Roma Testaccio, Garbatella, Tufello. Sono quartieri popolari dove è storicamente è fortemente radicata la sinistra romana. Qui la mozione Mussi-Salvi ha vinto l'ultimo congresso dei Ds, in alcuni casi con percentuali che al tempo del Pci si sarebbero definite bulgare. Con la sinistra si è schierata gran parte della cintura popolare, da Prima Valle a Torre Angela. Ma anche in sezioni con una composizione sociale mista, come Alberone, Talenti, Esquilino, Trionfale, Fassino ha dovuto incassare una pesante sconfitta. Lo stesso è successo a Ostia e Ostia antica, o a Vitinia sulla via del mare. La mozione Mussi è andata bene anche in quartieri né popolari né di sinistra, come la Balduina. Il 23% dei voti a Roma, a cui si aggiunge il 13% della mozione Angius, la cui partecipazione numerica alla formazione della Sinistra democratica «stiamo valutando», ci dice il coordinatore di Sd nel Lazio, Angelo Fredda. Il coordinatore romano, Massimo Cervellini, insiste sulla natura prevalentemente popolare del nuovo movimento e ci suggerisce una riflessione: «In questa città così caratterizzata dal volto e dai modi accattivanti del sindaco Walter Veltroni, ci si sarebbe potuti aspettare un trionfo del metrò che porta al Partito democratico. Le cose non sono andate così, e questo aiuta a capire meglio Roma e le sue sfaccettature». Le scelte individuali sono segnate da tanti elementi. I nomi di spicco, i compagni con ruoli nelle assemblee elettive, dell'area Angius hanno deciso di correre verso il Pd, mentre in quartieri come il Tiburtino o Pietralata chi ha votato la terza mozione congressuale sta passando in massa in Sd. Persino tra i sostenitori di Fassino c'è chi ha già perso le speranze nel Pd, «colpa dell'accentramento burocratico e dei contenuti sempre più centristi. Sta avvenendo all'Esquilino, dove alcuni compagni vengono con noi», dice Cervellini.
Nelle piazze e nei mercati
La prima considerazione del cronista che ha visitato sezioni e incontrato molti compagni e compagne del movimento «Sinistra democratica per il socialismo europeo», è che a Roma esiste e resiste una sinistra forte. E' militante, appassionata, legata al territorio («i comunisti della capitale»); tiene aperte le sezioni tutti i giorni e al sabato garantisce una presenza al mercato di quartiere con i volantini e i questionari, come succede al Testaccio il cui segretario di sezione, Vincenzo Smaldore, ha appena 23 anni; le lotte per la casa e la sanità si alternano con gli attivi su «fase politica e nostri compiti». Gli anziani che abitano le case popolari senza ascensore costruite al Tufello per gli italiani in fuga dalla Libia «li portiamo in braccio al seggio a ogni elezione», racconta il giovane segretario della sezione Fabrizio Picchetti, un figlio d'arte. Le elette e gli eletti nelle circoscrizioni due volte a settimana vanno in sezione ad ascoltare problemi e richieste della «gente».
Sono in molti quelli che dopo aver condiviso o (mal)sopportato tutte le svolte e le trasformazioni del vecchio Pci non sono tornati a casa, né si sono adeguati al nuovo Pd che forse avanza e forse no, anzi ritrovano il gusto di fare politica in una forza che dice di non voler fare un partitino ma di contribuire a riunificare la sinistra. Di anime, però o per fortuna, ce ne sono molte in Sd. C'è chi, trentenne, non ha mai preso tessere e chi la tessera l'aveva stracciata in una delle tante giravolte del dopo muro di Berlino. C'è chi aveva tentato altre strade, in Rifondazione o nel Pdci, ma era rimasto con l'amaro in bocca. Ci sono movimentisti e partitisti. Ci sono tanti delegati, quadri e dirigenti sindacali. Nelle sezioni incontri militanti con un passato nel Manifesto, in Lotta continua, in gruppi cattolici. Ma a Roma incontri soprattutto una forte domanda di partecipazione politica di chi si aspetta un processo unitario nel territorio.
