci rivolgiamo ai compagni del Pdci. Cesare Salvi ha parlato al loro Congresso. Saluto Oliviero Diliberto, che ha detto una cosa importante: “vogliamo una sinistra senza aggettivi”. Mi pare una mano tesa e noi raccogliamo questa mano.
Ci rivolgiamo agli amici del Sole che Ride. Ieri sono stato a parlare alla loro convention, dove sono state dette cose importanti, anche politicamente importanti, e dove è stato approvato un bel documento, un Patto per il clima che ho sottoscritto e che invito tutti a sottoscrivere, perché quello è un punto cruciale degli anni che verranno.
Ci rivolgiamo ai compagni di Rifondazione Comunista, che hanno dato forza al principio della pace e della non violenza. Fausto Bertinotti ha parlato di “massa critica”: vuol dire che nessuno può bastare a se stesso. E a Franco Giordano, che saluto, che propone di cominciare a discutere del tema del lavoro mi sentirei di rispondere: siamo d’accordo, cominciamo subito.
Siamo tutti insieme al governo. Massimo D’Alema tempo fa a detto: “Ma Mussi dove va, che domani ci vediamo in Consiglio dei Ministri…”. Caro Massimo ma domani ti vedi anche con Emma Bonino, con Bianchi, con Ferrero, con Pecoraro Scanio: siamo tutti al governo è questo il fatto nuovo che fino ad ora non si è voluto guardare.
Ci rivolgiamo alle tante aggregazioni che si sono formate in questi anni, i compagni di Rossoverde, di Uniti a Sinistra, dell’Associazione per il Rinnovamento della Sinistra, al Cantiere di Achille Occhetto, che è qui e che saluto.
E alle tante e ai tanti che in questi anni si sono tirati da parte delusi, che si sono messi ai bordi della strada aspettando qualcosa di nuovo.
Care compagne e cari compagni qualcosa di nuovo sta arrivando tornate in campo tutti. Ci rivolgiamo alle tante e ai tanti che sono impegnati nell’associazionismo e nel volontariato, un esercito di giovani, a tutte quelle persone che restituiscono alla politica la sua alta dignità di impegno civile e di attività volontaria. Non dimentichiamolo mai, con lo stato moderno la politica è anche professione, bisognerebbe dirlo in tedesco con Max Weber: “Beruf” vuol dire “professione” e “missione”.
Ma le cose più importanti della vita, l’amore, l’amicizia, i valori morali, la fede politica, sono gratuite.
Ci rivolgiamo a tutta la società italiana, agli uomini e alle donne delle professioni, della cultura, della impresa responsabile che sa di dover essere sana economicamente e di dover rispondere a tutta la società di quello che fa e di come lo fa.
Ci rivolgiamo al mondo del lavoro, sindacalisti e lavoratori. Agli operai che non sono scomparsi, sono milioni ed è l’ora di non accorgercene solo quando ci fischiano. E bisogna smetterla di parlare degli operai come gli antropologi parlano dei Maori, come qualcosa che va studiata da fuori. Dobbiamo tornare con loro e insieme a loro.
Ci sono mondi nuovi da scoprire e tradizioni da non disperdere. Della migliore tradizione comunista, socialista, azionista, democratica vogliamo custodire gelosamente il senso di una appartenenza e di un dovere nazionale. Noi, lo dico a tutti i nostri amici e compagni, costruiamo questo movimento non per metterci in concorrenza con altri, non aspiriamo alla nostra fetta elettorale, non vogliamo fare le mosche cocchiere.
Ma a tutti abbiamo da dire questo: amici, compagni, “ ora fuori dalle trincee, fuori dalle trincee”. Mettiamoci in campo aperto. Certo non rinunciamo al sogno di un nuovo grande partito vero, plurale e unitario della sinistra italiana. Sarebbe bello se ci fosse subito ora la possibilità di un bing bang, se ci fosse data la possibilità di un qualcosa che assomigli a quanto seppe fare in Francia François Mitterand con Epinay. Ma la strada si fa un passo alla volta.
Ripartiamo dai contenuti, dalle grandi questioni del mondo di oggi, un mondo in cui al tempo stesso è stato svalorizzato il lavoro e depredata la natura, in cui tutto cambia rapidamente e le generazioni viventi si trovano al tempo stesso a dover fronteggiare sfide mai viste e in tempi rapidissimi. Mi ha colpito l’osservazione di uno studioso che ho ascoltato giorni fa, quando ha detto che la storia della nostra specie è questa: mille generazioni hanno comunicato parlando, cento scrivendo, una - la nostra - comunica via internet. Sfide mai viste che richiedono al tempo stesso un salto tecnologico e una grande riforma, la più grande che mai ci sia stata - della società e dell’ economia - per renderle giuste, sostenibili, equilibrate, abitabili per quelli che verranno. L’economia non è un feticcio: è la forma in cui gli uomini organizzano la produzione e gli scambi. Lo sappiamo, si presenta come una “seconda natura”, ma non è natura.
Non è vero che sinistra e socialismo sono cani morti. Come va il mondo richiede più sinistra e più socialismo di quello dei secoli che abbiamo alle spalle.
Compagne e compagni, c’è un lavoro enorme da fare.
Io ve lo dico sinceramente: non sono sicuro del successo. Vedo le difficoltà, gli ostacoli da superare, ma sbaglio se parlando anche a nome di tutti voi dico: non è sicuro il successo, ma oggi tutti insieme sentiamo il dovere di provarci?
Di provarci!
Un dovere verso la sinistra, un dovere verso il nostro Paese.
Avanti compagne e compagni perché stavolta si può.
Viva la sinistra e viva l’Italia.
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