Come accadde nell’estate del 2005, quando Unipol tentò la scalata alla Bnl, anche sul caso che sta coinvolgendo il viceministro dell’Economia, Vincenzo Visco, si stanno riproducendo nell’Ulivo gli stessi schieramenti di due anni fa. Solo che rispetto ad allora Ds e Margherita hanno dato vita al Partito democratico. Quella polemica però non sembra avere fine, torna puntualmente con l’arrivo della stagione calda. E stavolta si concentra sul trasferimento (mancato) di quattro ufficiali delle Fiamme Gialle da Milano, e per il quale l’anno scorso Visco avrebbe fatto (senza successo) pressioni sul comandante della Guardia di Finanza Roberto Speciale. Ora che la procura di Roma ha aperto un fascicolo sulla vicenda, e il Polo chiede la testa del viceministro, il centrosinistra non si mostra compatto. Anzi, è evidente la faglia che si è aperta nel Partito democratico.
D’altronde già un anno fa la questione fu al centro di un duro scontro nel governo. A luglio, durante un vertice a Palazzo Chigi tra Romano Prodi, i due vicepremier e Tommaso Padoa-Schioppa, Francesco Rutelli si oppose al trasferimento dei quattro graduati che avevano anche collaborato all’inchiesta della procura milanese su Unipol. Dopo essersi consultato con un altro ministro della Margherita, Linda Lanzillotta, il capo dei Dl mise il veto: «Non sembrerebbe un normale avvicendamento — disse nel corso della riunione — e rischierebbe di venir interpretato come una sorta di rivalsa». Rutelli — che insieme alla Lanzillotta fu tra i più strenui oppositori alla scalata di Unipol alla Bnl — l’ebbe vinta.
Ecco forse il motivo per cui i vertici della Margherita in questi giorni non si sono spesi per esprimere solidarietà a Visco. Anzi, Arturo Parisi — un altro fiero avversario dell’operazione Unipol — ha sottolineato che la questione «resta aperta». È chiaro che dinnanzi alla mozione di sfiducia presentata dal centrodestra al Senato la maggioranza voterà compatta, non concederà mai la testa del numero due dell’Economia. «Visco non si tocca», ha ripetuto il premier in questi giorni, né l’intervento della magistratura ha cambiato il suo convincimento: «Si tratta di un atto dovuto».
Ma è evidente il solco che divide le due anime del Partito democratico. Pubblicamente Piero Fassino se la prende con l’opposizione, la accusa di «manovra a fini elettorali, di cui non si sentirà più parlare dopo il voto». E come il leader dei Ds, anche il ministro Pierluigi Bersani parla di «un polverone che cesserà come tutti i polveroni». Ma il dalemiano Nicola Latorre avverte il venticello e si ribella: «Il collegamento che si fa con il caso Unipol è strumentale, perché la vicenda del trasferimento avviene dopo la chiusura dell’indagine. Perciò dove starebbe la questione morale che qualcuno prova a sollevare?». Il vice capogruppo dell’Ulivo al Senato si riferisce al Polo, «che sfrutta ogni cosa pur di alimentare polemiche», ma appena gli si evidenzia lo strano silenzio della Margherita, replica con malizia: «Non me n’ero accorto».
In realtà se ne sono accorti tutti nella Quercia, e ieri la solidarietà del ministro dl Beppe Fioroni a Visco — strappata dai cronisti di agenzia a margine di un comizio in Veneto — ha reso più fragoroso quel silenzio. Questa sottile linea rossa non divide solo il Pd, perché il resto della maggioranza non è affatto compatto. Mentre il segretario del Prc Franco Giordano ha telefonato a Visco per esprimergli la propria vicinanza, «perché sono convinto che la vicenda sia inesistente», Cesare Salvi, uno dei capi della Sinistra democratica ed ex compagno di partito del viceministro, chiede «chiarezza»: «Non ho dubbi sull’onestà di Vincenzo, però la cosa è seria, suscita molti interrogativi, e noi sulla questione morale saremo intransigenti. D’altronde — ecco la stoccata — a suo tempo criticai la scalata Unipol».
«Questione morale» e «caso Unipol» sono insomma il refrain che accompagnano il «caso Visco». E certo colpisce questo clima, quasi si dimenticassero i meriti dell’alfiere della battaglia all’evasione fiscale. Un clima che fa risaltare la posizione di un garantista come Roberto Villetti. Il dirigente dello Sdi parla agli avversari del Polo — accusandoli di «doppiopesismo giustizialista» — perché gli alleati intendano. Il venticello però non accenna a placarsi, soffia nei ragionamenti del ministro Antonio Di Pietro e in quelli del sottosegretario dl Nando Dalla Chiesa: «Serve una smentita cristallina. Eppoi esistono anche delle leggi non scritte».