Una fucina del dissenso
La Villetta è la sede storica del Pci alla Garbatella, «presa nel '44, era la sede del Fascio», ricorda il segretario Natale Di Schiena, un ex manifestino «natoliano» che si batte come un leone perché la sezione venga assegnata a Sd: «Abbiamo vinto il congresso con il 61,9% dei voti, a cui se ne aggiungono alcuni della mozione Angius». E' stato eletto segretario dei Ds, e non smetterà di esercitare il mandato congressuale finché non sarà definito il destino della sezione. Qui a Garbatella la sinistra è da sempre egemone, e nel Pci-Pds-Ds è egemone la sinistra. Già nel '66 nei locali dedicati ai partigiani Francesco e Giuseppe Cinelli (uccisi dai nazisti alle Fosse ardeatine), si respirava aria ingraiana. Dopo la svolta di Occhetto fu molto forte la componente che scelse di fondare Rifondazione, conquistando un piano della Villetta. Quartiere popolare, struttura architettonica fascista di pregio nata per garantire al regime il controllo sociale e diventata una fucina del dissenso sociale e politico romano. La Villetta è un punto di riferimento per un quartiere vissuto da operai, impiegati, pensionati e giovani coppie, in cui sono attivi anche il Prc, il centro sociale La strada («con loro mai litigato né fatto iniziative insieme, salvo la dovuta solidarietà in caso di provocazioni fasciste»), una sede dello Sdi. Le iniziative non mancano, dal Festival jazz al Festival dei popoli, alle Feste dell'Unità a cui forse si affiancheranno le Feste di Aprile. Ora Sd sta tentando di costruire un coordinamento nel quartiere tra le forze di sinistra «su casa, salute, welfare», sapendo che «la spinta unitaria è più forte nella base che nei gruppi dirigenti».
«Non abbiamo vinto puntando sul ricordo del passato, una memoria che pure conta: il motore di Sd non è la nostalgia ma la politica, punti di vista precisi sulla questione sociale, la precarietà, il rifiuto della guerra, la laicità», dice Natale. Laicità? «Vai a spiegarlo ai compagni che non hanno mai visto di buon occhio il rapporto Dc-Pci che il futuro è nel Pd con i post-democristiani». Qui tutti pensano che alla prossima scadenza elettorale, le provinciali romane, «la sinistra dovrà presentarsi unita». Per sinistra si intende la sinistra, naturalmente non si parla del Partito democratico che «per una citazione di Togliatti ne fa cinque di De Gasperi«. Alla Garbatella, se sull'Afghanistan si facesse un referendum tra i 123 iscritti della Mussi («Fabio è iscritto da noi»), «si schierebbero tutti per il ritiro».
Anche a Testaccio sventola da sempre la bandiera rossa, affiancata da quella giallorossa della Roma. «Difficile dire chi vincerebbe il referendum sull'Afghanistan, forse finirebbe 50 a 50», dice il consigliere comunale Roberto Giulioli. Paolo «lo splendido sessantenne» sottolinea i rischi di una «fuga da Kabul», Vincenzo il giovane segretario teme «la vendetta dei talebani sulle donne», gli altri compagni e compagne che mi ricevono in sezione scuotono la testa, poco convinti di tutti quei se e quei ma. Più del 60% dei testaccini vota «ancora» a sinistra, il 40% sceglieva i Ds. In questa sezione che comprende anche Aventino e San Sabba, la Mussi ha raccolto il 59%, Angius il 6% e Fassino s'è fermato al 35%. Il quartiere ha subìto una trasformazione radicale, una sorta di rivoluzione che rischia di farne un'area snob della capitale: pub, ristoranti, soprattutto discoteche «che fanno casino fino alle 6 del mattino e la gente non ne può più, la notte non si dorme e non si circola, sembra di essere in via Condotti il sabato pomeriggio». Evi sta preparando un questionario per addentare questa contraddizione e rivendica l'autogoverno del territorio, contro l'accerchiamento del Monte dei cocci. Il 60% dei testaccini vive ancora nelle case ex Iacp, la popolazione sta invecchiando. I militanti di Sd vogliono mettere il becco su tutto e difendono la vivibilità e la composizione sociale del quartiere, in cui convivono tradizione e presunta modernità. I «cavallari» con le stalle e le carrozzelle che di giorno «spupazzano» i turisti tra i Fori e piazza del Popolo vivono accanto all'area in ristrutturazione del vecchio mattatoio dove finirà un pezzo di Università, le Belle arti e quant'altro, «altre 25 mila persone che pendoleranno sul Testaccio, un incubo».
