Marco Follini aderisce al Partito Democratico. L’ex segretario dell’Udc lo definisce un "passaggio" obbligato, perché l’idea del centro può sopravvivere solo nel nuovo soggetto. Che "assomiglierà ad una Dc che guarda più sinistra".
Quindi è ufficiale ?
"Sì, ci sono anche io nel Partito Democratico".
Perché?
"Siamo dentro un cambiamento. C’è un’accelerazione della crisi della politica e noi dobbiamo accelerare sulle risposte da dare a questa crisi. Il Partito Democratico è una risposta convincente".
Qualcuno potrebbe chiedere: ma lei che c’entra con il Pd?
"Guardi, il centrosinistra sta cercando una nuova identità, non può rimanere alle identità tradizionali. Non per niente è un progetto che solleva più di una perplessità a sinistra e suscita qualche attenzione in più al centro".
Vuole dire che sarà un partito di centro?
"Non perdiamoci nelle definizioni geografiche. Certo non sarà una Forza Italia rovesciata, assomiglierà ad una Dc che guarda più a sinistra".
Come diceva De Gasperi della sua Dc.
"Lasciamo da parte il Pantheon. Il Pd è la casa comune di riformisti e moderati. E’ un partito che dovrà cercare di rompere la spirale dei particolarismi di cui tutti siamo stati vittime e anche protagonisti".
Se sarà come lo descrive lei, allora ha fatto bene la Sinistra Ds, Mussi, Angius ad andarsene.
"Non sta a me giudicare. Non voglio ingaggiare una disputa o combattere una guerra di posizione tra il centro e la sinistra. Ma è un fatto che il progetto del Pd sta cambiando in corso d’opera. Non vola sulle ali della vittoria, cammina sulle gambe della difficoltà. E questo cambia un po’ le cose".
Dovrà allontanarsi dalla sinistra radicale?
"La mia idea è che quel rapporto dovrà cambiare un po’. Non si fa un nuovo soggetto per lasciare le cose come prima. Io penso a un partito che dovrà sforzarsi di convincere più Mario Monti che il mio amico Franco Giordano"
Lei sarà un membro del comitato costituente. Quali saranno le sue priorità?
"Io vedo il Pd come un quadrilatero che si affaccia su quattro grandi priorità. Primo, modernizzazione e ricambio generazionale. Come ice Enrico Letta la politica oggi è troppo schiacciata sul presente. I cinquantenni devono liberarsi della sindrome di Carlo d’Inghilterra e chi ha meno di 40 anni va recuperato alle istituzioni perché oggi è fuori. Secondo, pacificazione con la fine dei grandi conflitti della Prima Repubblica. Terzo, pluralismo. Occorre che i partiti ritrovino al civiltà democratica che hanno perso. Oggi sono delle caste chiuse o delle casbah vocianti. Quarto la meritocrazia. Bisogna riconoscere che nell’Italia di oggi il merito viene perfino prima del bisogno".
E’ sicuro che ne nuovo soggetto potranno davvero convivere laici e cattolici?
"Lo vedo come il punto in cui avverranno tante ricuciture e come un antidoto allo scontro di civiltà, anche quello di casa nostra. C’è posto per tutti. Quelli che hanno partecipato al Family Day e quelli che battono sul tasto laicista nelle istituzioni".
A proposito di Family Day, da ex democristiano sarà redarguito dalle gerarchie ecclesiastiche.
"No. Un dirigente politico deve comunque mettere nel conto le critiche. Pero’ insisto: mi ostino a non vedere una guerra tra guelfi e ghibellini".
Lei è stato eletto nelle liste del centrodestra, è stato nel governo Berlusconi. Non teme di essere accusato di tradimento?
"Mi è stata già scagliata addosso quando ho votato al fiducia al Senato. Ho attraversato la linea del confine e so bene che questo passaggio sconvolge gli opposti dogmatismi. Ma nel mio piccolo sento di proseguire la politica che resta mia. Continuo a coltivare il valore di una posizione centrale e mi auguro che nel Pd possa trovare accoglienza".
Qualche tempo fa disse che l’Udc, il suo ex partito, e Casini avrebbero seguito il suo esempio. Ne è ancora convinto?
"Se li ritroverò dalle mie parti, prima o poi, ne sarò contento. Se li vedrò rintanarsi nel centrodestra, ne sarò meno contento. Ma lo dico per loro".
Un progetto analogo al Pd non può essere intrapreso anche nella Cdl?
"E’ difficile che avvenga simultaneamente da una parte e dall’altra. Vedo un centrodestra molto forte nel paese ma molto debole e ripetitivo nella politica. Mi sembra un disco rotto: Berlusconi dice le cose che diceva 3-4 anni fa. Fini dice le cose che diceva 3-4- anni fa. Casini dice le cose che diceva 3-4 anni fa. Invece bisognerebbe scoprire nuove frontiere".
Qualcuno sospetta che la nascita del Pd possa essere il preludio per le larghe intese.
"Mi sembra improbabile. A quell’appuntamento, però, avremmo dovuto arrivarci prima, ora è difficile rincorrerlo".
Ora che lei è ufficialmente un militante Democratico, può anche dire chi sarà il leader del nuovo partito.