Servirebbe forse un intervento più energico di Prodi per cancellare quella sottile linea rossa, ma il premier ha scelto per ora il basso profilo per non alimentare l’offensiva dell’opposizione: ieri, quando gli è stata chiesta la disponibilità a riferire alla Camera, non si è tirato indietro, «però prima del venti giugno non posso». I capigruppo dell’Unione hanno fatto muro, ma attendono di sapere le mosse successive, «perché finora — ha spiegato il presidente dei deputati ambientalisti Angelo Bonelli — non c’è stato alcun tipo di comunicazione: "Cose vecchie, cose vecchie", ci dicono. Ma in giro c’è imbarazzo e vorremmo capire».
di FRANCESCO VERDERANI da il Corriere della Sera del 25/05/07
D’altronde già un anno fa la questione fu al centro di un duro scontro nel governo. A luglio, durante un vertice a Palazzo Chigi tra Romano Prodi, i due vicepremier e Tommaso Padoa-Schioppa, Francesco Rutelli si oppose al trasferimento dei quattro graduati che avevano anche collaborato all’inchiesta della procura milanese su Unipol. Dopo essersi consultato con un altro ministro della Margherita, Linda Lanzillotta, il capo dei Dl mise il veto: «Non sembrerebbe un normale avvicendamento — disse nel corso della riunione — e rischierebbe di venir interpretato come una sorta di rivalsa». Rutelli — che insieme alla Lanzillotta fu tra i più strenui oppositori alla scalata di Unipol alla Bnl — l’ebbe vinta.
Ecco forse il motivo per cui i vertici della Margherita in questi giorni non si sono spesi per esprimere solidarietà a Visco. Anzi, Arturo Parisi — un altro fiero avversario dell’operazione Unipol — ha sottolineato che la questione «resta aperta». È chiaro che dinnanzi alla mozione di sfiducia presentata dal centrodestra al Senato la maggioranza voterà compatta, non concederà mai la testa del numero due dell’Economia. «Visco non si tocca», ha ripetuto il premier in questi giorni, né l’intervento della magistratura ha cambiato il suo convincimento: «Si tratta di un atto dovuto».
Ma è evidente il solco che divide le due anime del Partito democratico. Pubblicamente Piero Fassino se la prende con l’opposizione, la accusa di «manovra a fini elettorali, di cui non si sentirà più parlare dopo il voto». E come il leader dei Ds, anche il ministro Pierluigi Bersani parla di «un polverone che cesserà come tutti i polveroni». Ma il dalemiano Nicola Latorre avverte il venticello e si ribella: «Il collegamento che si fa con il caso Unipol è strumentale, perché la vicenda del trasferimento avviene dopo la chiusura dell’indagine. Perciò dove starebbe la questione morale che qualcuno prova a sollevare?». Il vice capogruppo dell’Ulivo al Senato si riferisce al Polo, «che sfrutta ogni cosa pur di alimentare polemiche», ma appena gli si evidenzia lo strano silenzio della Margherita, replica con malizia: «Non me n’ero accorto».
In realtà se ne sono accorti tutti nella Quercia, e ieri la solidarietà del ministro dl Beppe Fioroni a Visco — strappata dai cronisti di agenzia a margine di un comizio in Veneto — ha reso più fragoroso quel silenzio. Questa sottile linea rossa non divide solo il Pd, perché il resto della maggioranza non è affatto compatto. Mentre il segretario del Prc Franco Giordano ha telefonato a Visco per esprimergli la propria vicinanza, «perché sono convinto che la vicenda sia inesistente», Cesare Salvi, uno dei capi della Sinistra democratica ed ex compagno di partito del viceministro, chiede «chiarezza»: «Non ho dubbi sull’onestà di Vincenzo, però la cosa è seria, suscita molti interrogativi, e noi sulla questione morale saremo intransigenti. D’altronde — ecco la stoccata — a suo tempo criticai la scalata Unipol».
«Questione morale» e «caso Unipol» sono insomma il refrain che accompagnano il «caso Visco». E certo colpisce questo clima, quasi si dimenticassero i meriti dell’alfiere della battaglia all’evasione fiscale. Un clima che fa risaltare la posizione di un garantista come Roberto Villetti. Il dirigente dello Sdi parla agli avversari del Polo — accusandoli di «doppiopesismo giustizialista» — perché gli alleati intendano. Il venticello però non accenna a placarsi, soffia nei ragionamenti del ministro Antonio Di Pietro e in quelli del sottosegretario dl Nando Dalla Chiesa: «Serve una smentita cristallina. Eppoi esistono anche delle leggi non scritte».
Servirebbe forse un intervento più energico di Prodi per cancellare quella sottile linea rossa, ma il premier ha scelto per ora il basso profilo per non alimentare l’offensiva dell’opposizione: ieri, quando gli è stata chiesta la disponibilità a riferire alla Camera, non si è tirato indietro, «però prima del venti giugno non posso». I capigruppo dell’Unione hanno fatto muro, ma attendono di sapere le mosse successive, «perché finora — ha spiegato il presidente dei deputati ambientalisti Angelo Bonelli — non c’è stato alcun tipo di comunicazione: "Cose vecchie, cose vecchie", ci dicono. Ma in giro c’è imbarazzo e vorremmo capire».
di FRANCESCO VERDERANI da il Corriere della Sera del 25/05/07
1 commento:
Penso che ci siano cose più importanti da risolvere nel nostro paese!
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