Mentre discutiamo con i e le militanti di Sd nell'ala sinistra della sezione, un sottile muro ci divide dalla riunione dei Ds, anzi dei non più Ds e non ancora Pd. Qui, come al Trionfale, le sedi saranno divise in due («Potevamo forse buttar fuori quel 35% di compagni fassiniani?», si chiede Giulioli. Lunedì il movimento è stato presentato al quartiere in un'assemblea numerosa e partecipata. «C'è entusiasmo - assicura la consigliera municipale Gabriella Casalini - ci siamo liberati da un incubo. Io vengo dal Pdup, e mi devi credere se ti dico che al tempo dei girotondi eravamo accusati di lavorare contro il partito». «Liberazione, ma anche dispiacere per la rottura E un po' d'incertezza per il futuro», corregge un'altra militante. Stringere i rapporti con il resto della sinistra, «lavorare per presentarci unitariamente alle elezioni, ma sapendo che noi abbiamo una cultura di governo, gli altri meno», sostiene Paolo che non nasconde le sue origini «extraparlamentari» ma contesta l'idea che «noi saremmo la tradizione e i fassiniani la modernità». Tutti pensano che il patrimonio culturale cresciuto nel quartiere vada salvaguardato e valorizzato, fermando «i tentativi di trasformare il Testaccio in un parco divertimenti che mettono a rischio la convivenza civile». Qui c'è la prestigiosa Scuola popolare di musica di Giovanna Marini, ma c'è anche un tessuto artigiano «che è una risorsa, non un residuo». I rapporti con il governo? «Lealtà e senso di responsabilità, lo sfascio non serve ma ci sono dei limiti, oltre i quali è importante riconquistare un'autonomia politica», dice Gilioli. «Non si può andare avanti all'infinito agitando lo spauracchio Berlusconi». Il segretario rivendica una continuità con le lotte contro la guerra e le basi americane. Nel volantone colorato che tappezza il tavolo della sezione sono elencate le priorità di Sd: «Lotta alla precarietà; pari opportunità; difesa dell'ambiente; laicità dello stato; etica della politica; pace». «Ci sono gli apparati anche tra noi, ma è più forte la spinta unitaria. Chi aveva come priorità la difesa di un posto, di uno status, ha scelto di trasmigrare con Fassino nel Pd», dice Roberto. Ma è inutile negarlo, anche il Testaccio sta cambiando, nella composizione sociale e nella testa della gente. Mentre mi salutano, i testaccini di Sd, vogliono che appunti sul quaderno un ultimo pensiero collettivo: «Sarebbe bello trasformare questa nostra sede in una Casa comune della sinistra». Fuori, il sole è tramontato, il traffico aumenta e le discoteche si preparano ad accogliere il popolo della notte.
Percentuali bulgare per Mussi
Anche la sezione del Tufello ha una storia ingraiana, massicciamente schierata nel '90 contro la svolta di Occhetto. Le mozioni Mussi e Angius hanno raccolto addirittura l'81% e il 5%. Operai, qualche delegato sindacale, molti edili, pensionati, impiegati, insomma popolo: venerdì scorso hanno partecipato in tanti all'assemblea di presentazione di Sd nel territorio, «abbiamo dovuto mettere le trombe fuori perché la gente non entrava tutta in sala», dice con una punta d'orgoglio il segretario, Fabrizio. Nessuno mette in dubbio la destinazione futura della sede: «anche volendo, i fassiniani non potrebbero tenerla aperta». Nel quartiere operano anche il Prc, lo Sdi, il centro sociale Astra, la Sinistra rosso-verde nata da una fuoriuscita dal Pdci. «Stiamo creando le condizioni per aprire una Casa comune di tutta la sinistra». Il Tufello è accerchiato da speculazioni edilizie e ipermercati, anche qui il controllo del territorio è al vertice dell'iniziativa di Sd.
