mercoledì 23 maggio 2007

Trarre il dado

E' ora e tempo anche per la sinistra trentina di trarre il dado; il nostro Rubicone è quanto ci impone la "lealtà" ai processi nazionali in atto. Come avevamo previsto, qui da noi il processo di avvio del partito democratico segna il passo per la proclamata volontà della Margherita trentina di dar luogo, a settembre, alla nascita di un partito territoriale senza aggettivi. Giorgio Tonini protesta e cerca di richiamare all'ordine Lunelli e soci, ricordando loro che, o il processo peculiare trentino si muove entro giugno, o i tempi saranno scanditi unicamente dall'agenda nazionale: a ritorno dalle ferie, a fine settembre, a detta di Tonini, saranno pronte le liste nazionali con le candidature per la costituente del PD con tanti saluti al "progetto trentino". Lunga vita quindi ai DS del Trentino, almeno fino alle provinciali 2008? Direi proprio di no, visto il precipitare della crisi politica generale che vede i partiti al punto più basso di legittimazione della loro storia. Anche in Trentino è bene dare avvio ad una associazione di tendenza, che includa iscritti e non iscritti ai DS, che dia avvio al lungo e faticoso processo di nuovo radicamento sociale di cui la sinistra ha estremo bisogno, pena la sua riduzione a fenomeno del tutto marginale nello scenario alpino. Una sinistra trentina degna di questo nome, aperta a tutti i contributi (salutiamo con favore il ritorno di Bertinotti allo spirito riformatore di Lelio Basso) deve partire come abbiamo convenuto tutti dai reali problemi di questa comunità alpina: sviluppo ecologicamente compatibile, rispetto degli usi civici, laicità della scuola, centralità e dignità del lavoro. Dobbiamo dare vita ad una sinistra trentina, europea per definizione vista la nostra collocazione geografica, che sia consapevole di dover intraprendere un cammino tutto in salita. Se procederemo con il passo fermo del montanaro (lontano per definizione dai circuiti massmediatici e dai salotti televisivi) i risultati arriveranno, a riprova che le valli e le città alpine, ora come cent'anni addietro, possono ancora trovarsi alla testa dei processi di crescita civile e non in coda, come ci appaiono purtroppo nel tempo presente.

di VINCENZO CALI'

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