"Rivendico il diritto delle antiche scuole politiche che mettevano questa scelta alla fine dei processi politici e non all’inizio. E’ questo che fa la differenza tra una Monarchia e una Repubblica".
di CLAUDIO TITO da la Repubblica del 23/05/07
Quindi è ufficiale ?
"Sì, ci sono anche io nel Partito Democratico".
Perché?
"Siamo dentro un cambiamento. C’è un’accelerazione della crisi della politica e noi dobbiamo accelerare sulle risposte da dare a questa crisi. Il Partito Democratico è una risposta convincente".
Qualcuno potrebbe chiedere: ma lei che c’entra con il Pd?
"Guardi, il centrosinistra sta cercando una nuova identità, non può rimanere alle identità tradizionali. Non per niente è un progetto che solleva più di una perplessità a sinistra e suscita qualche attenzione in più al centro".
Vuole dire che sarà un partito di centro?
"Non perdiamoci nelle definizioni geografiche. Certo non sarà una Forza Italia rovesciata, assomiglierà ad una Dc che guarda più a sinistra".
Come diceva De Gasperi della sua Dc.
"Lasciamo da parte il Pantheon. Il Pd è la casa comune di riformisti e moderati. E’ un partito che dovrà cercare di rompere la spirale dei particolarismi di cui tutti siamo stati vittime e anche protagonisti".
Se sarà come lo descrive lei, allora ha fatto bene la Sinistra Ds, Mussi, Angius ad andarsene.
"Non sta a me giudicare. Non voglio ingaggiare una disputa o combattere una guerra di posizione tra il centro e la sinistra. Ma è un fatto che il progetto del Pd sta cambiando in corso d’opera. Non vola sulle ali della vittoria, cammina sulle gambe della difficoltà. E questo cambia un po’ le cose".
Dovrà allontanarsi dalla sinistra radicale?
"La mia idea è che quel rapporto dovrà cambiare un po’. Non si fa un nuovo soggetto per lasciare le cose come prima. Io penso a un partito che dovrà sforzarsi di convincere più Mario Monti che il mio amico Franco Giordano"
Lei sarà un membro del comitato costituente. Quali saranno le sue priorità?
"Io vedo il Pd come un quadrilatero che si affaccia su quattro grandi priorità. Primo, modernizzazione e ricambio generazionale. Come ice Enrico Letta la politica oggi è troppo schiacciata sul presente. I cinquantenni devono liberarsi della sindrome di Carlo d’Inghilterra e chi ha meno di 40 anni va recuperato alle istituzioni perché oggi è fuori. Secondo, pacificazione con la fine dei grandi conflitti della Prima Repubblica. Terzo, pluralismo. Occorre che i partiti ritrovino al civiltà democratica che hanno perso. Oggi sono delle caste chiuse o delle casbah vocianti. Quarto la meritocrazia. Bisogna riconoscere che nell’Italia di oggi il merito viene perfino prima del bisogno".
E’ sicuro che ne nuovo soggetto potranno davvero convivere laici e cattolici?
"Lo vedo come il punto in cui avverranno tante ricuciture e come un antidoto allo scontro di civiltà, anche quello di casa nostra. C’è posto per tutti. Quelli che hanno partecipato al Family Day e quelli che battono sul tasto laicista nelle istituzioni".
A proposito di Family Day, da ex democristiano sarà redarguito dalle gerarchie ecclesiastiche.
"No. Un dirigente politico deve comunque mettere nel conto le critiche. Pero’ insisto: mi ostino a non vedere una guerra tra guelfi e ghibellini".
Lei è stato eletto nelle liste del centrodestra, è stato nel governo Berlusconi. Non teme di essere accusato di tradimento?
"Mi è stata già scagliata addosso quando ho votato al fiducia al Senato. Ho attraversato la linea del confine e so bene che questo passaggio sconvolge gli opposti dogmatismi. Ma nel mio piccolo sento di proseguire la politica che resta mia. Continuo a coltivare il valore di una posizione centrale e mi auguro che nel Pd possa trovare accoglienza".
Qualche tempo fa disse che l’Udc, il suo ex partito, e Casini avrebbero seguito il suo esempio. Ne è ancora convinto?
"Se li ritroverò dalle mie parti, prima o poi, ne sarò contento. Se li vedrò rintanarsi nel centrodestra, ne sarò meno contento. Ma lo dico per loro".
Un progetto analogo al Pd non può essere intrapreso anche nella Cdl?
"E’ difficile che avvenga simultaneamente da una parte e dall’altra. Vedo un centrodestra molto forte nel paese ma molto debole e ripetitivo nella politica. Mi sembra un disco rotto: Berlusconi dice le cose che diceva 3-4 anni fa. Fini dice le cose che diceva 3-4- anni fa. Casini dice le cose che diceva 3-4 anni fa. Invece bisognerebbe scoprire nuove frontiere".
Qualcuno sospetta che la nascita del Pd possa essere il preludio per le larghe intese.
"Mi sembra improbabile. A quell’appuntamento, però, avremmo dovuto arrivarci prima, ora è difficile rincorrerlo".
Ora che lei è ufficialmente un militante Democratico, può anche dire chi sarà il leader del nuovo partito.
"Rivendico il diritto delle antiche scuole politiche che mettevano questa scelta alla fine dei processi politici e non all’inizio. E’ questo che fa la differenza tra una Monarchia e una Repubblica".
di CLAUDIO TITO da la Repubblica del 23/05/07
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