La Cgil romana non ha una particolare tradizione di sinistra. Eppure, molti quadri e dirigenti hanno sostenuto con convinzione le posizioni di Mussi. A partire dal segretario regionale del Lazio Walter Schiavella che insiste sul carattere personale delle scelte, perché «la Cgil deve restare autonoma». Perché Sd? «Perché non si sente l'esigenza di un altro partito più vicino all'impresa che ai lavoratori. Se è vero che viviamo in una società complessa, le ricette semplici hanno le gambe corte». Tiene a precisare: «Sto con Sd, ma a condizione che lavori a produrre unità e non nuova frammentazione a sinistra». Lavoro e precarietà, casa e servizi, «in una città dove con la modernità crescono aree di marginalità». Una ricetta per invertire la tendenza: «La partecipazione».
di LORIS CAMPETTI da il Manifesto del 25/05/07
Nelle piazze e nei mercati
La prima considerazione del cronista che ha visitato sezioni e incontrato molti compagni e compagne del movimento «Sinistra democratica per il socialismo europeo», è che a Roma esiste e resiste una sinistra forte. E' militante, appassionata, legata al territorio («i comunisti della capitale»); tiene aperte le sezioni tutti i giorni e al sabato garantisce una presenza al mercato di quartiere con i volantini e i questionari, come succede al Testaccio il cui segretario di sezione, Vincenzo Smaldore, ha appena 23 anni; le lotte per la casa e la sanità si alternano con gli attivi su «fase politica e nostri compiti». Gli anziani che abitano le case popolari senza ascensore costruite al Tufello per gli italiani in fuga dalla Libia «li portiamo in braccio al seggio a ogni elezione», racconta il giovane segretario della sezione Fabrizio Picchetti, un figlio d'arte. Le elette e gli eletti nelle circoscrizioni due volte a settimana vanno in sezione ad ascoltare problemi e richieste della «gente».
Sono in molti quelli che dopo aver condiviso o (mal)sopportato tutte le svolte e le trasformazioni del vecchio Pci non sono tornati a casa, né si sono adeguati al nuovo Pd che forse avanza e forse no, anzi ritrovano il gusto di fare politica in una forza che dice di non voler fare un partitino ma di contribuire a riunificare la sinistra. Di anime, però o per fortuna, ce ne sono molte in Sd. C'è chi, trentenne, non ha mai preso tessere e chi la tessera l'aveva stracciata in una delle tante giravolte del dopo muro di Berlino. C'è chi aveva tentato altre strade, in Rifondazione o nel Pdci, ma era rimasto con l'amaro in bocca. Ci sono movimentisti e partitisti. Ci sono tanti delegati, quadri e dirigenti sindacali. Nelle sezioni incontri militanti con un passato nel Manifesto, in Lotta continua, in gruppi cattolici. Ma a Roma incontri soprattutto una forte domanda di partecipazione politica di chi si aspetta un processo unitario nel territorio.
Una fucina del dissenso
La Villetta è la sede storica del Pci alla Garbatella, «presa nel '44, era la sede del Fascio», ricorda il segretario Natale Di Schiena, un ex manifestino «natoliano» che si batte come un leone perché la sezione venga assegnata a Sd: «Abbiamo vinto il congresso con il 61,9% dei voti, a cui se ne aggiungono alcuni della mozione Angius». E' stato eletto segretario dei Ds, e non smetterà di esercitare il mandato congressuale finché non sarà definito il destino della sezione. Qui a Garbatella la sinistra è da sempre egemone, e nel Pci-Pds-Ds è egemone la sinistra. Già nel '66 nei locali dedicati ai partigiani Francesco e Giuseppe Cinelli (uccisi dai nazisti alle Fosse ardeatine), si respirava aria ingraiana. Dopo la svolta di Occhetto fu molto forte la componente che scelse di fondare Rifondazione, conquistando un piano della Villetta. Quartiere popolare, struttura architettonica fascista di pregio nata per garantire al regime il controllo sociale e diventata una fucina del dissenso sociale e politico romano. La Villetta è un punto di riferimento per un quartiere vissuto da operai, impiegati, pensionati e giovani coppie, in cui sono attivi anche il Prc, il centro sociale La strada («con loro mai litigato né fatto iniziative insieme, salvo la dovuta solidarietà in caso di provocazioni fasciste»), una sede dello Sdi. Le iniziative non mancano, dal Festival jazz al Festival dei popoli, alle Feste dell'Unità a cui forse si affiancheranno le Feste di Aprile. Ora Sd sta tentando di costruire un coordinamento nel quartiere tra le forze di sinistra «su casa, salute, welfare», sapendo che «la spinta unitaria è più forte nella base che nei gruppi dirigenti».
«Non abbiamo vinto puntando sul ricordo del passato, una memoria che pure conta: il motore di Sd non è la nostalgia ma la politica, punti di vista precisi sulla questione sociale, la precarietà, il rifiuto della guerra, la laicità», dice Natale. Laicità? «Vai a spiegarlo ai compagni che non hanno mai visto di buon occhio il rapporto Dc-Pci che il futuro è nel Pd con i post-democristiani». Qui tutti pensano che alla prossima scadenza elettorale, le provinciali romane, «la sinistra dovrà presentarsi unita». Per sinistra si intende la sinistra, naturalmente non si parla del Partito democratico che «per una citazione di Togliatti ne fa cinque di De Gasperi«. Alla Garbatella, se sull'Afghanistan si facesse un referendum tra i 123 iscritti della Mussi («Fabio è iscritto da noi»), «si schierebbero tutti per il ritiro».
Anche a Testaccio sventola da sempre la bandiera rossa, affiancata da quella giallorossa della Roma. «Difficile dire chi vincerebbe il referendum sull'Afghanistan, forse finirebbe 50 a 50», dice il consigliere comunale Roberto Giulioli. Paolo «lo splendido sessantenne» sottolinea i rischi di una «fuga da Kabul», Vincenzo il giovane segretario teme «la vendetta dei talebani sulle donne», gli altri compagni e compagne che mi ricevono in sezione scuotono la testa, poco convinti di tutti quei se e quei ma. Più del 60% dei testaccini vota «ancora» a sinistra, il 40% sceglieva i Ds. In questa sezione che comprende anche Aventino e San Sabba, la Mussi ha raccolto il 59%, Angius il 6% e Fassino s'è fermato al 35%. Il quartiere ha subìto una trasformazione radicale, una sorta di rivoluzione che rischia di farne un'area snob della capitale: pub, ristoranti, soprattutto discoteche «che fanno casino fino alle 6 del mattino e la gente non ne può più, la notte non si dorme e non si circola, sembra di essere in via Condotti il sabato pomeriggio». Evi sta preparando un questionario per addentare questa contraddizione e rivendica l'autogoverno del territorio, contro l'accerchiamento del Monte dei cocci. Il 60% dei testaccini vive ancora nelle case ex Iacp, la popolazione sta invecchiando. I militanti di Sd vogliono mettere il becco su tutto e difendono la vivibilità e la composizione sociale del quartiere, in cui convivono tradizione e presunta modernità. I «cavallari» con le stalle e le carrozzelle che di giorno «spupazzano» i turisti tra i Fori e piazza del Popolo vivono accanto all'area in ristrutturazione del vecchio mattatoio dove finirà un pezzo di Università, le Belle arti e quant'altro, «altre 25 mila persone che pendoleranno sul Testaccio, un incubo».
Mentre discutiamo con i e le militanti di Sd nell'ala sinistra della sezione, un sottile muro ci divide dalla riunione dei Ds, anzi dei non più Ds e non ancora Pd. Qui, come al Trionfale, le sedi saranno divise in due («Potevamo forse buttar fuori quel 35% di compagni fassiniani?», si chiede Giulioli. Lunedì il movimento è stato presentato al quartiere in un'assemblea numerosa e partecipata. «C'è entusiasmo - assicura la consigliera municipale Gabriella Casalini - ci siamo liberati da un incubo. Io vengo dal Pdup, e mi devi credere se ti dico che al tempo dei girotondi eravamo accusati di lavorare contro il partito». «Liberazione, ma anche dispiacere per la rottura E un po' d'incertezza per il futuro», corregge un'altra militante. Stringere i rapporti con il resto della sinistra, «lavorare per presentarci unitariamente alle elezioni, ma sapendo che noi abbiamo una cultura di governo, gli altri meno», sostiene Paolo che non nasconde le sue origini «extraparlamentari» ma contesta l'idea che «noi saremmo la tradizione e i fassiniani la modernità». Tutti pensano che il patrimonio culturale cresciuto nel quartiere vada salvaguardato e valorizzato, fermando «i tentativi di trasformare il Testaccio in un parco divertimenti che mettono a rischio la convivenza civile». Qui c'è la prestigiosa Scuola popolare di musica di Giovanna Marini, ma c'è anche un tessuto artigiano «che è una risorsa, non un residuo». I rapporti con il governo? «Lealtà e senso di responsabilità, lo sfascio non serve ma ci sono dei limiti, oltre i quali è importante riconquistare un'autonomia politica», dice Gilioli. «Non si può andare avanti all'infinito agitando lo spauracchio Berlusconi». Il segretario rivendica una continuità con le lotte contro la guerra e le basi americane. Nel volantone colorato che tappezza il tavolo della sezione sono elencate le priorità di Sd: «Lotta alla precarietà; pari opportunità; difesa dell'ambiente; laicità dello stato; etica della politica; pace». «Ci sono gli apparati anche tra noi, ma è più forte la spinta unitaria. Chi aveva come priorità la difesa di un posto, di uno status, ha scelto di trasmigrare con Fassino nel Pd», dice Roberto. Ma è inutile negarlo, anche il Testaccio sta cambiando, nella composizione sociale e nella testa della gente. Mentre mi salutano, i testaccini di Sd, vogliono che appunti sul quaderno un ultimo pensiero collettivo: «Sarebbe bello trasformare questa nostra sede in una Casa comune della sinistra». Fuori, il sole è tramontato, il traffico aumenta e le discoteche si preparano ad accogliere il popolo della notte.
Percentuali bulgare per Mussi
Anche la sezione del Tufello ha una storia ingraiana, massicciamente schierata nel '90 contro la svolta di Occhetto. Le mozioni Mussi e Angius hanno raccolto addirittura l'81% e il 5%. Operai, qualche delegato sindacale, molti edili, pensionati, impiegati, insomma popolo: venerdì scorso hanno partecipato in tanti all'assemblea di presentazione di Sd nel territorio, «abbiamo dovuto mettere le trombe fuori perché la gente non entrava tutta in sala», dice con una punta d'orgoglio il segretario, Fabrizio. Nessuno mette in dubbio la destinazione futura della sede: «anche volendo, i fassiniani non potrebbero tenerla aperta». Nel quartiere operano anche il Prc, lo Sdi, il centro sociale Astra, la Sinistra rosso-verde nata da una fuoriuscita dal Pdci. «Stiamo creando le condizioni per aprire una Casa comune di tutta la sinistra». Il Tufello è accerchiato da speculazioni edilizie e ipermercati, anche qui il controllo del territorio è al vertice dell'iniziativa di Sd.
La Cgil romana non ha una particolare tradizione di sinistra. Eppure, molti quadri e dirigenti hanno sostenuto con convinzione le posizioni di Mussi. A partire dal segretario regionale del Lazio Walter Schiavella che insiste sul carattere personale delle scelte, perché «la Cgil deve restare autonoma». Perché Sd? «Perché non si sente l'esigenza di un altro partito più vicino all'impresa che ai lavoratori. Se è vero che viviamo in una società complessa, le ricette semplici hanno le gambe corte». Tiene a precisare: «Sto con Sd, ma a condizione che lavori a produrre unità e non nuova frammentazione a sinistra». Lavoro e precarietà, casa e servizi, «in una città dove con la modernità crescono aree di marginalità». Una ricetta per invertire la tendenza: «La partecipazione».
di LORIS CAMPETTI da il Manifesto del 25/05/07
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